Lara Croft- Tomb Raider: A Score for Death

Lo spin-off halloweeniano di Untold!

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Nillc
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Messaggio da Nillc »

Beh Lara è un'aristocratica, e secondo il galateo non si può cominciare a dare del tu ad una persona se prima la persona in questione non ha smesso di darti del LEI :D ;)
E il brano non l'ho messo perché questa seconda puntata costituisce anche la seconda parte del primo capitolo, dove avevo già messo il brano adatto da ascoltare ;)

A tra poche ore per la terza puntata ;)




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Final Danielecker
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Messaggio da Final Danielecker »

Ah ok :D Non si finisce mai di imparare :asd:




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Nillc
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Messaggio da Nillc »

Ecco a voi la TERZA PUNTATA... un po' lunghina forse ma anche molto importante ;)
PS: Da domani ASFD cambia collocazione oraria, e le puntate andranno online a partire dal mattino ;) Restate con noi!

Bonn- Il giorno prima…
(Beethoven: Per Elisa; Quinta Sinfonia)

Avrebbe pensato che quella pioggia così insistente e dannatamente fredda fosse iniziata millenni prima per non finire mai. L’intera città di Bonn, splendente sotto la coltre bagnata e gelida delle gocce d’acqua, sembrava essere fatta per il solo scopo di essere percossa eternamente dalla pioggia, che ne deformava i lineamenti, rendendo irriconoscibili le architetture cinquecentesche da quelle più moderne.
Eppure, quel volto famoso e imbronciato che da qualche giorno si era guadagnato un posto di rilievo nella sua mente, Lara Croft lo vedeva anche fin troppo bene, nonostante fosse di bronzo.
“Scusa se ti ho fatta deviare fino a Munsterplatz, Lara” disse Halley, il cui buffo ombrello bianco e nero non era servito a tenere i suoi lunghi capelli all’asciutto “Ma non potevo passare da Bonn senza rendere omaggio a ‘lui’”.
Lara scrollò le spalle. Indossava una leggera mantella di tessuto cerato, e sembrava assolutamente impassibile alla pioggia e al freddo.
“Ora però andiamo a casa sua, vuoi?” disse, un po’ annoiata.
Ci aveva pensato per giorni, e non era del tutto sicura che Halley le piacesse. Sembrava un bravo ragazzo, ma quell’aria di superiorità che assumeva nel parlare della “sua” musica era davvero scostante.
E, a dire il vero, la storia della Musica dei Demoni non le piaceva per nulla. Ecco perché voleva pensarci lei in persona.
Halley saltellò in direzione est con l’aria di chi conosce la strada come le sue tasche:
“Non è distante, andiamo!” esclamò allegramente, e iniziò a far strada a Lara.
I due camminarono nella sera buia lungo un ampio viale lastricato; poi Halley deviò in una stradina laterale, e proseguirono fino ad arrivare ad una semplice casetta a tre piani dal tetto spiovente.
“Sarebbe… questa, la casa dov’è nato Beethoven?” chiese Lara stranita.
“Oh, sì, sì!” disse Halley con emozione “Non è stupenda?”
Lara si rese conto che non poteva essere altrimenti: la famiglia Van Beethoven era di modeste condizioni, e di certo non si sarebbe dovuta aspettare qualcosa di grandioso: ma in effetti la casa risultava addirittura buffa, con le mura dipinte di rosa, le cinque finestre e il portone di un verde scuro intarsiato di cremisi e il tetto grigio- bluastro; la pioggia, poi, aveva accentuato questi colori, facendoli diventare decisamente tetri.
“Pensi che ci troveremo qualcosa?” chiese il musicista, fremente.
“Può essere” rispose Lara avvicinandosi al portone e toccandolo con le dita. Era freddo e fradicio.
“Beh, non ne parlavo molto nei documenti che ti ho lasciato” disse un po’ risentito l’altro “Ma se tu dici che va bene…”
“Documenti?” chiese Lara, correggendosi immediatamente “Ah, sì, quelli che mi avevi lasciato a Croft Manor… non li ho nemmeno sfogliati, a dire il vero”.
La semplicità con cui gli aveva dato quella notizia catastrofica sconvolse John, che spalancò la bocca in una grottesca espressione di sorpresa.
“Non… li hai… letti?” Balbettò “Ma Lara, erano migliaia di pagine, ore e ore di ricerche spese per… per nulla! E secondo te su quale base lo spartito dovrebbe essere qui? Voglio proprio sentire!”
Lara fulminò il ragazzo con uno sguardo glaciale.
“Che tu abbia fatto delle ricerche non vuol dire che io non conosca Beethoven, John” disse freddamente “E che tu sia un bravo musicista non vuol dire che tu sia il solo musicista nel mondo. Beethoven l’ho studiato da bambina, e questo mi basta”.
“Ma Lara, la posta in gioco è altissima!” ribatté esasperato John “Come fai ad essere sicura che lo Spartito sia qui, se non hai nemmeno letto i miei appunti?”
“Per prima cosa, sono abbastanza certa che lo Spartito non sia qui” rispose con fermezza l’archeologa “Perché penso di conoscere abbastanza bene Beethoven, e soprattutto la musica, per dire che nessun musicista farebbe mai cominciare una sua opera dalla fine”.
“Cosa vuoi…”
“Pensa alla Quinta Sinfonia, John: Ta-ta-ta-ta…” e con la voce canticchiò l’incipit della più famosa melodia del grande autore. John rabbrividì.
“Se Beethoven ha veramente avuto lo Spartito, non può averlo nascosto senza criterio in una parte del mondo qualsiasi” spiegò Lara “altrimenti lo si sarebbe già trovato da tempo. Ora, di certo lui avrà pensato che solo un grande amante della musica avrebbe potuto mettersi alla ricerca dello Spartito… e dunque, quale criterio migliore ci sarebbe stato per nasconderlo, se non…”
“… la Musica stessa…” mormorò affascinato John.
“Esatto” confermò Lara con un sorriso saputo “Ho buone ragioni di pensare che Beethoven abbia strutturato il nascondiglio dello Spartito come una sonata, come un’opera musicale”.
“Sei… sei geniale, Lara” ammise John, ancora troppo stordito “Ma… perché proprio casa sua?”
“Ecco, qui viene la parte interessante” rise Lara “Le opere di Beethoven sono una specie di autocelebrazione… cosa non troppo rara nei musicisti” e dicendo questo lanciò un’occhiata eloquente in direzione di John, che tuttavia non sembrò raccogliere lo strale. Lara proseguì “Metteva in musica la sua voglia di riscossa, di rivalsa… e, per estensione, era come se vedesse la sua stessa vita come un’opera musicale. E ovviamente, l’inizio di quest’opera, almeno nel mondo fisico, è la sua nascita… e la casa dove nacque. È un luogo emblematico, quello che lui definirebbe l’Inizio. Della sua vita, certo. E della ricerca dello Spartito.”
“Ed ecco perché siamo qui!” esclamò John, con un gran sorriso “Veramente, Lara, complimenti… penso di averti… come dire…”
“…Sottovalutata” concluse Lara facendo gli occhi dolci, e si avviò verso la casa di Beethoven.

