[Romanzo] Dove la notte (a capo) inizia

Voi vivreste nel buio?

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overhill
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Messaggio da overhill »

8. La cella numero due

Gianluca oltrepassò il Soggiorno notando di sfuggita due presenze su uno dei divani, ma non si curò di chi fosse. Era molto preoccupato per l'allarme della Cella 2, e per il rischio di danneggiare del cibo.
Andò deciso verso l'Officina.
Entrò, e stava per chiamare ad alta voce Luca, quando vide che la stanza era deserta. Nell'angolo a sinistra una porta conduceva al Magazzino Attrezzeria. Ci andò decisamente ma anche lì non trovò nessuno.
Stava per uscire quando udì un rumore metallico, ritmico.
Ripensò alle scale che avevano percorso quando erano arrivati nell'Edificio Principale e comprese che qualcuno stava scendendole, a giudicare dal suono che sembrava decisamente affievolirsi a ogni colpo.
Uscì dall'Officina e andò deciso verso il vano scale. Senza pensarci iniziò a scendere cercando di non fare rumore. Per qualche motivo che non riusciva a spiegarsi preferiva non essere sentito.
Scese di un paio di rampe e davanti alla porta della Zona Notte si fermò a riflettere. Altre scale scendevano, ma non era sicuro che la persona che le aveva percorse prima e di cui aveva sentito i passi fosse entrato qui.
La risposta venne dal piano inferiore, dove un rumore sbuffante, uguale a quello di ogni altra e per questo ormai familiare, indicava la chiusura di una porta.
Scese altre due rampe, sempre attento a non fare troppo rumore. Arrivò davanti a una porta che conduceva alla Zona Magazzini. Entrò giusto in tempo per vedere la porta in fondo che si chiudeva.
Percorse rapidamente il corridoio e si fermò davanti alla porta al fondo. Non poteva vedere nulla, e non sapeva cosa ci fosse di là. Indeciso sul da farsi rimase qualche secondo ad aspettare, fino a quando un altro rumore familiare lo riscosse: una porta si stava aprendo nell'altra stanza, e non molto lontana, a giudicare dalla intensità del suono.
Aspettò qualche secondo poi, nel momento stesso in cui sentì la porta chiudersi, aprì quella dietro la quale stava acquattato. Il piccolo locale nel quale entrò sembrava un corridoio appena più largo di quello che aveva appena percorso.
Due porte con due cartelli.
“Eccola qui la Cella 2” si disse con un vago senso di trionfo. Pensò per un attimo alla presenza che lo aveva preceduto, ma non era possibile che fosse legata al problema della Cella 2, perché quando era passato di lì l'allarme era in azione da diverso tempo.
Si avvicinò alla piccola finestra quadrata che permetteva di osservare l'interno della cella. Non sembrava esserci nulla di strano, se non le strisciate nella parte interna del vetro, che sembravano essere state fatte da qualcuno che cercava, con il palmo della mano, di ripulire per poter vedere.
Si avvicinò a pochi centimetri dal vetro.
In quel momento una mano dall'interno si abbatté sulla spessa lastra trasparente, ricavando un rumore sordo.
Gianluca fece un salto indietro ed emise un piccolo grido.
“Cristo! Ma chi...?” si domandò. Tirò la maniglia e aprì la porta.
Barbara gli rovinò addosso, tremando dal freddo e dal panico, mormorando parole sconnesse: «La porta... Rambo...».
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overhill
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Messaggio da overhill »

Capitolo breve, nevvero?
Be', domani vi metto il successivo, così ci mettiamo in pari ;)
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bashira
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Messaggio da bashira »

Adesso vado a prendere a scuola Sara e come sempre, poichè mi anticipo per trovare parcheggio :asd: , mi porto dietro la lettura da fare nell'attesa che suoni la campanella , così mi metto in pari leggendo i cap 6. 7 e il cap 8 di questa seconda parte ( quello che hai pubblicato stamattina :D ) . Bella la parte del primo pranzo . Come mai Beatrice ad un certo punto sparisce? e come mai Mariano si trova un bel piatto di spaghetti in camera? Chi glielo avrà portato? che le due cose siano legate tra loro? Chi lo sa? asd..

