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da overhill » 19 luglio 2007, 07:04
Ritorno a casa (seconda parte)
Plin-Plon!
Il campanello cercò di richiamare l’attenzione degli occupanti della casa, ma dovette essere premuto un altro paio di volte prima che Roberto emergesse dal sonno profondo che l’aveva cullato dopo avere fatto l’amore con Rosanna.
Ma chi cavolo…? Pensò l’uomo
"Ma chi cavolo…?" mugolò Rosanna ad alta voce. Roberto abbracciò la donna e le disse “toccati il naso!”.
Lei lo guardò stupita e rispose "ma sei scemo?". Lui rise e disse "Ma no, è che ho pensato esattamente la stessa cosa: toccati il naso così si avvererà un tuo desiderio"
Lei si strusciò contro di lui "già servita, grazie!"
Plin-plon, plin-plon, plin-plon
"ARRIVO, ARRIVO, UN MOMENTO!" urlò Roberto alzandosi e recuperando mutande e pantaloni. Se li infilò saltellando prima su una gamba poi sull’altra, ed uscì dalla stanza, in direzione della porta di ingresso.
Rosanna rimase a letto a godersi il fresco.
Roberto arrivò davanti al videocitofono. Sul piccolo visore si vedeva un uomo vestito in giacca e cravatta, che si era allontanato di qualche metro dall’obiettivo e si stava guardando attorno.
"Si? Dica?" disse Roberto nel microfono.
L’uomo si avvicinò; il padrone di casa vide meglio l’uomo che aveva suonato: viso rotondo, un accenno di barba grigia, capelli dello stesso colore, decisamente meno di quelli che avrebbero dovuto essere, specialmente sulla fronte. L’uomo sorrise stancamente ed alzò un tesserino della polizia.
"Salve signor Ferrero, sono il commissario Polloni. La posso disturbare due minuti?"
"Oh, salve. Venga, venga si accomodi. Aspetti solo un istante che devo capire quale pulsante devo premere. Sa com’è: è tutto così nuovo" disse Roberto e rise nel citofono. Il commissario ricambiò la risata. "Si, si faccia con comodo."
Roberto trafficò con i vari pulsanti, poi guardò nel video e dalla finestra, e vide che il commissario era sparito dal video e che era apparso al fondo della stradina che portava alla porta principale.
Rivolto al piano superiore, disse "Tesoro! E’ uno della Polizia! Quando sei presentabile vieni giù!". Dal piano superiore arrivò la voce ovattata della donna che rispondeva "D’accordo, dammi due minuti per riassettarmi, che qualcuno mi ha strapazzata!"
Roberto sorrise ed andò ad aprire la porta di ingresso, in perfetto tempismo con il commissario che arrivava.
Il commissario Michele Polloni amava tre cose e ne odiava altrettante: la buona cucina ed i colori verde e nero, in tutte le loro possibili combinazioni, facevano parte del primo gruppo, insieme al gusto per la bellezza femminile. Del secondo invece i furbi in generale, i delinquenti in particolare ed un odio viscerale per le imprecisioni e per le situazioni ambigue che lo portava ad essere pignolo fino all’esasperazione.
Degli altri, ovviamente.
Il suo amore per i buoni cibi lo portava spesso a fare lunghe deviazioni dal percorso più breve tra due punti per verificare se la trattoria tal dei tali, consigliatagli da Caio, era veramente all’altezza del consiglio. Ma questa sua fissazione era compensata più che abbondantemente dai risultati che la sua pignoleria portava. Erano pochissimi i casi che non aveva risolto, magari impiegandoci anni, ma perseguendo la verità come un segugio.
Non particolarmente alto, ma certamente imponente, pur non potendo essere definito ‘grasso’, incuteva una certa soggezione in chi aveva a che fare con lui, per il suo caratteristico modo di incalzare con domande, e per il suo sguardo profondo, che non mollava mai gli occhi dell’interlocutore. Tutto questo veniva quasi sempre mitigato da un comportamento da gentiluomo di campagna, tipico dei ‘vecchi’ piemontesi, quale lui, classe ’53, si sentiva di diritto di appartenere.
