Gianni si rialzò. Negli ultimi minuti era rimasto appoggiato alla scrivania, osservando Stefania che navigava nelle varie immagini memorizzate nel computer. Sentì i muscoli lamentarsi, dopo essere rimasti troppo tempo tesi. Si fregò gli occhi e cercò di fare mente locale. E per tranquillizzare la ragazza lo fece a voce alta: «Aspetta, aspetta, non saltiamo alle conclusioni. Cerchiamo di ragionare.»
Stefania non disse nulla, si limitò ad annuire lentamente.
«Innanzi tutto, potrebbero essere le prove di un film, qualcosa legato a un carcere o qualcosa del genere. E questo spiegherebbe perché non si vedono finestre. In fondo il proprietario del computer stava lavorando con una casa di produzione televisiva, quindi magari stavano preparando qualcosa del genere.»
Stefania aveva smesso di annuire. Rifletteva sulle decine di immagini che aveva visto. Tutte immobili, tutte sembravano fisse su una stanza o su un angolo. E in ognuna compariva una persona, o una parte di una persona: «Non so, non mi convince.»
«Per quale motivo?»
«Perché le immagini sono fisse. Ho provato a cliccarci sopra, ma non è successo nulla. Potevano essere degli spezzoni, ma avrei dovuto vederli in qualche modo, no? Invece niente, solo immagini fisse.»
«Magari è un tipo diverso di film, una cosa tipo reality.» Mentre lo diceva Gianni si rese conto che poteva essere benissimo così: «Ecco, un reality, con le telecamere fisse e che riprendono quello che capita, senza montaggio, senza niente.»
«Sì, questo potrebbe essere. Ma perché le immagini fisse?»
«Be', hai notato che in ognuna si vede un braccio, una gamba, una persona di schiena e cose del genere. Magari le telecamere sono impostate per registrare solo quando ci sono movimenti.»
Stefania continuava a guardare la donna e il suo urlo silenzioso: «Ma si può fare una cosa del genere?»
«Sì, è tipico delle telecamere di sorveglianza registrare solo quando ci sono movimenti. Si risparmiano tonnellate di nastro, o di memoria in questo caso.»
Stefania indicò lo schermo: «Ecco, infatti qui dice che il disco è pieno. Ma di cosa, di queste immagini?»
«Può essere.» Gianni era dubbioso, ma si stava muovendo in un campo non suo e non voleva dare false speranze. «Una cosa è sicura: qualunque sia la natura di queste immagini non sono certo in questo computerino.»
«In che senso?»
«Nel senso che se è vero che il portatile non è stato toccato negli ultimi cinque anni, e che è fermo a quattro anni e rotti fa, vuole dire che ci devono essere un po' di mesi di registrazioni, e anche se sono limitate a quando ci sono dei movimenti, dobbiamo parlare di diverse migliaia di gigabyte di roba...»
«Aspetta: diversi mesi?»
Gianni si strinse nelle spalle: «Per forza: il computer non è più stato toccato quindi già cinque anni fa era posizionato su questo programma, quindi...»
La ragazza mormorò: «Porca miseria! Cinque anni!»
Teneramente il ragazzo appoggiò la mano sulla spalla della fidanzata: «Terribile, hai ragione.» Riprese: «Comunque dicevo, il PC è vecchio di cinque anni e per quanto innovativo allora, non credo abbia la memoria necessaria per contenere tre anni di registrazioni.»
«Quindi?»
«Quindi non è questo il computer che cerchiamo, ma credo che sia in questo posto. Questo scatolino serve probabilmente solo per tenere sotto controllo il programma senza andare fisicamente nella stanza dove si trova il computer principale. E non credo che sia in giro per il mondo, ma proprio qui.»
«Dici?»
«Dico.»
Stefania si appoggiò allo schienale e sbuffò: «Porca miseria. Siamo al punto di partenza. Non abbiamo trovato il super-computer, non sappiamo chi sia questa gente, e dove si trova. Non sappiamo se sia ancora viva, non sappiamo neanche se è veramente in pericolo... non sappiamo un sacco di cose, porca vacca!» Si alzò e si diresse verso la finestra, «e per di più qui fa un caldo boia!»
