Continua la pubblicazione dei racconti in concorso Nel terzo racconto, Lara è alle prese con un'antica leggenda irlandese...
Anche in questo caso il racconto verrà pubblicato in due puntate tra oggi e domani
Vi ricordo che su questo topic potrete esprimere i vostri commenti e le ipotesi su chi sia l'autore; potete votare il racconto mandando un pm a me, Blu o Overhill esprimendo un voto da 1 a 10 per ognuno dei seguenti paramentri:
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Come sempre... BUONA LETTURA!
Le Mele d'Oro
Un rumore sordo, come di un meccanismo che si stava bloccando, e alla fine il buio più totale.
La luce di un piccolo bengala illuminò quello spazio stretto e tetro per mostrare nuda roccia lungo tutte le pareti della stanza e l’unica porta che esisteva prima era ormai sigillata da un enorme masso da chissà quante tonnellate.
“Come ho fatto a finire bloccata qui dentro? Dannazione! C’è sempre una via d’uscita. Deve esserci per forza!”
La lunga treccia che le cadeva dietro le spalle, i suoi pantaloncini corti e la maglietta aderente, il suo zainetto pieno di oggetti strani e miracolosi: quella rimasta imprigionata era per forza la fantastica archeologa dell’impossibile, Lara Croft.
“Vediamo di ricapitolare quello che è successo. Forse riesco a trovare il modo di uscire da qui.”
Tutto era cominciato una settimana prima..
La porta si spalancò di colpo e un uomo entrò sbraitando nello studio di Lara. “Sono settimane che cerco di contattarla! Ora lei mi starà a sentire bene! Voglio che accetti l’incarico che le ho affidato miss Croft. Anzi, lo ESIGO!! Lei è l’unica in grado di scoprire qualcosa di più sul castello che ho ereditato. E deve assolutamente farmi sapere se scoprirà qualcosa di interessante. La pagherò qualsiasi cifra, ma deve essere lei a indagare. Il casato Mac Keeran pretende solo il meglio.”.
Era un uomo non molto alto, con dei folti baffi dello stesso colore rossastro dei capelli. Nonostante la voce gracchiante si poteva sentire un accento tipicamente irlandese, senza la minima possibilità di errore. Sguardo arcigno e piccole mani che agitava freneticamente mentre continuava a sbraitare.
“Sì, ho ricevuto la sua comunicazione solo pochi giorni fa. Mi spieghi meglio cosa dovrei cercare in questo castello. Qualche problema di fantasmi?” il tono ironico con cui Lara pronunciò le ultime parole non venne avvertito dal suo ospite. Ma la parola fantasma sembrò invece indurre in lui un piccolo brivido.
“Si tratta di un manoscritto molto antico. Pare che sia stato donato da dei monaci al casato di Lady Wynne nel quindicesimo secolo. È un libro di stupide leggende, ma di immenso valore perché rilegato in una copertina completamente in oro. È andato smarrito e nessuno sa che fine abbia fatto, finora. Ho rinvenuto un diario in cui si narra dell’esistenza di questo libro e del luogo in cui sia nascosto: il castello dei Keeran appunto. Pare che Lady Wynne si sposò con il capostipite della dinastia dei Keeran e che tutte le ricchezze della coppia siano state messe al sicuro in questo castello, ma del libro non vi fu più traccia alcuna. Il maniero è stato controllato da cima a fondo senza riuscire ad ottenere nulla. Voi dovete ritrovarlo. Vi pagherò qualsiasi cifra. DEVO averlo.” I suoi occhi si illuminarono per un istante di una strana luce, la bramosia di ricchezze.
“D’accordo. Partirò domani stesso, non mi sembra una spedizione molto impegnativa. Ma vi verrò a costare cara sapete?” Lara sorrise: un viaggetto facile facile, senza l’ombra di percoli non l’entusiasmava. Ma il suo istinto le diceva che non era tutto lì. C’era qualcosa in più in questa storia che non le tornava e avrebbe scoperto cosa fosse..
Dopo aver recuperato giusto il minimo indispensabile (qualche scatola di proiettili in più, un po’ di bengala, alcuni kit di pronto soccorso e le sue fidate calibro 45) era pronta per partire.
Il castello si trovava nell’Irlanda occidentale, vicino a un villaggio di semplici contadini. Un luogo incantevole da visitare se solo ci fosse stato più tempo a disposizione. Ma Mac Keeran sembrava così impaziente che l’unica scelta possibile era mettersi subito al lavoro.