Oggi indossava un completo di colore quasi nero ed una bellissima cravatta verde campeggiava al centro esatto del colletto della camicia bianca d'ordinanza.
"Venga, commissario, si accomodi" disse Roberto aprendo la porta e scostandosi per fare passare il poliziotto.
"Signor Ferrero, sono veramente dispiaciuto di venirla a disturbare a casa, ma sono passato dall’ospedale e ho saputo che tornava a casa oggi…spero davvero di non disturbarla…"
"No, nessun disturbo. Mia moglie mi stava facendo visitare l’appartamento…" Roberto notò lo sguardo del commissario che osservava il suo abbigliamento, pantaloni, torso e piedi nudi, e sorrise. Il poliziotto con un lieve sorriso rispose "vedo, vedo…"
"Sa com’è, commissario, io…"
Polloni lo interruppe: "ma guardi che non deve giustificarsi. Lei è in casa sua e può fare tutto quello che crede. Non trova?" terminò la frase guardando negli occhi Roberto ed inarcando un sopracciglio, atteggiamento che aveva fatto diventare blu di paura diversi ladruncoli.
In quel momento una voce dall’alto li interruppe: "Buon giorno."
Rosanna fece la sua comparsa in cima alle scale; aveva indossato un leggero abito da casa, che lasciava scoperte le lunghe gambe. Scese alcuni gradini poi chiese al poliziotto "Già qui?" Il fastidio provato dalla donna alla vista del commissario era palese, ma l’uomo fece finta di non accorgersene, abituato com’era ad essere circondato dall’antipatia e dal sospetto, e preferì passare alcuni secondi ad ammirare le forme della signora Ferrero.
"Buon giorno, signora" disse poi rivolgendosi alla donna, che si avvicinò e sporse una mano per un saluto formale e dovuto, "come dicevo a suo marito, sono spiacente di disturbarvi appena tornati dall’ospedale, ma ci sono alcune domande che devo fargli e speravo che l’aria di casa…"
"L’’aria di casa’, come la chiama lei, ha bisogno di tempo per fare effetto su mio marito" rispose freddamente la donna. "Forse ha dimenticato che nell’ultimo anno e mezzo mio marito ha subito un incidente, si è salvato per miracolo, è stato operato decine di volte ed ha fatto centinaia di ore di terapia!". Il tono della donna era andato salendo, fino ad arrivare ad un passo dall’urlo.
"Cara, ti prego..." disse Roberto alla moglie cercando di calmarla.
"No, signor Ferrero, sua moglie ha ragione" e rivolse un sorriso disarmante alla donna "ma nel mio mestiere il tempo è importantissimo. Ed abbiamo perso un intero anno, come giustamente ricordava lei, signora".
La donna si indispettì a sentire il suo ragionamento portato contro di lei, e girandosi disse a Roberto "Tesoro, fai accomodare il commissario in salotto, io vado a preparare del caffè. Ne vuole?", terminò parlando al poliziotto.
"Perfetto, signora, la ringrazio" rispose il commissario accennando un inchino. La donna si eclissò in cucina.
I due uomini si accomodarono in salotto, su due divani diversi, per potersi vedere in volto. Si guardarono per alcuni secondi, Roberto aspettando un po’ imbarazzato che il commissario cominciasse a parlare, e quest’ultimo ad osservare placidamente l’uomo.
"Allora, commissario: di cosa mi voleva parlare?"
Michele Polloni, come tutti gli investigatori, era convinto dell'importanza della psicologia, e dedicò ancora alcuni secondi ad osservare Roberto Ferrero, il ‘redivivo’, come lo chiamavano i giornali ai tempi dell’incidente. Aveva ancora i segni delle numerose operazioni subite, ma guardandolo capiva come mai i dottori parlavano di miracolo: dopo neanche due anni dall’incidente, quest’uomo completamente ricostruito, secondo quanto dicevano le cartelle mediche, era in grado di tornare a casa (…bella casa…) e farsi trovare con i pantaloni in mano e la moglie (…bella pure la moglie, accidenti…) nel letto.