Comunque, in quel bunker, sto cominciando a soffrire di claustrofobia . :D

MI è piaciuta tantissimo la descrizione del comportamento dei concorrenti nelle loro camere, coi pensieri e le azioni legati a filo continuo, nel passaggio da un personaggio all'altro:
«Bah» disse ad alta voce, poi continuò a riflettere. Nel frattempo continuava a mettere le sue cose nell'armadio, senza alcun ordine.
...
Le camicie, in ordine di colore: le scure a sinistra, le chiare a destra, e in mezzo quelle intermedie. In ordine, così.
----

Si fermò per un istante. Si avvicinò maggiormente alla gamba perfettamente liscia di un pantalone. Quasi perfettamente.
Maledizione, lo sapevo: una piega!
...
Cazzo, una ruga!

---

Bah, cavoli suoi. Aveva chiesto, lei aveva detto di no... quindi tutto a posto, no?
Lui il gesto l'aveva fatto.
...
Un bel gesto aveva fatto quel ragazzone. Bei muscoli.

Davvero efficace. Bravo :D




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overhill
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Messaggio da overhill »

Sì, anche a me piace quel capitolo. Non sapevo come mostrare i pensieri dei dieci, e con quel "escamotage" penso di aver fatto un buon lavoro :)

Tra l'altro dimenticavo di dirti (e dirvi) che ho portato anche il manoscritto di questo romanzo dall'Editore. Spero piaccia anche questo :)
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Blu
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Messaggio da Blu »

Sicuramente li terrà col fiato sospeso fino alla fine :D (dita incrociate ;) )




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overhill
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Messaggio da overhill »

