[Romanzo] Dove la notte (a capo) inizia

Voi vivreste nel buio?

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12. Uno strano funerale

«Ma cosa diavolo...?»
Incrociarono Gianluca mentre uscivano dalla stanza di Mariano, correndo verso il piano superiore. Non si accorsero dello sguardo dell'uomo e del suo sopracciglio sinistro inarcato a rendere evidente lo stupore di quella vicinanza. Per questo fraintesero la domanda.
«Non lo so, Gianluca» rispose Beatrice, allungando il passo, «stavamo mangiando un panino e abbiamo sentito una specie di botto...»
«Anche io ero in camera mia e ho sentito... infatti stavo andando a vedere.»
I due uomini corsero in avanti, mentre la donna, per colpa della sua forma fisica, si limitò a sgambettare il più velocemente possibile. Salirono le scale rapidamente e arrivati nel Salone Centrale, dove le scale finivano, si guardarono intorno perplessi. Un urlo alla loro destra indicò la strada da prendere.
Nel Soggiorno non c'era nessuno, ma videro chiaramente Giorgio entrare nell'Officina. Corsero in quella direzione, mentre sentivano le voci di Emilio e di Paola dietro di loro che chiedevano concitatamente spiegazioni. Entrarono nell'Officina nello stesso momento in cui Giorgio arrivava alla porta del Magazzino, dove Francesca era immobile con le mani a chiudere la possibilità di urlare ancora.
Anche Giorgio si fermò sulla porta, imprecando a mezza voce.
Quello che era avvenuto era così chiaro nel suo orrore, che ognuno dei presenti cercava di trovare il tassello mancante alla composizione simmetrica che vedevano. In un angolo c'era un carrello rovesciato con sopra due bombole: entrambe avevano la parte superiore distrutta, squarciata dall'esplosione. I tubi che collegavano le due bombole si trovavano sparsi per diversi metri.
Di fronte, stesa dalla parte opposta, c'era il corpo di Barbara, scompostamente gettato a terra come una bambola di stracci, come se le ossa fossero un oscuro ricordo. Era perfettamente riconoscibile per le forme armoniose delle gambe e per la flessuosità della figura.
Anche qui, la parte sopra le spalle era completamente sconvolta; le scapole fornivano un netto confine tra la parte relativamente integra e quella smembrata.
Quando Giorgio vide lo scempio si lasciò scappare un «Cristo» appena udibile.
Alle spalle dei quattro si udì una voce decisa: «Ma cosa cazzo è successo?»
Gianluca, che era arrivato direttamente dietro Mariano e Beatrice, si girò lentamente, gli occhi spalancati dalla furia quando riconobbe la voce di Luca: «Tu! Pezzo di merda! Ci sei riuscito a farla fuori! Bastardo!» e senza pensare all'enorme differenza di dimensione e di forma fisica si buttò contro l'ex militare.
L'uomo non se l'aspettava e cadde all'indietro sotto una gragnola di colpi malamente portati, e che sicuramente non provocavano danni consistenti al suo fisico. Paola, che seguiva Luca da vicino, fece appena in tempo a scansarsi. Guardò Giorgio interrogativamente ma nel vedere la sua espressione impallidì.
Intanto Luca aveva deciso che poteva bastare e aveva iniziato a rispondere ai colpi di Gianluca. Il giovane continuava a urlare accuse, mentre l'uomo si limitava a parare e ad assestare qualche botta ogni tanto, più per allontanare l'avversario che per fargli veramente male.
La situazione pareva in stallo: Gianluca non era in grado di fare veramente dei danni all'avversario, e Luca non ne aveva evidentemente nessuna intenzione; tutti gli altri erano ancora sotto choc, e nessuno riteneva di dover intervenire per separare i due contendenti.
Lo sblocco arrivò quando, chiarissima, si sentì una vocina autoritaria: «Avete finito di fare i gagni (=bambini)?.»
Luca stava tenendo Gianluca per il bavero a distanza di braccia, e quest'ultimo menava botte alla cieca. Si fermarono e guardarono verso Beatrice che, ferma sulla porta dell'Officina, li stava guardando con aria truce.
«Si può sapere cosa vi prende? Piantatela subito!»
I due sembravano veramente due bambini colti in fallo. E come un bambino Gianluca urlò: «questo bastardo ha ammazzato Barbara! Vai a vedere!» Indicò il Magazzino: «E' lì dentro e non c'è bisogno di tastarle il polso per capire che è morta! Basta guardare che non ha più la testa!» Il giovane scoppiò a piangere. Anche Francesca, senza che nessuno l'avesse vista, aveva cominciato a piangere da qualche minuto.
Paola non aveva ancora visto nulla, fermata dalla lotta tra i due uomini. Si precipitò nel Magazzino e, nonostante durante gli studi avesse avuto modo di vedere numerosi cadaveri, non poté evitare un piccolo mugolio di orrore davanti alla scena della morte della ragazza.
Recuperò in pochissimi secondi la freddezza ed entrò nella stanza, dicendo: «Rimanete fuori per cortesia, fatemi dare uno sguardo, anche se mi pare evidente che non ci sia molto da fare.»