Roberto era qualcosa più che imbarazzato dallo sguardo fisso dell’uomo, ora: "Commissario…?" provò a richiamarlo alla realtà.
Il poliziotto sembrò riscuotersi, sorrise e disse "mi scusi, la prego. Ho spesso la tendenza a seguire i miei pensieri e ad ‘incantarmi’. Devo dire che nel mio mestiere mettere un po’ a disagio le persone che devo interrogare è piuttosto utile. Ma non è il suo caso." concluse con una risatina.
"Ecco, appunto, il mio caso…per quale motivo la polizia si interessa ad un incidente stradale?" chiese Roberto
Polloni si schiarì la voce: "vede, signor Ferrero, da diversi anni nella zona delle Langhe e del Roero, si sono verificati almeno una ventina di furti, ventidue, per la precisione, tutti con le stesse modalità, il cosiddetto ‘modus operandi’; termine che non mi è mai piaciuto, ma sa, è molto conosciuto…". Roberto cercò di arrivare al dunque "si, commissario, so cos’è. La mia memoria è a macchie, ho dimenticato tante cose ma molte altre le ricordo, come camminare, parlare, il termine ‘modus operandi’…".
Ed anche far divertire una signora concluse tra se il commissario.
Fece un sorriso di scuse, e proseguì: "mi scusi. Comunque i furti vengono commessi sempre dallo stesso uomo, di questo siamo sicuri perché la corporatura è sempre la stessa, che però si maschera con baffi finti, barbe, occhiali, parrucche, a volte si scurisce la pelle. Prende di mira soprattutto le gioiellerie, le oreficerie, tutti quei negozi che hanno normalmente parecchio contante. Aspetta un momento in cui il negozio sia il più vuoto possibile, estrae una pistola e prende tutti i soldi in cassa. Da un calcolo che abbiamo fatto le rapine gli hanno fruttato fino ad ora qualcosa come tre milioni di euro."
Il commissario fece una pausa e Roberto ne approfittò per infilarsi nel fiume di parole: "accidenti, mica male. Però continuo a non capire cosa c’entro in questa storia…".
"Probabilmente lei non c’entra nulla, ma ci sono tre fatti che mi danno da pensare e che mi portano qui oggi: il primo è che il giorno precedente al ritrovamento della sua macchina con lei dentro, c’è stato un furto, il ventiduesimo, in un paese vicino; il secondo è che prima i furti avvenivano con frequenza variabile da uno al mese a sei o sette all’anno. Invece da un anno e mezzo a questa parte non ce ne sono più stati. Quindi mi chiedevo se…" in quel momento la moglie entrò nel salotto, portando un vassoio sul quale fumava una moka, circondata da tre tazzine ed una piccola zuccheriera.
"Ecco" disse la donna posando il vassoio "si serva pure, commissario" e dopo si tolga dai piedi concluse mentalmente.
"Oh, grazie signora, ci voleva proprio un buon caffè," si sporse sulla poltrona e si mise a trafficare con zuccheriera e tazzina. Si versò tre cucchiaini di zucchero, sotto lo sguardo disgustato della donna. "Stavo dicendo a suo marito…" iniziò, ma Roberto finì il discorso per lui "Il commissario mi stava dicendo se per caso, prima di bruciare dentro la mia macchina, mi ero dedicato alla piacevole attività di ladro".
"Ma no, signor Ferrero, non era questa…" cercò di spiegare il poliziotto.
"Come sarebbe a dire?" si inviperì Rossana , "Lei è venuto ad accusare mio marito?"
"Ma no! Avete completamente travisato…" cercò ancora di giustificarsi, ma i padroni di casa erano chiaramente offesi e risentiti. Il poliziotto faticò non poco a calmarli.