“Quindi da queste parti sei di casa” osservò Lara strizzando la mantella che si era appena tolta. John aveva aperto la casa del grande musicista con una delle sue quattro chiavi esistenti al mondo; all’interno, c’era un piacevole tepore e la luce calda e accogliente di lampade moderne e un po’ anacronistiche.
“Certo, ormai io e i custodi siamo buoni amici” le rispose il musicista, che si stava tamponando i capelli con un consunto fazzoletto “La conosco a memoria quasi tutta”.
“Perché ‘quasi’?” chiese Lara.
“Oh, semplicemente perché il sottotetto non lo aprono mai” rispose con noncuranza il ragazzo “Dicono che ci sia una maledizione che impedisce di aprirne la porta, ma in realtà penso che la usino come magazzino”.
“Non è scontato” mormorò Lara così piano che lui non la udì. Si guardò attorno: il primo piano presentava diversi segni di rimodernamento negli intonaci e nell’impianto di illuminazione, e c’erano orribili riproduzioni di ritratti imprigionate in gusci di plexiglass. Era altamente improbabile che un qualche segno si trovasse lì.
“Quanti piani ci sono?” chiese l’archeologa.
“Oltre a questo, che è l’Ala delle Letture, altri due” rispose John “Uno è completamente adibito a sede per mostre temporanee… e solo l’ultimo è rimasto come quando ci abitavano i Beethoven”.
“Molto bene” disse Lara “Il campo si restringe. Portami lì”.
John la condusse su per un’angusta scaletta di legno; passarono accanto ad un’ala che lasciava intravedere delle tristi teche polverose e una serie di poster e cartonati ammassati disordinatamente. Il musicista si fermò al secondo giro di rampa, accanto ad una semplice porticina di legno. La scala si perdeva nel buio sovrastante.
La ragazza aprì la porta, e rimase abbagliata dalla differenza tra quel piano e gli altri due che aveva appena intravisto: la modernità si fermava alle lampadine, mentre tutto il resto era esattamente come avrebbe potuto lasciarlo Beethoven se fosse appena uscito.
C’erano solo due piccole librerie e un divano rosso tarlato; ai muri color crema c’erano pochi ritratti, stavolta autentici, ben più decorosi di quelli a piano terra: da uno di quelli, un giovanotto dai capelli corti e castani le sorrideva. Lara gli sorrise in cambio, riconoscendo in quei tratti somatici l’arruffato e immusonito Beethoven ritratto molti anni dopo.
E, soprattutto, c’era il clavicembalo.
La ragazza gli si avvicinò e lo sfiorò con rispetto, sollevandone appena il lieve strato di polvere.
“E’ il suo, vero?” chiese a John, con emozione. Lui annuì, negli occhi la sua stessa emozione:
“Lui stesso ha lasciato disposizioni su come andavano disposti i mobili in questa stanza… e non è stato toccato quasi nulla” spiegò, e a quell’ultima clausola indicò un grosso mucchio di spartiti sul leggio del clavicembalo.
Lara lo osservò: era una riproduzione moderna di uno spartito originale, scritto nella scrittura svolazzante e disordinata di Beethoven. E riportava forse la prima copia autografa della sua Quinta Sinfonia.
“Ecco, Lara” disse il ragazzo, e la donna percepì improvvisamente nella sua voce quella strafottenza che aveva imparato ad odiare “Se avessi letto i miei appunti, sapresti che quest’opera ritorna molto spesso nelle associazioni tra Beethoven e lo Spartito”.
“Quindi secondo te questo spartito dovrebbe significare qualcosa”.
Lara piantò i suoi occhi profondi dentro quelli di John; l'uomo si sentì la gola improvvisamente così secca da dover deglutire per ben due volte. E senza nessun risultato.
“Secondo le mie ricerche, sì”. Cercò di dare alla frase un tono deciso, magari anche un po' spavaldo, ma non sembrò funzionare molto, almeno a giudicare dal sopracciglio sinistro di Lara, che si alzò in modo preoccupante.
“Senti, John, mi sei simpatico e so che sei un buon musicista. Ma questo non mi impedirà di prenderti a calci nel posteriore se credi di poter continuare a fare i tuoi comodi, con me...”
“Ma io...”
“Ma tu magari pensi che solo tu sai leggere la musica, e che solo le tue elucubrazioni sono esatte. Ignorando che io sono tutt’altro che una povera idiota, come hai potuto vedere poc’anzi. Continuando a far finta di ignorare che ho studiato musica fin da bambina e questo brano era uno dei preferiti di mio padre!”
Man mano che il tono di voce saliva, John sembrava diventare più piccolo.
“Ma...”
“Ma questo è semplicemente la copia di uno spartito autografo della versione per clavicembalo della quinta sinfonia di Beethoven, un brano talmente famoso che quando chiunque nel mondo pensa a una sinfonia, le prime note che vengono in mente sono queste!”