«Già...» iniziò a dire Gianni, ma si interruppe quasi subito: «Aspetta: cosa hai detto?»
Stefania aveva aperto la finestra e stava aspirando l'aria fresca che entrava. Si girò a mezzo e rispose alla domanda con uno sguardo interrogativo: «Ho detto che fa caldo, ecco perché ho appena aperto la finestra...»
Gianni era rimasto folgorato da un pensiero: «Stefania, questa volta ti ho bagnato il naso» disse sorridendo.
«In che senso?»
«Nel senso che la poliziotta sei tu, ma io ho appena scoperto dove si trova il computer.»
La ragazza spalancò gli occhi. Non riusciva a capire cosa le era sfuggito: Gianni aveva capito dal fatto che faceva caldo... improvvisa arrivò la spiegazione: «Accidenti, non ci avevo pensato! Se fa così caldo, quel condizionatore che ronza lì fuori dove manda l'aria fredda?»
Gianni rise: «Esatto!»
Stefania corse verso la parete di fondo, controllando freneticamente: «Deve essere una parete finta, magari c'è qualche passaggio segreto...»
«Ehi, Agatha Christie, non ti agitare. Magari è soltanto una stanza nascosta dalle librerie: non vedi come riempiono esattamente la parete fino al soffitto? Probabilmente sono state fatte su misura. Stai buona e non cercare pulsanti nascosti o finti libri da spostare.»
I due giovani si misero davanti alla parete di fondo e l'osservarono con occhi nuovi: era composta da quattro librerie piuttosto grandi, completamente riempite di libri, sia singoli che enciclopedie. Di sfuggita Stefania pensò che per leggere tutta quella roba non le sarebbero bastate due vite. Gianni si avvicinò a osservare la giunzione tra le prima a destra e quella successiva. Lanciò un urlo di gioia: «Ecco qui! Guarda! Ci sono delle cerniere. Sono molto sottili, nascoste dentro il legno, ma sono visibili!.» Si spostò rapidamente verso la giunzione tra la prima a sinistra e la seconda. Anche lì erano presenti le cerniere.
«Quindi si apre al centro, giusto?» chiese Stefania, che di carpenteria non ne capiva un granché.
«Aspetta, fammi vedere.» Gianni infilò le mani nei due lati nascosti dai libri che componevano la giunzione centrale. La profondità non era enorme, circa una trentina di centimetri, giusto lo spazio per un libro di medie dimensioni.
«Trovato. Ci sono delle rientranze a mezzaluna: si direbbe delle specie di maniglie. Provo a tirare.» Puntò il piede, e con un lieve sbuffo le due librerie iniziarono ad aprirsi come una specie di armadio.
«Aspetta, ti aiuto» disse Stefania. Si pose di fianco al ragazzo e tirò a sua volta.
Con lentezza le due pareti si aprirono, producendo un lieve rumore metallico.
Nella luce proveniente dallo studio, era visibile una piccola stanza, con una specie di scatola metallica al centro. Da sinistra arrivava uno sbuffo di aria fresca, proveniente dal condizionatore che aveva aiutato a risolvere il problema. Sul piccolo schermo era presente l'ultima immagine che il sistema aveva registrato, il viso della donna che imitava inconsciamente l'urlo di Munch, e la frase sconnessa che aveva scritto probabilmente su una tastiera, a giudicare dagli spazi irregolari tra le parole.
Al centro continuava a lampeggiare la domanda di sistema:
Codice: Seleziona tutto
9998 – Disco pieno, si desidera eseguire un wrap?
Poi si rivolse verso la ragazza: «E adesso?»
Stefania rispose senza staccare gli occhi dalla computer: «Adesso dobbiamo trovare un sistema per scaricare tutti i dati che stanno nella pancia di questa scatola. Voglio vedere tutti i video che sono memorizzati.»