Mentre Paola controllava la situazione, Luca rispose alle accuse di Gianluca: «Io non ho ammazzato proprio nessuno. Se non te ne sei accorto io stavo a qualche decina di metri di distanza a fare panini. Panini che avresti dovuto fare tu, tra l'altro.»
Gianluca non era disposto a lasciare correre nulla: «Proprio così: ti sei messo a fare qualcosa che potesse darti un alibi dopo avere manomesso le bombole, in modo che tutti ti vedessimo lontano da qui quando capitava l'incidente!» concluse facendo il gesto delle virgolette con l'indice e il medio delle due mani.
Luca esplose, sarcastico: «Certo, ho manomesso le bombole e poi ho messo dei cartelli con sopra scritto Per Barbara: seguire le frecce, girare le manopole e attendere l'esplosione!
Giorgio cercò di inserirsi: «Calmi, calmi.»
Proseguì: «In effetti, Gianluca, se è vero che le bombole sono state manomesse, nessuno poteva sapere che Barbara sarebbe andata a toccarle. Anzi, direi che quello in vero pericolo in questo caso sarebbe stato proprio Luca.»
L'ex militare annuì colla testa: «Ecco, così mi sembra più ragionevole.»
Gianluca non aveva altri argomenti se non la sua rabbia, ma si rese conto immediatamente che non sarebbe stata sufficiente per muovere delle accuse, per cui si ritirò imbronciato.
Luca continuò: «Non solo è più ragionevole, ma potremmo addirittura dire che qualcuno aveva manomesso le bombole proprio per farmi fuori, qualcuno» e disse questo guardando con insistenza Gianluca, «qualcuno che ce l'aveva con me per qualche motivo, no?»
Gianluca si girò masticando un «vaffanculo.»
Giorgio cercò di tirare le somme: «Allora, adesso calmiamoci. Innanzi tutto credo proprio che un incidente del genere fermi tutto. Non credo che la morte di uno dei concorrenti fosse prevista nel copione.» Si girò verso Paola: «Immagino che non ci siano dubbi sul fatto che Barbara sia morta, vero?»
La donna, ancora sconvolta, impiegò qualche secondo per recuperare la freddezza professionale: «Non ci sono dubbi. Le ferite sono troppo vaste ed estese. L'esplosione le ha praticamente strappato la...»
Francesca urlò: «Per favore! Per favore! Basta!» tappandosi le orecchie per non sentire altro dell'orrenda morte della ragazza. Mauro le si avvicinò dicendo a Paola: «Sì, per favore, evita i particolari.»
Paola rimase un istante interdetta: «Be', insomma, è sicuramente morta.»
«E di nuovo Sid non si è sentito» disse una voce alle loro spalle.
Giorgio squadrò Mariano, indeciso sull'atteggiamento da prendere. Poi decise per una neutra affermazione: «Sì. Forse è il caso di sentire cos'ha da dirci. Sid!» terminò alzando il tono.
Immediatamente dagli altoparlanti arrivò la consueta voce: «Sono qui. Dimmi.»
Giorgio era vagamente sbalordito: «Ma come dimmi? Ma non ti sei accorto di quello che è successo?»
«In realtà non seguo tutto quello che avviene, sarebbe impossibile, ci sono troppe telecamere e io posso dedicarmi solo a due o tre per volta. Cosa è successo?»
Gianluca sbottò: «E' successo che Barbara ci ha rimesso la pelle!»
«In che senso?»
«Nel senso che è morta, maledizione!» disse Giorgio spazientito.
Sid tacque per qualche secondo: «Questo non era previsto.»
«E lo spero bene!» disse ancora Gianluca.
Giorgio continuò: «Senti, Sid. Ovviamente qui qualcosa è sfuggito dal controllo. E' probabile che si sia trattato di un incidente, ma direi che il nostro gioco si possa considerare concluso qui, non trovi? Non penso che qualcuno voglia continuare a stare qui sotto dopo quello che è successo...» si guardò intorno, ricevendo una serie di sguardi attoniti e qualche cenno di assenso.
Sid aveva un tono lento, riflessivo: «Devo parlarne con la produzione, e sentire cosa propongono. Datemi qualche minuto...»
Giorgio guardò di nuovo gli altri: «Parlarne con la produzione? Ma questo è matto... SID! SID!.»
Il loro ospite non rispose. Mariano mormorò: «Forse sta parlando con la Produzione e non può fare le due cose insieme.»
«Già, lasciamogli un po' di tempo.» La voce di Beatrice era, per quanto possibile, tranquilla. Con gravità continuò: «Credo sarebbe il caso di ricomporre i resti della povera Barbara. Immagino che potremmo usare una delle due celle frigorifere...»
Gianluca disse, con tristezza: «Poverina, e pensare che proprio ieri ci è rimasta chiusa dentro... e adesso ci deve stare per un bel po'...»
Francesca stava silenziosamente piangendo. Paola intervenne con un laconico «Già.» Mauro sembrava assorto e nessuno si aspettava che parlasse. Come da molto lontano mormorò: «Certo che in cinque giorni ne sono capitate di cose...»
Luca intervenne: “Ma quali cinque! Io non credo che siano passati più di quattro giorni!”
Gianluca guardò storto l'uomo e rilanciò: “Per me sono almeno sei...”
Altri intervennero alla rinfusa, indicando numeri che variavano da tre a sette. Beatrice guardò Mariano, che chiuse gli occhi e abbassò la testa.
«Credo che il ragazzo abbia qualcosa da dirvi» disse la donna a bassa voce.
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13. Rivelazioni