John allargò le braccia: “Lo so, lo so. Eppure ti garantisco che questo testo… non so come spiegartelo, Lara, ma sembra strettamente connesso allo Spartito!”
Lara decise di dargli retta.
“L'hai...?”
L'uomo precedette la domanda: “Mille volte l'ho eseguita e non ho trovato niente di diverso da tutti gli altri che ho già visto.”
Il tono era profondamente sconsolato.
“Uhm, quindi qui c'è un mistero. Bene, questo è il mio pane quasi quotidiano.”
Prese dal leggio il mucchietto di fogli tenuto insieme da alcuni lacci dall’aria antica. Controllò questi ultimi: forse erano originali, e magari potevano esserci dei nodi distanziati secondo un certo codice…
No, troppo arzigogolato.
Beethoven era un genio, e la genialità si coniugava meglio con la semplicità, anche quando la si nasconde dietro un'orchestra.
“Mi hai detto che l'hai eseguita” chiese soprappensiero.
“Un sacco di volte, perfino a questo stesso clavicembalo… ma non ho mai trovato nulla di diverso rispetto alla solita partitura”.
Lara stava controllando attentamente le note. La scrittura era veloce, anche per i parametri di un brano scritto di getto. E nell’ultima pagina c’era una data: trentuno ottobre 1826.
Strano.
La quinta sinfonia era stata scritta circa venti anni prima che Beethoven venisse a sapere dello Spartito, perlomeno stando a quanto diceva John. E allora perché riscrivere una partitura già scritta venti anni prima, se non per nasconderci qualcosa? E, inoltre, perché farlo proprio pochi mesi prima della sua morte?
Un’intuizione le balenò in testa.
“John, quando leggi uno spartito, tu leggi tutte le note?”
L'uomo sembrò sorpreso dalla domanda: “Be', sì, soprattutto se è un pezzo che non conosco...”
Lara sorrise e mimò il gesto di una pistola che spara: “Esatto!”
Diede lo spartito a John: “Leggilo attentamente e dimmi se ci sono delle note in più o in meno.
John prese i fogli, indeciso: “Ma la conosco a memoria. Comunque, se è per farti un piacere...”
“Sei un vero gentiluomo. Adesso muoviti!”
L'uomo si mise a leggere attentamente. Impiegò circa dieci minuti per passare tutti i fogli. Mentre sfogliava canticchiava la melodia principale, mentre con la mano destra fingeva di premere un'immaginaria tastiera.
Alla fine alzò lo sguardo, ma vide che Lara stava facendo un cenno negativo con la testa.
“Cosa ho fatto?” chiese, un po' piccato.
“E' che tu hai eseguito lo spartito, e non l'hai solo letto.”
John fece per rispendere, ma tacque subito. Chiuse la bocca; la riaprì; la richiuse. Poi si arrese: “Non ho capito.”
Lara chiuse gli occhi, pensando a quanto spesso fosse difficile far vedere le cose ovvie: “Mentre tu guardavi lo spartito, lo stavi eseguendo, sentivi il brano nella testa. Addirittura lo stavi suonando nell'aria.” Mimò il movimento delle mani come l'uomo poco prima.
“Ma non posso evitarlo: sono un musicista! E poi per eseguirlo io leggo le note.”
Di nuovo Lara scosse la testa: “No, tu non leggi le note che ci sono, ma quelle che tu credi ci siano.”
“Eh?”
“Si chiama compensazione inconscia ed è un meccanismo del nostro cervello, che automaticamente riempie gli spazi vuoti quando calcola che quegli spazi non dovrebbero esserci. Altre volte invece li crea se scopre una ridondanza.”
“Continuo a non...”
Lara cominciò a camminare avanti e indietro, come faceva spesso quando doveva ragionare e parlare contemporaneamente: “Quando tu leggi un testo, credi di leggere tutte le parole, ma non è così. Il tuo occhio precede la lettura attiva per vedere cosa viene dopo, e se quello che segue manca o è di troppo, il cervello automaticamente corregge l'anomalia.”
“Quindi?”
“Quindi tu leggi quello che pensi ci sia scritto e non leggi quello che secondo te non ci dovrebbe essere.”
John rifletté per diversi secondi, assimilando l'informazione. Sembrava quasi di sentire gli ingranaggi che roteavano, allineandosi, per afferrare il concetto.
Infine disse lentamente: “Facciamo finta che ho capito. Come si può risolvere?”
Lara sorrise: “Facendo come fanno gli scrittori per capire se hanno scritto correttamente: leggono le parole al contrario. Con la musica è ancora più facile, perché in una misura la combinazione di note e pause deve sempre dare un totale corretto in termini di tempo.”
John finalmente riuscì ad assimilare quello che Lara stava dicendo: “Vuoi dire che Beethoven ha messo degli errori nello spartito, e ha usato questo brano proprio perché è famosissimo e quindi ha immaginato che nessuno se ne sarebbe accorto?”
L'uomo aveva detto tutta la frase senza prendere fiato e Lara scoppiò a ridere: “Cavolo, ma metti una virgola ogni tanto! Comunque sì, penso che la soluzione potrebbe essere questa.”
