Prende piede da un mito greco, e sono riuscito a concentrare più o meno tutto ciò che volevo dire in 3500 battute Sono graditi, come sempre, commenti, critiche e quant'altro
“Maestro Sileno” chiese improvvisamente il giovane “Perché gli uomini si fanno la guerra?”
Il vecchio alzò lo sguardo dal pesante volume che stava leggendo assieme al suo discepolo, e sospirò.
Cinto nel colonnato di quel giardino rigoglioso, il mondo sembrava un posto tranquillo, innocuo; eppure i dolorosi echi delle guerre che stavano lacerando l’Attica, il Peloponneso e le terre tutto d’intorno salivano al cielo, tingendolo di un rosso timore. Il ragazzo doveva esser stato spaventato da un alto grido di morte che si era levato poco prima, proveniente da chissà quale campo di battaglia.
“Perché” spiegò Sileno dopo una lunga pausa “spesso gli uomini dimenticano come si fa a star bene insieme… e dunque si fanno guerra”.
I due si guardarono. Il vecchio sembrava rassegnato; al contrario, il ragazzo pareva non poter soccombere alla mestizia di una tale idea.
“Allora” bofonchiò, perso nei suoi pensieri “anch’io farò una guerra”.
“Questa è buona!” lo canzonò Sileno, arricciandosi la lunga barba bianca “Proprio tu, che odi la violenza e che brami la pace più d’ogni altra cosa!”
“Ma, maestro!” obiettò il discepolo “La mia sarà una guerra diversa da tutte le altre. Si immagini, maestro: gli uomini si ritroveranno tutti insieme, non ad un fronte ma davanti ad una tavola imbandita di ottimo cibo… e, invece di combattere, mangeranno, scherzeranno e rideranno. Non ci sarà odio, tra loro, ma si farà l’amore dall’alba al tramonto. Non ci sarà pianto e disperazione, ma felicità e risate. Non armi, ma arpe e cetre ci saranno. E, quando tutto sarà finito, si leggerà non una lista di morti, ma poesie e scherzosi sonetti. La mia guerra non dovrà disgiungere, ma unire”.
Il maestro lo guardava sornione. Le orecchie d’asino, che gli spuntavano dalla canuta capigliatura, fremevano.
“Dimentichi il sangue” rise poi “Non c’è guerra, se non si sparge del sangue”.
Sotto i suoi bei riccioli color del grano, gli occhi del ragazzo apparvero pensierosi. Poi, come fulminato da un’improvvisa e geniale idea, sorrise. Corse in un angolo del giardino, dove veniva coltivata una magnifica vite, e ne tornò portando tra le mani diversi grappoli di uva rossa; separò gli acini dai raspi, li adagiò in una coppa e cominciò a premere con le dita. Gocce rosse schizzarono dall’orlo del calice e gli sporcarono le mani, il bel volto imberbe e la corta tunica.
“Ecco!” disse poi, quand’ebbe finito, porgendo la coppa al suo maestro. Al suo interno, il vecchio vide un liquido del tutto simile al sangue, ma olezzante di un odore acre e dolciastro.
“Questo sarà il sangue che verrà sparso nel corso della mia guerra” sorrise dolcemente il ragazzo “Verrà stillato da mille e mille botti; gli uomini, assetati di vita come in guerra lo sono di morte, ne berranno calici in gran quantità… e lo spargimento di questo sangue non causerà loro dolore, ma un’ebbrezza leggera e allegra, che li farà danzare tutti insieme, al suono delle loro risate e della loro unione. Questo è sangue di gioia, maestro!”
Sileno lo guardò stupito e divertito.
“Sei un bravo ragazzo, discepolo mio” disse “E i tuoi sogni sono i sogni di un puro di cuore, di un uomo buono… ma purtroppo essi restano sogni, e tu resti uomo. Dovresti essere un dio perché diventino realtà”.
“Niente impedisce che lo diventi, un giorno” scherzò il ragazzo; un’ombra di tristezza, tuttavia, gli oscurava già il volto.
“Sono certo che la tua guerra avrà luogo, prima o poi” lo consolò il vecchio “Ma per essere un dio, devi prima essere un uomo. E la tua preparazione, di questo passo, non terminerà nemmeno tra dieci anni! Suvvia, non indugiamo: è l’ora di riprendere i tuoi studi di retorica, mio Dioniso”.
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