«Otto giorni?» Giorgio aveva gli occhi fuori dalle orbite. Tutti erano in subbuglio dopo la spiegazione di Mariano, che aveva richiesto solo pochi minuti.
Il ragazzo corresse: «Ho fatto otto ricariche, quindi siamo nel nono giorno. Almeno.»
«Cazzo, andiamo bene!» sbottò Gianluca.
Paola rifletteva. Giorgio si girò verso il figlio: «E cosa aspettavi...?»
«...a dirvelo?» lo precedette il ragazzo guardando di sfuggita Beatrice, che fece il gesto di allargare le braccia, «aspettavo che mi ascoltaste. Non volevo essere eliminato perché sto contando il tempo, ma dopo questa... cosa, non potevo mica più tenermelo per me, non trovi? Adesso dobbiamo restare uniti, perché...»
«Perché qualcosa è andato storto» concluse Paola.
«Eh, be', con un morto nell'altra stanza...» disse Luca
«No, no, c'è qualcosa di più. Avevamo già capito che c'era qualcosa che non andava, che non ci venivano proposte le prove che abbiamo tanto temuto, ma adesso ne abbiamo la sicurezza: non è possibile che sia passato più di una settimana senza nessuna attività.» La donna abbassò la voce e indicò verso l'alto: «La fuori qualcosa è andato storto...»
«Temo che tu abbia ragione, Paola» disse Giorgio, addolcendo inconsciamente la voce quando pronunciò il nome della donna.
«Be', ma non ne siamo sicuri» si intromise Luca, «potrebbe essere questa la prova, il fatto che non ci siano prove.»
«In effetti» disse Mauro.
«L'unico che potrebbe darci una risposta è...»
Come richiamato dalla frase di Giorgio, la voce di Sid ricomparve: «Eccomi qui. Non sono riuscito a parlare con la Produzione. Sembra che ci sia un problema sulle linee, per cui dobbiamo arrangiarci.»
Mariano guardò Beatrice e mormorò: «Le linee?» La donna rispose nuovamente allargando le braccia.
Sid proseguì: «Sicuramente quello che è avvenuto è orribile, ma vi invito a pensare in modo diverso. Non è ferita o in pericolo di vita, per cui, ai fini del gioco, la situazione non cambia di molto...»
Ci furono alcuni secondi di silenzio, che vennero interrotti da Gianluca che sbottò: «MA COSA CAZZO STAI DICENDO?!»
«Calma, ti prego. Ragioniamo. Ti ripeto che l'incidente è sicuramente orribile, ma è, appunto, un incidente. Voi, che siete vivi, non correte pericolo. Una bombola difettosa è un caso raro, due bombole difettose sono un evento impossibile...»
Mariano si intromise: «Scusa, Sid, ma tu come fai a sapere che si tratta di una bombola? Prima hai detto che non ti eri accorto di nulla...»
Sid impiegò alcuni secondi per rispondere: «Prima di cercare di chiamare la produzione ho visionato la registrazione della telecamera che si trova nell'Attrezzeria e ho visto quello che è successo. .. Ora» disse dopo una piccola pausa, «vi ripeto, per quanto la morte di Barbara sia un evento tragico, possiamo continuare il nostro esperimento. Se preferite parlatene tra di voi, e poi chiamatemi col solito sistema. Io aspetto.»
E scomparve, come sempre.
Mauro alzò le mani e disse: «Per me questo è scemo.»
«Uhm, tanto a posto non mi sembra» disse Giorgio, «ma è il nostro unico collegamento, per cui cerchiamo di trattarlo bene.»
«A posto» disse Luca, «siamo nelle mani di un folle.»
Mariano sembrava assorto nei suoi pensieri. Beatrice se ne accorse; aveva una grande fiducia in quel ragazzo, e pensò che anche questa volta poteva avere qualcosa di importante da dire: «Mariano, come mai sei così silenzioso?»
«Sto pensando.»
Giorgio sbuffò col naso, in un gesto fin troppo conosciuto dal giovane.
Mariano lo ignorò e proseguì: «Stavo pensando a un paio di cose che ho sentito qui dentro negli ultimi minuti.»
Emilio, che fino ad allora non aveva detto nulla, aprì finalmente bocca: «E quali sarebbero queste verità?»
Mariano stava per parlare, ma Paola lo fermò con un sorriso: «Scusate, ma credo che prima di ascoltare cos'ha da dirci Mariano dovremmo veramente fare qualcosa per Barbara.»
Il silenzio che seguì le parole della donna fu assoluto. Ognuno si rendeva conto che il recupero del corpo di Barbara era un'operazione da fare assolutamente, e che ognuno di loro era tranquillamente candidato a farlo.
Paola continuò: «Bene, temo che questo sia un mio compito, ma gradirei avere un aiuto. Chi si offre volontario? Considerate che preferirei qualcuno che non svenga appena si comincia, perché non vorrei avere due pesi da spostare...»
Mauro alzò una mano: «Vengo io. Dovrei riuscire a fare tutto senza svenire, ma non garantisco di non vomitare. Cercherò di trattenermi fino alla fine del lavoro, ok?»
«Per me va bene. Sei arruolato.»
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Messaggio da overhill »