Il musicista riprese il mucchietto di fogli con rinnovato vigore, lo aprì all'ultima pagina e iniziò a ragionare: “Dunque: la quinta sinfonia è un due quarti in do minore, quindi ogni misura ha sessantaquattro centoventottesimi, se consideriamo le semibiscroma come limite minimo, e ha tre bemolle in chiave, il re, il la e il si, quindi...” Dopo circa otto minuti di borbottii simili a questi, John esplose in un grido di giubilo: “Accidenti! Eccola qui!”
Guardò stupito Lara: “Ho guardato centinaia di volte questo manoscritto, ma non avevo mai visto...”
“Esatto” lo interruppe Lara, “hai guardato ma non hai visto.”
L'uomo sorrise, poi si immerse nella lettura; continuò ancora per un quarto d'ora a cercare, e trovò altre differenze.
“Allora” disse alla fine, stringendo con indice e pollice la base del naso, per alleviare la tensione causata dallo sforzo della lettura, “ho trovato un po' di anomalie: otto note in più e una pausa. Per usare la notazione italiana, in ordine a partire dall'inizio del brano, ho trovato un fa, un la, un do e un si, poi la pausa, e di seguito un re, un la, un do e un si.””
Lara rifletté per qualche secondo. Ruppe il silenzio con un mugugno: “Uhm.”
John la stava osservando speranzoso e quando udì il suono sembrò deluso: “Come 'uhm'? Non ti viene in mente niente?”
“Fa, la, do e si. Pausa. Re, la, do, si” disse Lara, scandendo i due gruppi di monosillabi come facessero parte di due parole diverse, “Non mi dicono niente... L'ordine è proprio questo?”
John assentì con la testa, poi continuò: “Non ci sono dubbi. Forse gli accidenti potrebbero essere d'aiuto? Perché do, la e si sono tutti accidenti, in bemolle, per la precisione.”
Lara era dubbiosa: “Uhm, credo di no. Almeno penso che non c'entrino nulla...”
I due rimasero qualche secondo a riflettere. Improvvisamente John si diede una pacca sulla fronte ed esclamò: “Ma porca miseria! Beethoven non usava certo la notazione italiana per indicare le note!” Riprese il pezzo di carta dove aveva segnato gli appunti durante la lettura, e scrisse sotto ogni nota la lettera corrispondente in notazione internazionale.”
Lara osservò piegando il capo, e lesse ad alta voce: “F, A, C, B, pausa, D, A, C, B. Carino... e cosa vuole dire?”
John tacque per qualche secondo: “FACB e DACB. Non conosco benissimo il tedesco ma direi che non vogliono dire proprio niente.”
“Già” replicò Lara.
“FACB” ripeté John sottovoce, “DACB. La B non potrebbe essere la rappresentazione della beta, che in tedesco si legge come una doppia S?”
Lara scosse il capo: “FACSS DACSS mi sembra che non voglia dire nulla, quasi quanto FACB DACB. Sei sicuro che non ci siano altre note in più, o magari in meno?”
John replicò decisamente: “Assolutamente: ho analizzato ogni misura, e ne sono sicurissimo.”
“Anche prima lo eri...”
L'uomo la guardò storto: “Sì, va bene, prima ero convinto e sbagliavo, ma stavolta sono sicuro!”
“Calmo, calmo, non volevo urtare il tuo orgoglio.”
John incrociò le braccia, offeso, borbottando a mezza voce: “Porca miseria, sembri il mio vecchio professore di Storia della Musica, sempre a far notare le imperfezioni, gli errori...”
Lara stava per replicare a tono, quando vide la fisionomia dell'uomo stravolgersi: gli occhi spalancati, la bocca semiaperto. Per un attimo credette che stesse male, ma immediatamente dopo capì che era solo entusiasmo.
“Porca miseria di una porca miseria! Il professor Lieder!”
Lara si stupì: “Chi, scusa?”
“Il professor Lieder, il mio professore di Storia della Musica!”
“Fammi capire: tu avevi un professore di Storia della Musica che si chiamava Lieder?”
John rise: “Sì, curioso, vero?”
“Come un medico che si chiama Siringa o un poliziotto che si chiama Manganelli. Comunque” continuò, “cosa c'entra il tuo prof?”
“Semplicemente che mi è venuta in mente una di quelle lezioni barbosissime in cui il professore ci ha detto una cosa che personalmente non ho mai ritenuto troppo importante, fino a oggi.”
“E cioè?”
“Che la notazione tedesca è leggermente diversa rispetto a quella anglosassone. E la buona notizia è che la differenza è proprio nella lettera B, il Si in italiano, che in Germania è la lettera H!”
Lara riprese il foglietto: “Quindi FACB diventa FACH e DACB diventa DACH.”
L'entusiasmo di John si spense: “Che mi sa che continuano a non voler dire nulla...”
Lara alzò un angolo della bocca in un sorriso ironico: “Sbagliato. FACH vuole dire qualcosa come scomparto, e DACH vuole dire tetto!”
I due si guardarono per due secondi: “Il sottotetto!” dissero contemporaneamente.