Esplorare il castello non si era rivelata un’impresa così difficile, anzi piuttosto deludente. Non ci volle molto a scoprire che nella torre si celava una leva camuffata da appendi torcia che permetteva di aprire un piccolo passaggio segreto. Una scalinata conduceva in una soffitta polverosa completamente vuota se non per un leggio posato al centro della stanza con un grande libro posto sopra. Era impolverato e ricoperto di ragnatele, ma la laminatura dorata della rilegatura era ancora visibile. Un libro di splendida fattura, abbastanza ben conservato nonostante l’usura del tempo, ma il titolo inciso era ancora ben visibile: “Legends of Ancient Time”.
La curiosità tipica prese il sopravvento: curiosare un po’ in quei testi antichi era l’hobby principale per un’archeologa come lei.
Da quello che riuscì a tradurre dalle pagine un po’ rovinate era una collezione di brevi avventure epiche ambientate in vari reami dell’Irlanda. Tutti raccontini brevi e slegati l’uno dall’altro ad eccezione di una serie di racconti nella sezione finale del manoscritto. Questa parte trattava delle vicende di un giovane principe di nome Conn-eda e della sua vita piena di pericoli. Per riuscire a conquistare il diritto al trono aveva dovuto affrontare una difficile prova. Dopo essere stato sconfitto con l’inganno a una partita a scacchi dalla matrigna, gelosa del figliastro e smaniosa di cacciarlo dal regno per impedire la sua ascesa al trono, per penitenza dovette recarsi nel giardino del re dei Firbolg nel lago di Erne e recuperare delle mele d’oro, il cavallo nero e il cane magico del re stesso. Dopo una serie di peripezie, aiuti magici e prove mortali il giovane Conn-eda riuscì nell’impresa e riportò a casa quanto gli era stato imposto di ritrovare. La matrigna si suicidò in una crisi di rabbia e pazzia e il giovane divenne re e visse felice per molti anni. Quelle mele d’oro furono piantate nel giardino del palazzo, e pare che dai frutti crebbe un albero. Il potere magico di quelle mele era quello di poter guarire da qualsiasi malattia o ferita.
La leggenda terminava lì così come le pagine del libro. Sul punto di richiudere il tomo per portarlo fuori da quella stanza qualcosa richiamò l’attenzione. Sembrava che l’ultima pagina fosse stata bloccata contro il fondo del libro, ma un piccolo spessore celava la presenza di qualcos’altro: un altro foglio era stato accuratamente nascosto in quel modo.
La pagina era siglata dal monaco che aveva trascritto le varie storie e riportava pressappoco queste parole:
“Se stai leggendo queste righe vuol dire che io stesso ti ho nominato custode dell’antico segreto. La leggenda del giovane Conn-eda non è del tutto falsa. Mio discendente, devi sapere che l’albero delle mele d’oro esiste realmente. È stato spostato da queste terre in una caverna ai piedi del monte Carrantuohill per proteggerlo da mani sbagliate. Qui sotto troverai le indicazioni più precise. Nessuno dovrà mai sapere dell’esistenza di quell’albero. Troppi sarebbero disposti a guerre e atrocità per impossessarsene. 3 prove sono disposte per verificare che il cuore di colui che vorrà raccoglierne i frutti sia puro e idoneo.
La prima prova consiste nello sfamare il guardiano con il nutrimento dell’anima e dargli la forza con il coraggio del santo per rivelare così la strada alla sala delle preghiere.
La seconda prova consiste nel ritrovare la fede anche quando ogni speranza sembra perduta, perché dietro all’oscurità si cela la chiara luce di Dio.
Infine l’ultima prova consiste nel….”
Purtroppo l’iscrizione finale era resa illeggibile dall’umidità e rovinata dal tempo.
A conferma delle parole del monaco però una foglia completamente d’oro era stata riposta con cura in quel foglio. Che il misterioso albero dalle mele d’oro esistesse davvero?
Lara non era riuscita a farsi sfuggire quella possibilità, doveva indagare e scoprire la verità. Certo le indicazioni non erano molto accurate, ma dopo qualche giorno era riuscita finalmente a trovare una caverna ai piedi del monte Carrantuohill che si snodava all’interno della montagna.