Mauro trovò una serie di teli di plastica nello stesso ambiente dove si trovava il corpo di Barbara. Ne prese uno. Sembrava sufficientemente robusto per non cedere ad un peso di una sessantina di chili.
Lo pose per terra e su quel sudario improvvisato poggiarono i resti di Barbara. L'operazione richiese diverso tempo, perché Paola insistette per recuperare la maggior parte dei pezzi in cui si era polverizzata la testa a causa dell'esplosione. Ovviamente non c'era possibilità di ricostruire neanche una parvenza di umanità a quella poltiglia, ma l'idea di lasciare qualche parte di cervello la metteva a disagio.
Avvolsero il corpo nel telo, e lo sollevarono, Mauro dalla parte della testa e Paola dai piedi. Il ragazzo si girò in modo da poter camminare normalmente, e in questo modo, il piccolo corteo uscì dalla stanza. Mauro puntò verso la porta che dall'Officina portava al corridoio delle scale, la aprì con qualche sforzo.
Non si stupì di trovare tutti gli altri che aspettavano. Nessuno disse una parola. I due portantini improvvisati davanti e gli altri sette dietro, a formare uno dei cortei funebri più strani che si potessero immaginare. Lentamente scesero le scale fino ad arrivare alle celle frigorifere. Nella Cella 1 entrarono solo Paola e Mauro con il corpo.
Quando uscirono, Giorgio disse con voce grave: «Non so di che Credo fosse Barbara, ma penso che sarebbe giusto dire due parole.» Si guardò intorno: «Se questo offende le vostre convinzioni religiose, siete liberi di andarvene.»
Nessuno si mosse.
Parlò per pochi minuti, poche parole per ricordare una persona che nessuno in realtà conosceva. Nessuno ne conosceva i sogni, le speranze.
Nessuno conosceva le sue paure.
Rimasero ancora alcuni minuti in silenzio, poi tornarono nel Soggiorno.
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overhill
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Messaggio da overhill »