FINE TERZA PUNTATA

Quali terribili segreti ha nascosto Beethoven nella sua casa natale? E cosa troveranno Lara e John nel sottotetto? Scopritelo con noi DOMANI!





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Messaggio da 30th »

Che meraviglia, Nillc! :love: Ragazzi, siete proprio bravi! :)

Però non puoi lasciarci così :asd: : tutti nel sottotetto! 47_35 :D
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Nillc
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Messaggio da Nillc »

Ci arriviamo, ci arriviamo... e ci troveremo anche qualcosa di mooooolto... di pericolosameeeeeente...
Vabbè domani lo saprete :D




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Messaggio da overhill »

:approved:
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Messaggio da cico94 »

il nome del prof è bellissimo :lol: ! lieder :asd:
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Messaggio da Poldo »

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Messaggio da Nillc »

Non è che era troppo lunga? :D ;)




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Poldo
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Messaggio da Poldo »

Bella molto logica!




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Messaggio da cico94 »

Nillc ha scritto:Non è che era troppo lunga? :D ;)
nono...anzi, quando è finito questo capitolo mi son detto " cavolo ma nillc non poteva almeno farci scoprire cosa c'è nel sottotetto ?!" :asd:
Hai fatto una divisione in capitoli davvero strategica (purtroppo :asd: )
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Messaggio da Nillc »

In realtà quella che sto operando sul forum è una divisione diversa da quella che ho lasciato nel cut finale: innanzitutto ho optato per la divisione in tre parti dieci minuti prima della pubblicazione :D poi sono costretto a dividere ulteriormente i capitoli, a volte molto molto lunghi, in più parti... insomma, un po' di confusione :? Ma è anche dovuto al fatto che ASFD è molto più breve e soprattutto molto diverso dai romanzi di Untold... ha una fisionomia tutta sua :) avrei potuto mettervi i capitoli per intero (con Blu avevamo pensato addirittura di postare tre o più puntate al giorno!) per rientrare in tempi più brevi... ma penso sia meglio così, in modo che non vi stanchiate troppo... e che la vostra suspence rimanga sempre viva :P




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Nillc
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Messaggio da Nillc »

Buongiorno ragazzi :) Eccovi la quarta puntata!

Seconda puntata (Bonn)

