14. Genio e sregolatezza
Mario aprì il grosso armadio metallico.
L'interno dell'enorme contenitore era completamente invaso da decine e decine di oggetti simili a quello che aveva nella mano sinistra, un piccolo parallelepipedo metallico delle dimensioni di un piccolo libro.
Provò a spostarne alcuni per aprire un varco, ma non ci fu verso di creare uno spazio sufficiente.
Sbuffò: «Ma porca miseria ladra! Prima o poi dovrò fare pulizia qui dentro. Appena ho un mese di tempo lo faccio...»
Soppesò ancora l'oggetto, lo girò a destra e a sinistra un po' di volte, provando a inserirlo in alcuni buchi che apparivano promettenti, ogni volta rimanendo deluso quando scopriva che per pochi millimetri non era possibile posizionarlo.
Proruppe in un'imprecazione piuttosto arzigogolata, che si riferiva ad alcuni santi meno noti. Esasperato dalla mancanza di spazio prelevò un paio di hard disk da una posizione piuttosto scomoda, piroettando sulle punte dei piedi e allungando il braccio; sui lati dei due oggetti era presente una data di circa otto anni prima: «Ma porca schifa! Eccovi qui! Saranno sei mesi che vi cerco!»
Completamente preso dal ritrovamento, mise il piccolo disco fisso da due terabyte che conteneva i dati prelevati nel computer di casa Fantini nello spazio lasciato da quelli tolti, senza accorgersi che la scritta "Stefania" si era parzialmente cancellata per colpa del sudore della mano".
E che non era comunque visibile, poiché l'aveva inserito al contrario.
Andò alla sua scrivania, completamente ingombra di ogni tipo di oggetto anche solo vagamente inerente all'elettronica, dal saldatore a un numero imprecisato di condensatori piuttosto grossi. Spostò un voluminoso plico di fogli tenuti insieme alla bell'e meglio da uno spago dall'improbabile colore rosa, e spostò un piccolo contenitore di materiale plastico dal quale si sviluppava un lungo cavo che finiva dentro uno dei numerosi computer presenti nella stanza. Sulla parte superiore del contenitore infilò il primo dei due hard disk che aveva recuperato nell'armadio, e quasi immediatamente sul video alla sua destra comparve un'icona a forma di contenitore metallico.
Sorridendo prese il mouse e spostò il cursore sopra l'icona, cliccò due volte e prese a controllare il contenuto, composto da qualche centinaio di cartelle dai nomi più disparati.
Cercò per alcuni minuti fino a quando non trovò il documento che stava cercando e che aprì innalzando lodi al Santo Patrono degli informatici, che non aveva idea di chi fosse.
Il documento impiegò due secondi più del solitò ad aprirsi e questo irritò il tecnico che, istintivamente, osservò in basso a destra dello schermo, nella zona dove aveva fatto confluire tutti gli indicatori di avviso.
E vide che c'era qualcosa di strano.
Tra le varie lucine che lampeggiavano a intervalli più o meno regolari, una, di colore arancione e sormontata dalla dicitura “www”, attrasse la sua attenzione. Passò sopra il cursore e immediatamente apparve una piccola finestra simile a un fumetto con la scritta:
“Check Agent: possibile tentativo di intrusione via DOS”
Ad alta voce disse: «Un
Denial Of Service(Negazione del servizio: sistema di hacking che si basa sul richiedere continuamente un servizio che viene negato, in modo da occupare inutilmente un server)? Strano, non si usa quasi più come sistema di rompimento di scatole...»
Chiuse la piccola finestra e aprì la cartella con lo storico dei messaggi del suo server web, quello che conteneva il suo sito Internet. Osservò per qualche secondo alla ricerca dei messaggi di errore, ma trovò solo una serie ossessiva di richieste di “ping”, il sistema universale per vedere se un indirizzo IP era presente sulla rete.
«Strano...» si disse ancora ad alta voce.
Osservò i tempi di risposta, più che accettabili visto che il richiedente era sicuramente su rete geografica.
«Ma chi cavolo sarà sto imbecille...?» Lanciò alcuni comandi per capire la provenienza dei messaggi e ne ricavò un indirizzo IP che gli diceva ben poco.
Armeggiò sulla tastiera e attese per qualche secondo. Con una fluida e rapida animazione sullo schermo si aprì una finestra all'interno della quale la scritta “chiamata in esecuzione” lampeggiava dolcemente. Dopo pochi secondi che a Mario sembrarono interminabili, sullo schermo comparve un viso rotondo e simpatico, appena sporcato da un accenno di barba: «Hola, Cesco, tutto bene?»
«Ma cosa cavolo vuoi a quest ora?» rispose piccato Cesco.
«Hai ragione, ma volevo una tua opinione: guarda un po' sta roba che mi sta arrivando da una mezz'ora e dimmi cosa ne pensi» dicendo questo Mario inviò il file dove aveva salvato lo storico delle chiamate ricevute.
Il volto nello schermo spostò la sua attenzione di lato e lesse per alcuni secondi.
«Strane...»
«Vero? L'ho pensato anche io.»
«Sembrano cicliche: cinquanta, no, aspetta... quarantanove richieste, poi tre secondi e altre quarantanove.»
Mario assentì con la testa: «Vero me n'ero accorto... »
«C'è un'altra cosa curiosa... hai notato le dimensioni dei pacchetti?»
«Cioè?»
«Di solito quando si lancia un comando ping, vengono inviati pacchetti di 64 byte vuoti, mentre qui sono tutti diversi e... aspetta che controllo, ecco, anche le dimensioni sono cicliche.»
Mario osservò la dimensione dei pacchetti: «Dimensioni diverse? Non me n'ero accorto...»
Si segnò le dimensioni dei pacchetti inviati: 83, 79, 78, 79, 32, 83, 84, 69, 70, 65, 78, 73, 65...
Poi tre secondi di pausa e di nuovo i quarantanove numeri.
“Che strana sequenza” pensò. C'erano cifre ripetute e la più alta era la 85. Potevano essere parole?
Cesco continuò: «Il primo numero ci dà diverse indicazioni: prima di tutto essendo 83 non può essere in notazione ottale, perché lì non esiste il simbolo per il numero 8. Poi non credo che sia esadecimale, perché con i numeri non si possono riprodurre le lettere che servono... secondo me sono semplici numeri in decimale...»
«Uhm, e se fosse...?» Era una delle caratteristiche di Mario di non terminare mai le frasi. Aprì una pagina sulla quale era riportata una tabella il cui titolo era “
Codici Ascii” e iniziò a consultarla freneticamente borbottando: «Vediamo: 83 corrisponde a “S”, 79 corrisponde a “O”, 78 a “N” e 79 di nuovo a “O”. Poi c'è il 32 che corrisponde a... uno spazio!»
Dopo pochi minuti di lavoro, il messaggio, chiarissimo, era davanti ai suoi occhi. Girò il foglietto verso lo schermo e Cesco impallidì visibilmente: «Mario, ma in che guaio ti sei ficcato?»
«Non lo so, ma sarà meglio che mi sbrighi. Ciao Cesco, ti faccio sapere» e chiuse la comunicazione. Aprì il collegamento alla pagina della Polizia di Stato e trovò il numero che cercava. Lo compose e si mise in attesa. Mentre aspettava la comunicazione, rilesse ancora una volta il biglietto sul quale aveva appuntato i numeri e la loro decodifica, chiarissima nel suo significato e nella sua urgenza, meno chiara nell'errore:
SONO STEFANIA CHIAMA AGENTE CONTE CUESTURA TORINO.