«Allora?» La voce di Giorgio non riusciva a nascondere il leggero fastidio nel dover chiedere qualcosa al figlio. Il gelo tra i due divenne, se possibile, ancora più intenso. Mariano non disse nulla per qualche secondo.
Poi iniziò a parlare lentamente, come a sé stesso: «Ci sono due cose che mi hanno colpito di quello che ha detto Sid. Innanzi tutto è strano che non si sia presentato quando ha visto l'incidente. E non è possibile che non abbia sentito nulla, con la botta che l'esplosione ha causato. La botta è stata così forte che io e Beatrice l'abbiamo sentita in camera mia, che è piuttosto lontana da qui. » Il ragazzo ignorò gli sguardi stupiti di qualcuno, e proseguì: «La vibrazione deve essere stata sentita in tutto l'edificio attraverso la terra, e quindi da tutti i microfoni.»
Gianluca intervenne: «Giusto: la vibrazione deve essere stata recepita dai microfoni, non è possibile che Sid non abbia sentito nulla, anche se si stava concentrando con telecamere che non puntavano direttamente sull'incidente.»
Francesca stava lentamente uscendo dallo choc: «Sembra ragionevole.»
Mariano replicò: «Lo è. C'è poi una cosa che non so quanti di voi hanno notato.» Fece una piccola pausa, nella quale si inserì Giorgio, chiedendo con un leggero moto di stizza: «E sarebbe?»
Il ragazzo non diede segno di averlo sentito, ma nel suo animo si sentiva leggero: suo padre che gli chiedeva una cosa senza sbraitare! Anzi, sembrava quasi veramente interessato. Forse allora era vero che voleva avvicinarsi...
Proseguì, più convinto: «Come sapete questo reality, tanto per chiamarlo con un nome di convenienza, si chiama «Hearth of Darkmess.»..»
Paola mormorò: «Sì, mi pare che lo sappiamo tutti. E allora?»
«Be', come sapete sicuramente quasi tutti» disse il quasi marcandolo un poco, ma senza dare una direzione precisa alla sua frecciata, «Hearth of Darkness, con la lettera N, vuole dire Cuore di Tenebra ed è un romanzo di Joseph Conrad, che narra di un uomo che va alla ricerca di un suo amico, scomparso in Africa. Lo trova ferito e in fin di vita, ma adorato dagli indigeni che lo ritengono una divinità. E lo stesso amico si rifiuta di seguire il suo salvatore, volendo rimanere nella sua prigione dorata.»
Francesca intervenne: «Un po' come noi adesso, no?»
«Be, noi non siamo in fin di vita, mi pare» disse sarcastico Emilio.
Mariano si inserì nel battibecco: «No, ma in un certo senso non vogliamo andarcene. A parte l'incidente di oggi, il nostro obiettivo era proprio quello di rimanere qui.»
«Giusto» disse convinta Beatrice.
«Ma c'è un'altra cosa» aggiunse Mariano, «nel titolo la lettera N è stata sostituita da M, quindi diventa DarkMess, che è un gioco di parole, visto che mess vuole dire pasticcio, confusione, follia come aggettivo, e come verbo vuole dire prendere in giro, o anche imbrogliare.»
Un silenzio imbarazzato accolse queste ultime parole.
«Fammi capire» disse Luca, «qui già nel titolo ci stavano prendendo per il culo?»
«Be', non la metterei giù così dura; però mi pare che ci siamo già accorti che qui qualcosa non funziona» concluse Mariano.
«Porca troia» disse a denti stretti l'ex-militare.
Mauro non aveva ancora detto nulla, e la sua voce, da un angolo della grande stanza, colse tutti un po' impreparati: «E la seconda?»
Gianluca si rivolse all'uomo: «La seconda?»
«Sì: lui» replicò indicando Mariano, «ha detto che ha notato due cose in quello che Sid ha detto, e ce ne ha detta solo una.»
Si rivolse direttamente al ragazzo: «Per caso vuoi tenerci qualcos'altro nascosto, come il giochino del tuo lettore MP3?»
Mariano sembrava imbarazzato. In suo aiuto intervenne la protettiva Beatrice: «Non ha detto niente perché non sapeva se poteva dirlo. Ma appena è successo l'incidente di Barbara è venuto di sua spontanea volontà per farvelo sapere.»
Si girò verso il ragazzo: «Mariano, dicci la seconda cosa.»
Mariano sembrava vagamente imbarazzato. Guardò la donna come se si aspettasse un invito. Che arrivò, nella forma di un cenno e un sorriso.
«La seconda cosa è che Sid ha detto di non essere riuscito a parlare con quelli della produzione.»
«E allora?» disse a muso duro Mauro.
«E allora questo vuole dire che Sid non si trova dove si trova la Produzione, e quindi...»
Lasciò la frase sospesa. La tensione era molto alta: Mauro continuava a fissare Mariano, come a sfidarlo di terminare la frase, e il giovane sembrava terrorizzato dalla violenza verbale dell'uomo.
Giorgio si inserì, cercando inconsciamente di difendere il figlio: «E quindi...?»
La voce di Francesca arrivò sorprendendo tutti, spezzata dall'angoscia: «Oh, mio dio: quindi Sid è qui, da qualche parte!»
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Messaggio da overhill »