Senza aggiungere altro, Lara e John si precipitarono fuori dalla stanza e su per le scale, inoltrandosi nel buio. I gradini terminarono in un piccolo pianerottolo immerso nell’oscurità, e fu solo grazie alla provvidenziale torcia che l’archeologa estrasse dal suo capace zainetto che riuscirono a vedere la porta di bronzo che chiudeva il sottotetto.
Aveva l’aria di essere spessa e pesante, nella sua semplicità: era liscia e priva di un qualsiasi orpello, se non per uno strano fregio che ricordava una frangia che la tagliava orizzontalmente a circa metà della sua altezza.
John le si avvicinò e provò a spingerla prima con una mano, poi facendo leva con tutto il suo corpo sulla spalla, ma la porta restò lì dov’era, impassibile.
“Magari uno dei custodi ha la chiave…” disse il giovane deluso, massaggiandosi la spalla.
“La chiave per quale serratura?” chiese sarcastica Lara con un’occhiata di rimprovero, indicando la totale assenza di maniglie o toppe sulla porta “Penso che chi ti ha parlato di una maledizione sul sottotetto non abbia tutti i torti”.
“Dio mio, Lara!” gemette l’altro “ma questo vuol dire che qui dietro c’è davvero qualcosa! Dobbiamo aprirla assolutamente!”
“Se lo dici tu” scrollò le spalle l’archeologa, e si avvicinò alla porta. La osservò con rispetto, senza toccarla nemmeno una volta; i suoi occhi si fecero fessure nello scrutare il fregio, l’unico elemento che stonava nell’apparente semplicità della porta…
“È una tastiera” sentenziò alla fine.
“Che?” chiese John, sgranando gli occhi.
“Quella specie di decorazione… guardala bene: è una fascia rettangolare divisa in ottantotto strisce… come i tasti di un pianoforte o di un clavicembalo” spiegò Lara “Penso bisogni suonarli…”
“Ah, benissimo!” disse ironicamente John “Peccato che non sappiamo minimamente cosa suonarci! Qualcosa di Beethoven, o…”
“La pianti di essere così smanioso, per favore?” disse nervosamente Lara “Giuro, John, a volte avrei voglia di calmarti a suon di kung-fu! Anche perché, credimi, penso che la soluzione sia molto più semplice di quanto tu non riesca a pensare”.
John ebbe voglia di risponderle a tono tirando in ballo la sua propensione alle intuizioni geniali, ma preferì soprassedere.
“Allora?” chiese, annoiato.
“Allora… nelle opere di Beethoven, dov’è che ‘Il Destino bussa alla porta’?” chiese Lara, fissandolo con aria di sfida. John sembrò illuminarsi di gioia e sciogliersi di sorpresa al tempo stesso.
“N… Nella quinta Sinfonia!” balbettò.
“Ecco, bravo” sorrise sardonica Lara “vedo che quando ci ragioni un po’ arrivi anche tu a buoni risultati. Però, ora dobbiamo parlare seriamente, John: non so cosa ci attenda oltre quella porta, né riesco a immaginarlo. Ma per esperienza posso assicurarti che non potremo mai trovarci nulla di semplice, né di buono. Te la senti davvero di mettere in gioco tutto quello che hai per qualcosa che ha già portato tanto male… e potrebbe portarne tanto anche a te?”
Gli occhi dei due si incontrarono, e per molti istanti nessuno dei due parlò. Poi John cedette, e si voltò di lato:
“Non dire sciocchezze, Lara” disse ridacchiando “Andrà tutto benissimo, vedrai, e tu impedirai che qualcosa vada male… ne sono certo!”
“Io ti ho avvertito” rispose Lara facendo spallucce “Se proprio pensi che sia giusto… a te l’onore”
E fece un inchino in direzione della porta.
John si avvicinò con passo incerto e si fermò a un passo da essa; deglutì, assunse un piglio deciso e stiracchiò braccia, mani e dita. Quindi, con le nocche bussò leggermente sui “tasti” rappresentati nel fregio: tre volte sul sol e una sul fa. Pausa. Tre volte sul fa e una sul re.
Tap ta-ta tap. Tap ta-ta tap.
Anche se “muta”, la celebre melodia risuonò nel silenzio in una maniera sinistra e lugubre.
Ci fu un secondo interminabile di angoscioso silenzio, pregno di attesa…
…Poi la porta si aprì cigolando.

La stanza al di là della porta era lunga e stretta, e completamente buia. I passi incerti di Lara e John cigolavano sull’antico impiantito di legno, riecheggiando tetri nell’oscurità. La torcia della ragazza illuminava pezzi di muro scrostato su cui sopravvivevano sbiaditi frammenti di dipinto: probabilmente un tempo quella stanza era stata uno studio o una camera da letto, ma di quell’antica funzione rimanevano solo vaghissime tracce.
Il respiro di John si fece veloce e rumoroso, e Lara capì che questi era in preda sia alla paura che all’ansia di trovare qualcosa.
Dopo qualche passo, un gran fracasso fece sobbalzare Lara, che con la mano libera dalla torcia estrasse fulminea la pistola, puntandole entrambe contro il punto da cui era provenuto il rumore.
John era steso lungo per terra e lottava contro uno strano oggetto di ferro.
“Porc…” imprecò il giovane “Lara, aiutami! Cos’è questa roba?”
Lara rinfoderò la pistola e con un sospiro aiutò il suo compagno d’avventura a rialzarsi, rimettendo in piedi anche l’oggetto contro cui aveva sbattuto. Era un treppiedi molto alto, sulla cui estremità era posata una ciotola di ferro piena di cenere e carbonella.
“E’ un braciere” rispose Lara felice: lo trascinò verso di lei, quindi trafficò nel suo zainetto e ne estrasse un bengala. Strappò la linguetta dalla punta e un’improvvisa luce verdastra illuminò flebilmente la stanza. Lara lo gettò nel braciere, che subito si infiammò e rischiarò l’ambiente circostante.
Dal buio emersero altri tre bracieri disposti lungo i due muri a ridosso di quello che sembrava un piccolo altare di pietra bianca; su di esso era posata quella che sembrava una corona d’alloro di oro lavorato a sbalzo, tenuta in piedi da un supporto di ebano.
“Lara!” esclamò al colmo della gioia John “Ci siamo! Quella è… quella dev’essere…cos’è quella cosa?”
“Ora lo scopriamo” rispose lei, individuando subito qualcosa di molto più interessante “Per il momento, non toccarla assolutamente”.
Sulle foglie dorate che componevano la corona erano incise delle piccole parole in tedesco antico. Lara si avvicinò all’oggetto stringendo le palpebre per riuscire a leggere nella penombra, quindi lesse:

Sotto la bara il tempio:
Scendi a patti con l’una
E cingi l’altra con Gloria;
Ognuno affronti la Danza
come sa o come deve
e sperdi la vita innocente:
Si svelerà così la Musica.
Rispetta però il loro dolore,
o ne andrà del tuo.