9. Accusa e difesa

Beatrice si risvegliò da un sonno profondo e ristoratore.
All'inizio si era preoccupata di non riuscire a prendere sonno, ma il letto era decisamente comodo, rigido il giusto e non troppo alto da terra, il che sarebbe stato un grave inconveniente per lei, che non era decisamente “sua altezza”.
Sorridendo si alzò e andò allo specchio, dandosi uno sguardo benevolo: «Buongiorno, signora. O buonanotte, non saprei.»
Rise alla battuta. Si fermò interdetta: sicuramente era ripresa in quel momento da qualche telecamera, non sapeva neanche da quante, e chissà che figura ci faceva a ridere da sola. Ci pensò su un attimo, poi decise che non poteva passare tre mesi, o quello che le avrebbero concesso, continuamente sul chi vive, quindi era meglio rilassarsi. Se ci si riusciva, ovviamente.
Si guardò ancora nello specchio, e si disse: «Cara signora, la avverto che ridere e parlare da sola è segno di senilità...»
Rise ancora. Prese un asciugamano e indossò un accappatoio, e uscì dalla stanza, la numero 9, diretta ai bagni femminili, i più vicini. In realtà i bagni erano speculari agli altri, come aveva avuto modo di controllare appena arrivata, ma questi le sembravano più comodi, perché erano «in fondo a destra», come si usava ai suoi tempi.
Sorrise ancora e con quel sorriso si lavò e si asciugò. Tornò in camera e si vestì con cura.
Mentre saliva con qualche fatica il grande scalone che conduceva alla zona superiore, udì alcune voci piuttosto alterate, a quanto le parve.
“Ma cosa è successo mentre dormivo?” si chiese mentre cercava di capire da dove venissero le voci. Decisamente dal salone.
La voce che stava rombando in quel momento stava urlando forsennatamente: «E' inutile insistere: non ti ho vista!» disse queste ultime quattro parole marcandole come se ci fosse un trattino, o un punto, tra una e l'altra.
Beatrice entrò nel Salone. Erano tutti vicini al centro della stanza, sparsi sui vari divani. Da una parte il militare, Luca, le pareva, che era stato l'ultimo a parlare; in realtà a urlare. Davanti a lui, ad alcuni metri c'erano quella ragazza carina, come si chiamava? Ah, sì, Barbara e Gianluca, quello che aveva sparecchiato, con una faccia decisamente adirata.
Da un lato la ragazza fumatrice e il ragazzo un po' sovrappeso, Francesca e Mauro, sembravano avere un'aria triste e colpevole.
Gli altri quattro erano sparpagliati in giro e non partecipavano direttamente, ma sembravano tutti molto interessati e preoccupati.
Beatrice si avvicinò a Paola, che le sembrava avesse l'aria più tranquilla: «Scusa, ma cosa è successo?»
Paola si girò a mezzo per sorridere alla donna, che le faceva simpatia, poi tornò a seguire l'incontro spiegando a mezza voce: «C'è stato un po' di casino. Barbara è rimasta chiusa in una cella frigorifera, ce ne sono due al piano di sotto...»
«Piano di sotto? Non sapevo ci fosse un altro piano sotto.»
«Sì, l'abbiamo scoperto per caso. Comunque Barbara sostiene che Luca l'ha chiusa dentro, perché l'ha visto allontanarsi dopo che era rimasta dentro; Gianluca, che l'ha liberata, è convinto che abbia ragione, perché ha sentito qualcuno muoversi prima di lui nella zona delle celle, e non ha trovato Luca in Officina, dove avrebbe dovuto essere. Luca sostiene che è passato dalle celle perché aveva sentito qualcuno muoversi da quelle parti, ma che non aveva notato che ci fosse qualcuno in una delle due celle, anche perché hanno delle finestre di controllo piuttosto piccole. Sostiene anche di essere passato davanti a Mauro e Francesca, ma loro non ricordano chi sia passato, ma solo che qualcuno è passato, perché erano impegnati in una discussione.»
Beatrice spalancò gli occhi: «Accidenti, che pasticcio. A saperlo che c'era in programma una telenovela non andavo a dormire. A proposito, sai mica dirmi quanto ho dormito?»
Paola fece una smorfia: «Uhm, è difficile da dire. Dopo il pranzo io sono andata in Infermeria e ci sono stata per tutto il tempo fino a quando non sono cominciate le urla, e non so di preciso quanto tempo è passato. A naso potrei risponderti circa tre ore o forse quattro.» Allargò le braccia in segno di impotenza e aggiunse: «Ma potrebbero anche essere cinque.»
Beatrice sorrise: «Vero, è difficile calcolare il tempo. Poi senza avere il riferimento del sole...»
Francesca disse con aria meditabonda: «Uhm, non ci siamo coi tempi.»
«Quali tempi?» chiese Giorgio.
La ragazza cominciò lentamente il suo ragionamento: «Barbara scende le scale e entra nel corridoio che porta alla stanza dove siamo adesso. Luca doveva essere subito dietro di lei per poter chiudere la porta della Cella. Ma non quadra con l'allarme che Gianluca ha visto, perché solo dopo che l'allarme è scattato, e quindi dopo che Barbara è entrata nella cella, lui ha deciso di venire a controllare. Ha percorso tutta la cucina, tutta la sala da pranzo, tutto il salone centrale, tutto il soggiorno impiegando almeno un paio di minuti e passando davanti a Mauro e Francesca. Qui non ha trovato Luca, ma ha sentito i suoi passi che scendevano le scale. Addirittura quando è arrivato davanti alla porta del piano meno uno ha sentito la porta del piano inferiore che si chiudeva, cosa che avviene normalmente dopo circa cinque secondi automaticamente...»
Gianluca provò a interloquire: «Ma tu come fai a sapere che...»