«Ma che razza di cazzata!» sbottò Giorgio.
Mariano alzò un angolo della bocca, in una pallida e stanca imitazione di un sorriso: «Ci avrei giurato che avresti detto così. Comunque se hai una spiegazione migliore, dilla.»
L'uomo alzò le spalle: «Potrebbe essere in un posto ancora diverso dalla Miniera e dalla sede della Produzione, no?»
«Be'» si inserì Paola, «Sid ha parlato genericamente di linee che non funzionano, quindi potrebbe effettivamente essere da qualche altra parte e non riesce a mettersi in comunicazione con la Produzione perché dove si trova non funzionano i telefoni. Siamo in un posto piuttosto isolato, e magari la Produzione ha messo una postazione di controllo qui vicino.»
Giorgio indicò con entrambe le mani la ragazza e disse: «Ecco, per esempio questa è una spiegazione!»
Mariano rifletté per un paio di secondi prima di rispondere: «Certo, ma se le linee, come le chiamate voi, sono bloccate verso il resto del mondo, come mai continua a ricevere i segnali da noi?E se è fuori di qui, perché non usa un cellulare? A me sembra molto più logico che si trovi in questa zona. Però, in effetti, potrebbe anche essere...»
Francesca scattò in piedi: «Basta, maledizione! Barbara è morta e noi stiamo qui a fare i bravi studenti, a giocare agli investigatori. Io me ne voglio andare di qui!» Si girò verso l'alto: «Sid, bastardo, io ME NE VOGLIO ANDARE!»
Mauro si avvicinò alla ragazza, che scoppiò in lacrime e fuggì dalla stanza, seguita con un certo imbarazzo dal giovane. Beatrice allungò una mano, e mormorò il nome della ragazza, per consolarla, per fermarla, ma questa non sentì.
Emilio si alzò lentamente. Per la prima volta parlò con un tono diverso dal solito: «Sinceramente questa volta non so cosa dire. Scusatemi.» Uscì anche lui dalla stanza, lasciandosi scappare un singhiozzo perfettamente udibile.
Beatrice stava ancora osservando il vano della porta, quando si udì chiaramente Mariano che diceva, con aria assorta: «Che strano...». Si voltò, ma il giovane si limitò a scuotere la mano, guardandola negli occhi, come a minimizzare il significato delle sue parole. Si sorrisero. Poi Mariano disse a voce più alta: «Vado a controllare il lettore di MP3: dovrebbe essere carico adesso, così posso continuare a contare i giorni.» Uscì, seguito dallo sguardo preoccupato di Beatrice e da quello scontento di Giorgio.
In qualche modo questo determinò la fine della riunione.
Giorgio uscì con aria meditabonda, diretto alla cucina. Luca borbottò qualcosa circa la necessità di fare pulizia e andò verso l'Officina. Rimasto solo Gianluca si guardò intorno. Tirò un gran sospiro, un po' per calmarsi e un po' perché l'aria sembrava viziata a qualche tempo. Ma poteva essere solo causato dalla tragedia e dal significato che aveva per lui. Quella povera ragazza, così bella, piena di vita.
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Messaggio da overhill »