“Porca…” imprecò a mezza voce Lara.
“Allora, cosa vuol dire?” chiese John, ignorando il tono chiaramente preoccupato della sua compagna “Dov’è lo Spartito?”
“Penso di aver capito dov’è, John” rispose lei, girandosi e avanzando a falcate verso la porta “E anche che deve rimanere dove sta”.
“Cosa?” urlò John “Perché… cosa…”
“Le iscrizioni come quella portano sempre male, John” disse Lara fissandolo decisa “e questa in particolare sembra non promettere proprio nulla di buono. Quindi non toccare quella corona, chiaro? Torniamo a casa, ti conviene dimenticare lo Spartito finché sei in t…”
“Ma perché?” gemette John “Almeno fammi leggere cosa c’è scritto…”
“NO, FERMO!” gridò Lara, ma era già troppo tardi: le dita affusolate del ragazzo si chiusero intorno alle foglie laminate della corona e la sollevarono dal suo supporto di legno.
In quel preciso istante un soffio di vento repentino e gelido soffiò lungo tutta la stanza, spegnendo il braciere acceso; la porta si richiuse con un tonfo sordo, lasciando i due in un’oscurità ancora più perfetta di quanto non fosse già stata quella sperimentata prima.
Un brivido corse lungo la schiena di Lara: si era trovata mille volte al buio in un luogo chiuso, ma quel buio sembrava pregno di qualcosa di terribilmente oscuro… L’unico rumore era il suo respiro e quello di John, frammisto al ticchettio delle gocce che battevano sul tetto.
“Lara, cosa…?” piagnucolò il ragazzo.
“Tu, pezzo di…” inveì la donna rivolgendosi al nulla, ma il respiro le si mozzò violentemente in gola: sentì un tonfo provenire dal piano di sotto. Poi un altro. Poi un altro ancora, d’intensità sempre maggiore.
Qualcuno stava salendo le scale con passi pesanti e cadenzati.
Il cuore dell’archeologa cominciò a battere all’impazzata mentre lei estraeva le pistole e, con mani tremanti, le puntava contro il punto dove riteneva si nascondesse la porta, pronta a far fuoco contro chiunque l’avesse aperta.
Ma la porta non si aprì.
I tonfi arrivarono fino al pianerottolo e si fermarono. Lara caricò il colpo in canna.
Poi il buio sembrò addensarsi, farsi talmente nero da diventare luminescente, prendendo le forme e le dimensioni di una figura umana.
Lara fremette, sentendo il labbro inferiore tremare violentemente.
Infine, la strana figura di buio baluginante si addensò, diventando concreta e tangibile. Era una persona vestita di una lunga tonaca, la faccia celata da un cappuccio… e una lunga falce in mano.
“Chi… chi…” rantolò, e il suo soffio sembrava essere fatto di gelido terrore.
Lara sentì alle sue spalle un rumore sordo, e capì che a John dovevano essere mancate le gambe. Sentiva i suoi urletti terrorizzati perdersi nel buio.
Fece appello a tutto il suo autocontrollo e disse:
“Chi cerchi? Chi sei?”
L’ombra scivolò lungo il pavimento in direzione di Lara. Sembrava scrutarla attraverso l’oscurità del suo cappuccio. Si avvicinò talmente tanto che le ginocchia della ragazza dovettero lottare per non cedere a loro volta.
Per lunghi istanti i due si fissarono, Lara con le pistole puntate e l’ombra con le dita guantate che battevano sul manico della falce. Poi l’ombra girò lievemente la faccia rantolò di nuovo.
“Diciassette” disse.
Lara agì d’istinto, e con un ringhio le sparò quattro cartucce, che illuminarono con i loro flash la stanza per brevi istanti, quindi si gettò di lato con una capriola.
L’ombra indietreggiò con un urlo che ricordava il sibilo di una cesta di serpenti, e sembrò arrabbiarsi seriamente. Sollevò una mano e comandò a tutti i bracieri di accendersi: la stanza si illuminò di una luce improvvisa e infuocata. L’ombra stava guardando verso un altro punto della stanza: Lara seguì il suo sguardo e vide John, poco lontano dall’altare, rannicchiato su se stesso con la corona ancora stretta tra le mani.
“SEDICI!” gridò allora l’ombra, e si avventò contro di lei brandendo la falce.
Lara scattò in piedi e con una capriola si sottrasse al fendente; rinfoderò le pistole e afferrò uno dei bracieri, rovesciandone il contenuto sulla tonaca dell’ombra, all’altezza del petto. Questa gridò furiosamente, e così come aveva fatto poco prima per i bracieri levò una mano. La carbonella si spense, lasciando però dei buchi slabbrati sulla tonaca. Con un brivido Lara vide delle ossa attraverso la stoffa lacerata.
“DICIOTTO? VENTICINQUE? DECIDI!” Urlò l’ombra, prima di avventarsi di nuovo contro di Lara, che parò il colpo con il braciere.
“Cosa sono questi numeri? Cosa dovrei decidere?” gemette Lara nello sforzo di parare il fendente. L’ombra ringhiò, ma non le rispose.
Lara roteò allora su se stessa, facendo mancare il punto d’appoggio allo spettro, che caracollò in avanti; ma questo gesto le costò caro, perché l’ombra a sua volta roteò verso di lei e la afferrò per il collo. Il braciere cadde dalle mani di Lara con un tremendo clangore, mentre la ragazza veniva sollevata in aria.
“LARA, NO!” gridò allora John, disperato.
Lara cercava di prendere le pistole, ma la morsa di quella mano era fortissima… le si stava annebbiando la vista…le forze le stavano venendo meno…
“Dieci” disse con aria compiaciuta e definitiva l’ombra. Ma non guardava verso di Lara.
E lei allora capì.
“J…oh… n” biascicò “Il… numer… Venti… dillo…”
“Cosa?” gemette stralunato il giovane, troppo impaurito per capire.
“Venti… ripeti… dodici…diglielo, digl…”
Le braccia di Lara ricaddero a peso morto.
E forse fu per questo che John sembrò ridestarsi:
“Venti!” urlò.
L’ombra sembrò stupita da quella risposta, tanto che la stretta al collo di Lara si attenuò, e la ragazza cadde sul pavimento a peso morto, sputacchiando e ansimando.
“Venti” rispose calmo lo spettro. John guardò spaesato in direzione di Lara.
“Digli… dodici… con fermezza” ordinò Lara con la voce strozzata. John sembrava sul punto di farsela addosso.
“V… Venti…” balbettò, ma con una voce così flebile che l’ombra sembrò indignarsi. Ringhiò e brandì la falce verso di lui, fermandosi a pochi millimetri dal suo collo.
“Lara… aiut…” pianse il giovane.
Lara, barcollante, si avvicinò verso di loro e con una manata costrinse lo spettro a girarsi verso di lei.
“Venti, garantisco io” disse risoluta “È la nostra ultima offerta. Oppure prendici adesso”.
Lo spettro sembrò prendere in seria valutazione l’ultima parte di quella offerta. Il suo petto ossuto si alzò e abbassò in preda ad un respiro ansioso e iracondo.
Poi lanciò un’occhiata di fuoco alla corona d’alloro che John stringeva, e biascicò:
“E sia. Venti”.
E, così dicendo, svanì così com’era venuto.
Lara si lasciò cadere sul pavimento, esausta. Dovette trarre dei respiri profondi per tornare pienamente in sé. John tremava vistosamente.
“L… Lara… chi era quello… quella cosa?” chiese il giovane.
“Il Tristo Mietitore, suppongo” mormorò Lara, mettendosi a sedere. John si afflosciò sulle gambe.
“S… sai, Lara… non p… penso di voler più lo Sp… Spartito…”
Lara lo fulminò con lo sguardo.
“Certo!” gridò, con voce rauca “dopo che hai visto cosa ti aspetta è ovvio che non lo vuoi più, pezzo di cretino! Ma sai che c’è? Che adesso ci siamo dentro fino al collo, io e te. O troviamo quel maledetto Spartito o moriamo!”
“Cosa?” disse il ragazzo, sgranando gli occhi disperati.
Lara gli illustrò il contenuto dell’iscrizione.
“Bene, siamo ‘scesi a patti con l’una’” disse “Significa che abbiamo pattuito la nostra dannazione. Quei numeri che lo spettro ti ripeteva –Oh, sì, stupido, li ripeteva a te! Sei stato tu a prendere la corona, non io!- erano le ore che ci offriva per trovare lo Spartito. Attendeva una tua risposta per contrattare, ma se non fossi intervenuta io saremmo morti. Cosa che saremo anche se non dovessimo avere lo Spartito in mano allo scoccare della ventesima ora”.
“E lo saremo quasi di sicuro!” gemette il giovane “Lara, cosa facciamo? Non abbiamo la benché minima idea di dove possa essere lo Spartito!”
Lara si alzò in piedi e si diresse verso la porta, che si era riaperta. Il sorriso furbo le tornò a decorare il volto.
“Beh” disse “Penso che dovremo fare una visitina al Tempio sotto la Bara…”