La luce filtrava per brevi tratti da piccole aperture nelle pareti rocciose, ma le zone in ombra erano molte. Non sembravano esserci tracce di animali in quella zona. La spedizione stava procedendo rapidamente.
Dopo un paio d’ore però non aveva ancora trovato niente che potesse farle credere di essere sulla strada giusta. Ormai stava per arrendersi e provare a cercare da un’altra parte quando inavvertitamente diede un calcio a una pietra che rotolò fino a rimbalzare contro una parete. Un suono sordo, vuoto, destò la sua attenzione. Come poteva una parete del genere produrre un suono di quel tipo? Qualcosa non andava e c’era sicuramente una spiegazione per tutto questo.
Cercò con le dita di trovare un bordo per un passaggio, qualche leva o meccanismo in giro. L’unica cosa che catturò la sua attenzione fu una fessura nella roccia sufficientemente grande da inserirvi una mano. Al suo interno sembrava esservi qualcosa di simile a una corda. Tirò con tutte le sue forze e piano piano un grosso masso si smosse rivelando un corridoio buio di cui non si scorgeva la fine. Una torcia era appesa all’ingresso del passaggio e alla base vi era un acciarino e una pietra focaia con cui accenderla. Ci volle un po’ di tempo, ma finalmente riuscì ad creare una bella scintilla che accese il fuoco. Poteva finalmente proseguire.
Il corridoio si restringeva sempre più rendendo il cammino difficile, e la presenza di alcune pietre franate nel tempo peggiorava ancora la situazione. L’aria riusciva a passare da qualche fenditura che chissà tramite quali canali filtrava in quel luogo. Finalmente la strada si fermò in un piccolo spiazzo circolare più ampio. Una grossa statua a forma di cane era posta accanto alla parete. Ai suoi piedi si trovava una bilancia a piatti e sul basamento della scultura vi era una serie di oggetti in pietra dalle forme varie. Una croce, un piccolo animale rassomigliante a un leone, un volatile dalle ali spiegate, una spada, una chiave e un angelo.
Sicuramente la prima prova descritta dal monaco si riferiva a questo posto. Ora bastava risolvere l’enigma. Come dicevano le parole? “sfamare il guardiano con il nutrimento dell’anima e dargli la forza con il coraggio del santo”. Quali potevano essere gli oggetti adatti da porre sui due piatti?
Il nutrimento dell’anima era sicuramente qualcosa che rafforzava lo spirito. Quale oggetto migliore quindi di una croce? Essa rappresentava la fede, sicuramente l’elemento principale per rafforzare e quindi nutrire l’animo dell’uomo. Ma cosa poteva essere la forza data dal coraggio del santo?
L’angelo sembrava una scelta plausibile. Eppure era anche così scontata da sembrare un’esca per celare la soluzione. Il leone era certamente il simbolo del coraggio, ma il santo?
Dopo un attimo di riflessione finalmente la soluzione le balenò in mente: San Marco evangelista veniva solitamente rappresentato con un leone. Ecco la parte che mancava nel ragionamento.
Quando pose la statuina sul secondo piatto l’ago della bilancia cominciò ad oscillare. Una serie di meccanismi si mise in moto e nuovamente un masso rotolò dalla sua posizione lasciando libera un’apertura. Quando la giovane esploratrice varcò l’ingresso si accorse che il passaggio permetteva di arrivare esattamente dietro alla statua del cane e una serie di dardi erano collegati a delle corde sicuramente inserite nel meccanismo della bilancia, pronti ad essere scagliati contro chiunque avesse tentato di profanare quel luogo sbagliando la soluzione dell’enigma.
Si era appena salvata da una trappola mortale. Questa era la prova dell’esistenza di qualcosa di veramente prezioso in quel luogo.
La sala delle preghiere era una piccola stanza completamente vuota e molto buia. Appena fece un passo per entrare all’interno non si accorse della fune tesa posta a qualche centimetro dal suolo.
Il piede rimase impigliato in quella corda facendo cadere l’archeologa a terra e spegnendo la torcia nella sabbia che ricopriva il pavimento della stanza. Un enorme masso calò di colpo all’ingresso della stanza sigillandola all’interno.
Un rumore sordo, come di un meccanismo che si stava bloccando, e alla fine il buio più totale.
Ecco sì. Così erano andate le cose e adesso era bloccata in quel posto. Forse nelle parole del monaco si poteva trovare una via d’uscita da quella trappola: “ritrovare la fede anche quando ogni speranza sembra perduta, perché dietro all’oscurità si cela la chiara luce di Dio”.