Un capitolo in quattro parti... ma tanto è domenica, avete tempo di leggere... ;)

(io invece vado a CioccolaTò!)

Vado troppo veloce? Ci siete? Fatemi sapere... :)
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Messaggio da overhill »

Ehilà :)

Scusate se faccio il petulante, ma continuare a mettere i capitoli solo per Blu e Bashira (e pochi altri), che hanno già il testo completo, è un peccato e uno spreco di spazio.
Fatemi sapere se vi interessa che continui (basta anche solo un lettore), altrimenti è meglio togliere questo post... senza nessuna polemica, neh? :D
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Messaggio da Blu »

Mi sa che sono rimasti traumatizzati "nel mezzo" :P (e ancora non sanno cosa li aspetta :asd: ); giusto per non andar OT qui, ci fai un cioccolatoso resoconto del CioccolaTò in Buon Mese o dove preferisci :D ? (golos-modeON)




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Messaggio da bashira »

Blu ha scritto:Mi sa che sono rimasti traumatizzati "nel mezzo" :P (e ancora non sanno cosa li aspetta :asd: ); giusto per non andar OT qui, ci fai un cioccolatoso resoconto del CioccolaTò in Buon Mese o dove preferisci :D ? (golos-modeON)
Io sono rimasta traumatizzata per tutto il romanzo...

Ragazzi dai leggetelo, è incredibilemente avvicente, e una volta arrivati alla fine chiederete " ancora ancora" :D
io invece vado a CioccolaTò!
Ti odio :asd: :asd:




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Messaggio da doppiaelle »

Io l'ho letto con molto piacere e la storia penso meriti assolutamente il tempo dedicato alla sua lettura :)

Ti dirò, Mario, io penso che più che un romanzo si possa definire, al momento, un racconto lungo ma che, per come è strutturata la storia, abbia ampi margini di sviluppo (il primo che mi viene in mente, per esempio, è: cosa facevano i protagonisti prima di arrivare lì... descrivere la loro vita che piano piano li porterà tutti a incontrarsi nel fatidico giorno davanti all'imboccatura della miniera, sviluppare la parte del tecnico, amico di Stefania, che, presumo... ad un certo punto.... penserà.. :X :X , e tante altre di cui non posso parlare perchè altrimenti svelerei qualcosa :asd: )....questo, naturalmente, è solo il mio modestissimo parere :oops:




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Messaggio da overhill »

Be', sullo sviluppo sono perfettamente d'accordo con te, doppiaelle: le aree che si possono espandere sono moltissime, e molte altre fasi si potrebbero aggiungere. Potrebbe venire fuori una cosa come "mondo senza fine", di Ken Follett (1200 pagine!!!)