FINE QUARTA PUNTATA

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Messaggio da Nillc »

Ehm... ragazzi, tutto ok? Non è che vi ho ipnotizzato solo parlando dello Spartito? :O_o:




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Messaggio da Blu »

:asd: .. no no, è che (almeno nel mio caso) ogni volta che finisco la puntata mi vengono da scrivere valanghe di commenti :P , ma qualcosa (o qualcuno --> leggasi boss) si mette sempre in mezzo e così si rischia di postare a puntate (quando non chiude proprio "lui" firefox perché gli serviva una cosa sul mio PC [:^] ) .. anyway, solo per quella di ieri avevo iniziato a quotare parti su parti, ma erano più i quote che il resto, così ho deciso di lasciar stare e di dire semplicemente che siete incredibili :) .. sia per la storia, che per la ricchezza di particolari e di dettagli, per le spiegazioni che riuscite a dare anche in un campo che magari non è conosciuto a tutti, per le "immagini/scene" che riuscite a dipingere (ci sono parti che vi giuro sembra letteralmente di vedere/provare leggendole), per la fantasia che c'è voluta per creare una storia così complessa ed articolata, per gli enigmi inseriti, per la trama che si fa sempre più coinvolgente, che non solo affascina, ma quasi senza accorgersene "imprigiona" al suo interno (non è che la magia/maledizione/ipnosi la state facendo voi a noi, eh :D ? ) .. insomma, questo racconto/romanzo si sta rivelando una sorpresa continua :) , sicuramente ci sono parti che avreste potuto scrivere diversamente e magari per il poco tempo non avete voluto/potuto perfezionare, ma già così vi giuro ci sono interi pezzi, intere frasi che sono mini-opere d'arte :D , quasi più quadri che parole su cart.. ehm video :)




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