"Signori, signori, vi prego! Non mi sono spiegato! Non ho nessuna intenzione di accusare il signor Ferrero di alcun reato! Calmatevi, per cortesia!"
Roberto e Rosanna tacquero ma continuarono a guardare in cagnesco il commissario.
Questi continuò, rivolgendosi alla donna con tono conciliante: "Quello che ho pensato, signora, è che suo marito possa essere rimasto coinvolto suo malgrado nei furti. Potrebbe essere stato presente proprio durante l’ultimo ed avere visto il ladro. Oppure questo potrebbe avere avuto bisogno di un passaggio ed avere fermato la prima macchina che gli è capitata, quella di suo marito. Potrebbe essere molto utile se il signor Ferrero ci aiutasse.” Piccola pausa “Naturalmente se se ne ricorda"
"Ecco, mi pare che si sia risposto da solo, commissario" sbottò Rosanna "Come le ho già detto, l’’aria di casa’ ha bisogno di maggior tempo per funzionare!"
"Lo so, lo so, signora. Vi ripeto che sono veramente spiacente di avervi disturbati, ma speravo di recuperare tutto il tempo che siamo stati costretti a perdere per…"
Roberto ebbe un mezzo sorriso: "veramente sono io ad avere perso un anno e mezzo della mia vita"
Polloni tacque e guardò l'uomo di fronte a lui con comprensione.
"Ha ragione, signor Ferrero. La prego ancora di scusarmi."
Il commissario posò la tazzina vuota e si alzò.
"Però la prego: se dovesse ricordare qualcosa mi chiami immediatamente a qualsiasi ora" sporse un piccolo cartoncino "questo è il mio numero di cellulare privato. La prego: è molto importante".
Si girò e si avviò verso la porta.
Roberto alzò lo sguardo dal bigliettino che aveva in mano e richiamò il commissario: "Mi scusi, ma ha detto che i fatti che le davano da pensare erano tre e me ne ha detti solo due"
Polloni si girò ed infilò le mani nelle tasche dei pantaloni, assumendo involontariamente un atteggiamento intimidatorio.
"In effetti c'è un terzo punto, molto strano. Nei rottami della sua macchina abbiamo trovato un oggetto che non avrebbe dovuto essere lì: la calotta di una parrucca."
"Non capisco..." iniziò Roberto. Il commissario spiegò: "è la parte che sorregge i capelli veri e propri, quella che va a contatto della testa. Tutto il resto è bruciato, ma la calotta è rimasta, molto danneggiata ma riconoscibile. Non siamo però riusciti a cavarne nulla."
Ferrero era soprappensiero.
"Strano...non mi dice proprio nulla questa cosa..."
Polloni estrasse le mani dalle tasche e le allargò, dicendo "lo immaginavo. Grazie comunque; e se le venisse in mente qualcosa..." terminò indicando il foglietto.
Si girò e si incamminò verso la porta.
Rosanna gli andò dietro per aprire la porta. Qui il commissario sorrise e disse alla donna: "grazie del caffè, signora, era squisito. E la prego di scusare i miei modi: purtroppo nel mio mestiere sono spesso costretto a mostrarmi antipatico."
La donna fece un sorriso di circostanza. "Non importa, commissario, anzi mi spiace di averla fraintesa. Però un’altra volta magari ci dia un colpo di telefono prima, d’accordo?"
Il commissario inchinò appena il capo e rispose "certamente signora, non mancherò. Arrivederci" ed uscì.
Percorse il breve vialetto ed attraversò il portoncino metallico. In strada l’aspettava la sua macchina.
Salì e mise in moto. Percorse un paio di chilometri poi accostò è spense il motore.
Tirò fuori un taccuino da una tasca interna e prese alcuni appunti.
Paura. Perché? Subito prima di queste note campeggiava un nome: Manlio Trebbi e di fianco come ha potuto dimenticare?
Ciao a tutti
Mario Overhill
Da soli si va più veloce. Insieme si va più lontano.
[Proverbio Africano]