Come si può ritrovare la fede in un posto del genere? La scarsa luce fornita dal bengala stava per esaurirsi. Presto si sarebbe trovata nuovamente avvolta soltanto dal profondo buio di quella trappola. Nessuno sarebbe mai riuscito a ritrovarla e sarebbe morta lì. Già riusciva ad immaginare le testate dei giornali: “Archeologa misteriosamente scomparsa in una spedizione.”.
No, doveva concentrarsi e non perdere fiducia in sé stessa. Mai arrendersi anche nelle situazioni più impossibili, era questo il suo motto.
“Trovare la fede.. trovare la fede.. dietro all’oscurità si cela la luce di Dio.
Immaginando che la luce fosse l’uscita e l’oscurità ovviamente il buio in quella stanza, cos’era la fede?
Quella era la sala delle preghiere, così era riportato sul manoscritto del monaco. Per pregare era necessario mettersi in ginocchio col capo rivolto verso il basso. Pregando ci si avvicina a Dio.” Era sulla strada giusta se lo sentiva, sicuramente era quello il ragionamento da intraprendere.
“L’oscurità è un perdersi, smarrirsi dalla retta via.. Ma certo! Per ritrovare la fede e riparare ai propri errori basta confessarsi! Da qualche parte ci deve essere una qualche panca o roccia dove inginocchiarsi per la confessione.”.
Con la poca luce rimasta Lara intravide un masso squadrato posto a un lato della parete. Controllando da più vicino era proprio stato scolpito da mano umana. Vi si inginocchiò sopra ma non accadde niente. Era stata così sicura del suo ragionamento che non sapeva cos’altro fare. Forse non aveva davvero più speranze. Ed era finita lì solo per la sua immensa curiosità, avrebbe potuto benissimo tornarsene a casa una volta recuperato il libro e riconsegnarlo a Mac Keeran e niente di tutto questo sarebbe accaduto. Ora starebbe tranquillamente sorseggiando un buon thè, magari mentre lucidava le sue calibro 45 o si preparava per qualche altro viaggio.
La luce si spense, era nuovamente tutto buio. Iniziò a frugare nuovamente nel suo zainetto per prendere un altro bengala quando abbassando lo sguardo qualcosa attirò la sua attenzione. Prima la luce non le aveva permesso di notarlo, ma ora era proprio lì, davanti a lei. Un piccolo bagliore dorato proveniente da un forellino nella parete. Era un buco molto piccolo, ma era certa non vi fosse prima. Si alzò in piedi per controllare meglio, ma il foro scomparve alla vista.
Ecco cosa sbloccava quel masso: in qualche modo il peso del corpo schiacciava la pietra e permetteva di smuovere un meccanismo che apriva il foro. Si rimise in posizione, e questa volta il buio della stanza fu illuminato da un sottile raggio luminoso che si proiettava sulla parete opposta. Esattamente nel punto in cui la luce toccava la parete vi era un blocchetto di pietra agganciato al muro che sarebbe passato del tutto inosservato altrimenti.
Bastò sollevare questo meccanismo per far sì che due massi rotolassero via liberando sia il passaggio di ingresso alla sala delle preghiere che un nuovo corridoio d’uscita.
Quest’ultimo era illuminato grazie a un sistema di specchi e a dei raggi di luce che filtravano dall’alto. Probabilmente quella zona della caverna era molto vicina alla superficie esterna e dei piccoli fori permettevano il passaggio della luce.
Dopo un breve tratto Lara si trovò di fronte a un portone in legno chiuso. Era in ottimo stato nonostante fosse stato realizzati chissà quanto tempo prima. Un’incisione raffigurava un melo e una donna nell’atto di coglierne un frutto.
La serratura era aperta e la porta si aprì facilmente rivelando una grotta ben illuminata.
Era un paesaggio incantevole quello che le si parò innanzi. Un prato verde ricopriva tutto il pavimento dell’ambiente e un ruscello scorreva silenzioso proprio in mezzo alla grotta. Un ponte ad arco collegava le due sponde e dall’altro lato si poteva ammirare un bellissimo albero dal fusto spesso e dalle fronde dorate. Alcune succose mele d’oro pendevano dai suoi rami. Lo aveva finalmente trovato: quella era la pianta citata nella leggenda di Conn-eda.
Fine Prima Puntata
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