Mauro, che aveva seguito le parole della ragazza, sorrise e fece un gesto con le due mani, a tranquillizzare il ragazzo e disse: «Fidati: se Francesca dice cinque secondi puoi scommetterci il collo che sono esattamente cinque secondi.»
Francesca sorrise e continuò: «Quindi facendo dei calcoli a braccio, possiamo arrivare a Luca che arriva nella zona delle Celle qualcosa come tre minuti e mezzo o quattro dopo che Barbara aveva aperto la porta della Cella, azionando l'allarme che Gianluca aveva visto. Adesso, Barbara, dopo quanto tempo la porta si è chiusa dietro di te?»
Barbara non rispose subito. Sbuffò dal naso e incrociò le braccia: «Ma cosa vuoi che ne sappia, mi sono talmente spaventata...»
«Va be' dai, fai una stima: cinque secondi, dieci secondi, mezzo minuto, UN minuto» Francesca marcò in modo involontariamente comico la parola UN.
Barbara fece un gesto come di concessione: «Più o meno...»
«Più o meno?»
«Uffa! Ma io l'ho visto che se ne andava!» sbottò Barbara.
Giorgio intervenne: «A questo punto direi che il racconto di Luca sta in piedi. Probabilmente in quel momento non stavi allo spioncino della Cella e lui non ti ha vista, e mentre se ne andava tu ti sei avvicinata e l'hai visto, immaginando il resto.»
«C'è un'altra cosa» disse Francesca. «Se veramente fosse stato Luca, perché avrebbe dovuto proseguire nel secondo corridoio, rischiando di venire visto, quando sa benissimo di avere un comodo accesso alle scale dalla sua Officina?»
«Giusto» disse Mauro.
Emilio batté le mani, esclamando: «Va bene, signori e signore, direi che per essere il primo, o secondo, non ne sono proprio sicuro, giorno abbiamo avuto le nostre belle emozioni. Il caso è chiuso, e dichiariamo l'imputato, se non innocente, almeno non colpevole.»
Ci fu una risata dalla maggior parte delle persone, tranne da Barbara per ovvi motivi, e da Gianluca che ormai era convinto della colpevolezza del suo quasi omonimo. Mauro era indeciso sul da farsi, ma lo show di Francesca gli era piaciuto molto e aveva aumentato l'attrazione che provava per questa ragazza molto più carina e intelligente di quanto lei stessa non sospettasse.
La compagnia si sciolse.
Paola invece rimase seduta su un divano: sembrava riflettere su qualcosa.
Giorgio le si avvicinò: «Un soldino per i tuoi pensieri, Doc.»
La donna non si rese subito conto che l'uomo stava parlando con lei. Quando se ne avvide, sorrise e rispose: «Ah, sì, Doc: dimenticavo che io sono Doc...»
«Sì, e io sono Boss. Un tipo strano quell'Emilio, vero? Tra l'altro non si è trovato un nome per sé stesso, dovremo ricordarglielo prima o poi.»
«Già.»
«Stavo dicendo che ti ho vista pensierosa: qualcosa non va?»
«No, no tutto bene, ma mi è venuto un dubbio.»
Giorgio assunse un'espressione comicamente stupita: «Un altro? Oggi è la giornata dei dubbi.» Dopo una breve pausa continuò «Be', giornata o quello che è: qui non si capisce niente...»
«Vero. Comunque, ti dicevo del mio dubbio: per lavoro io ho spesso a che fare con frigoriferi abbastanza grandi da contenere persone, e tutti quelli che ho visto hanno un meccanismo che permetta di uscire se si rimane chiusi dentro.»
Giorgio era interessato. La donna aveva accennato al suo lavoro, ma senza specificare nulla. Tornò a seguire quello che stava dicendo.
«Ti va di accompagnarmi a dare uno sguardo?»
«Ben volentieri, Doc; spero solo che nessuno ci veda, se no cominceranno a sparlare...»
Paola rispose con aria fintamente seria: «Di cosa?»
L'uomo non ebbe nessuna esitazione, aveva troppa esperienza di situazioni simili: «Di accoppiamenti selvaggi nella cella frigorifera, ovviamente, ma non ti preoccupare: io non ci provo mai prima del secondo appuntamento.»
«Bene, allora farò in modo da non darti un secondo appuntamento.»
Risero entrambi, incamminandosi verso l'Officina per raggiungere le scale.
Impiegarono pochi minuti per scendere al secondo piano sotterraneo, durante i quali non parlarono, non avrebbero saputo dire se il motivo era la riservatezza o l'atmosfera che l'ambiente procurava.
Davanti alla porta della Cella 2 si fermarono un attimo.
Paola mise la mano sulla maniglia e Giorgio subito disse: «Io resto fuori: non si sa mai.»
«Uhm, secondo me è inutile, ma se preferisci fai pure.»
La donna tirò la maniglia e aprì la porta, mise la testa dentro, guardando a destra e a sinistra. Borbottò qualcosa tra sé sorridendo, entrò e richiuse la porta.
Giorgio ebbe uno dei pochi momenti di indecisione: doveva accorrere per aprire subito oppure aspettare? Decise di dare ancora qualche secondo e poi...
Un rumore metallico improvviso fece sobbalzare l'uomo. Immediatamente dopo la porta si aprì verso l'esterno e Paola uscì, lasciando ancora un piccolo sbuffo di fiato dietro di sé.
Sorrideva: «Hai visto? Avevo ragione: vieni a vedere.»
«Sicura?»
«Sicura.»
Giorgio entrò nella Cella 2 seguendo la donna, che si scostò per farlo entrare e poi richiuse la porta dietro di loro. All'uomo sembrò che i quattro gradi sotto zero, che già sarebbero stati sufficienti per battere i denti, fossero in realtà molti di meno.
«Vedi?» disse Paola indicando un grosso cartello sopra un interruttore.
La piastra sembrava metallica, ed era di un intenso colore rosso. Centrate rispetto alle dimensioni della placca tre righe con caratteri verdi indicavano lo scopo dell'interruttore.

[center]Apertura di emergenza
premere il pulsante
per sbloccare la porta[/center]


I caratteri sembravano ondeggiare sopra il cartello a causa dell'interferenza tra i due colori così vivi. Giorgio era leggermente nauseato dall'effetto sinuoso, come se si fosse trovato su una barca piccola su un mare appena mosso. Era praticamente impossibile non vedere quel cartello, era stato evidentemente studiato proprio per essere visibile, addirittura per attirare lo sguardo.
Iniziò a esprimere il proprio dubbio ad alta voce: «Ma come diavolo ha fatto Barbara...?»
Paola terminò la frase «... a non vederlo? Bella domanda, Boss. Ma credo di avere una risposta convincente.»
Giorgio fece un sorrisino; gli piaceva quella donna, era intelligente e simpatica, e non sapeva quale fosse la caratteristica più lo attirava: «Sono piuttosto curioso di saperla, Doc.»
«Daltonismo» disse Paola semplicemente.
Giorgio assunse un'espressione poco convinta: «Ma scusa, se Barbara fosse daltonica avrebbe semplicemente visto il verde rosso e il rosso verde, no? Avrebbe comunque letto il cartello.»
Paola sorrise, scuotendo la testa: «E' un errore piuttosto comune, Boss. Quando si dice che il daltonico confonde il rosso e il verde, non si vuole dire che si vedono i colori invertiti, ma che entrambi si vedono, o meglio non si vedono, dello stesso colore, ossia il grigio. Quindi per Barbara questo era un semplice cartello grigio. Forse, se non fosse stata agitata e si fosse fermata a guardare bene, avrebbe potuto notare delle piccole differenze, sufficienti per leggere quello che il cartello diceva, ma nelle condizioni in cui si trovava, nel panico completo e al gelo, penso sia piuttosto normale che si sia limitata a battere contro il vetro.»
Giorgio sorrise: «Bene direi che questo spiega tutto. Però adesso usciamo che mi sta venendo un solenne raffreddore.»
Paola premette il pulsante e immediatamente si udì il rumore che indicava il distacco della serratura elettrica.
Giorgio sospirò: «Meno male, avevo paura di dover restare con te chiuso qui dentro. Anche se paura è una parola grossa.»
Paola sorrise e non rispose.
I due uscirono nel disimpegno davanti alle due celle frigorifere e imboccarono il corridoio di destra, che conduceva verso l'Officina.
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Messaggio da doppiaelle »

Ho ripreso oggi la lettura e.... sono arrivata un'altra volta da Stefania e Gianni......

minziga Mario, tu ai personaggi non mi ci fai neanche affezionare che... :X :X :D :D




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Messaggio da overhill »

Muta! :asd:
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Messaggio da bashira »

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Messaggio da doppiaelle »

Più muta di un pesce sono :X :X :X

intanto ho finito il racconto :cry: :cry: ..... bastardi dentro alla riscossa 8)




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Messaggio da overhill »

Eh eh... in effetti rimane un po', come dire, "sospeso", con qualche punto interrogativo...
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Messaggio da Blu »

Più di qualche [:^] .. più che altro resta addosso un'Ansia pazzesca :P , ma confidiamo tutti in Mario :D (non ho detto niente eh :P )




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Messaggio da overhill »

Effettivamente... :asd:

Ma tu dici che un ultimo capitoletto di "spiegazione/maggiore confusione" incentrato proprio su quel personaggio lì sarebbe una buona idea? :)
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Messaggio da Blu »

Non saprei :) .. nel senso che "fisicamente" ne avremmo bisogno (per non restare totalmente nel panico :asd: ), e non mi dispiacerebbe che ci fosse qualche parte in più sul personaggio, solo che non so se alla fine o all'interno :) , in fondo la sensazione che lascia la parola FINE in "quel" momento è molto cinematografica/teatrale :) , volendo ognuno può immaginarsi il proprio finale, chi nel bene e chi nel male (giusto per non anticipare nulla a chi deve ancora arrivarci :P :D ), per cui davvero non saprei se dare altre spiegazioni e/o aggiungere confusione :) , in fondo conosciamo la testardaggine e tenacia di Federica e l'efficienza di Mario 13_49 .. tu cosa avevi in mente?


PS: Mario comunque è un personaggio che "funziona", magari potrebbe tornare in altri racconti/romanzi come accaduto all'inizio per tanti altri che abbiamo conosciuto nelle avventure di Polloni :) (pensa se incontrasse Marotta :D )




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Messaggio da overhill »

Accidenti, e chi li spegnerebbe più quei due?! :asd:

Comunque l'idea di aggiungere uno o due mini capitoli di "epilogo" ce l'ho da diverso tempo: uno potrebbe essere suual persona di cui stiamo parlando e l'altro su Federica... e quello di Mario in parte l'ho già anche in testa... una cosa come questa:

► Mostra testo
Voilà, un capitolo "live" :D
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