Ad esempio:
► Mostra testo
Insomma, come al solito di idee ne ho tante, molte più di quante sia abituato a ficcare dentro un racconto :)

Per intanto vado avanti a pubblicare qui :)
Ciao a tutti

Mario Overhill

Da soli si va più veloce. Insieme si va più lontano.
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Messaggio da overhill »

14. Il secondo incidente

«A quante ricariche siamo arrivati?» chiese con voce stanca Mauro, incrociando Mariano sulle scale. Il ragazzo abbozzò un sorriso triste e rispose laconicamente, come se volesse mettere ben in chiaro che il risultato del calcolo non dipendeva da lui: «Dodici.»
Durante le quattro ricariche che erano passate dopo l'incidente di Barbara, Mauro si era avvicinato a Mariano, parlandogli e chiedendogli scusa per l'attacco. Il nervosismo gli causava sempre brutti scherzi, e indubbiamente lui era un tipo nervoso. Prima di tutto perché, come matematico, odiava non avere il controllo della situazione e, poi, il non essersi accorto di quelle piccole cose che al ragazzo non erano sfuggite lo irritava non poco.
«Insomma» gli aveva detto, «la mia era invidia» e aveva sorriso.
Mariano aveva sorriso a sua volta: «Non ti devi scusare. Con quello che era successo è stato strano che non mi siano saltati addosso anche tutti gli altri. E' che io avevo un po' di timore a raccontare la storia del lettore, te l'ho detto...»
«Sì, certo. E mi sembra anche piuttosto ovvio.»
«Già. E comunque non ti preoccupare: vivendo con mio padre si impara a fare attenzione a cosa si dice e cosa dicono gli altri. E' solo questione di allenamento.»
Mauro aveva abbassato la voce: «Non va tanto bene, neh?»
Mariano aveva sorriso amaro: «Per niente.» E poi aveva aggiunto, filosoficamente: «Pazienza.»
Adesso erano sulle scale, e Mariano aveva appena rivelato al suo nuovo amico che erano quasi arrivati alle due settimane.
«Pazzesco. Io avevo contato una decina di giorni, ma solo dopo che hai rivelato che eravamo arrivati all'ottavo. Contando che allora mi sembrava di essere al quinto, per me è passata solo una settimana.»
«Pazzesco, è la parola giusta.»
Mauro cambiò tono, assumendo un tono più leggero: «Il pasticcio è per mangiare. I primi giorni riuscivamo a sederci tutti insieme; adesso è un casino, perché i nostri orologi biologici sono tutti saltati. Ad esempio, secondo te che ore sono, più o meno?»
Mariano si era seduto sulle scale. Meditò per qualche secondo sulla domanda. In effetti neanche con l'aiuto del lettore era in grado di sapere l'orario. Non ricordava quando aveva iniziato a contare le 24 ore di ricarica, quindi non poteva saperlo. Poteva solo dare retta ai suoi ritmi circadiani: «Mah, a occhio e croce, calcolando l'angolo di incidenza del cibo nella pancia, e sottraendo il quadrato del sonno che mi viene spesso e volentieri, direi che è ora di pranzo.»
Mauro rise: «Eh eh, o di cena, magari.»
«Esatto. In ogni caso direi che ho quasi molta fame.»
«E allora mi sa che ci conviene andare a mettere a posto questa delicata incombenza. Offro io.»
Mariano rise di gusto: «Ah be', allora scelgo io il ristorante.»
Salirono le scale e andarono verso la Cucina, continuando a chiacchierare. In Sala da Pranzo trovarono Francesca e Gianluca che stavano parlando. Mauro scoccò uno sguardo vagamente minaccioso verso l'uomo, ma riuscì a creare un piccolo sorriso quando i suoi occhi incrociarono quelli di Francesca.
Gianluca ricambiò lo sguardo serio, regalandone una parte anche a Mariano.
I due entrarono in Cucina. Era deserta.
«Che ci facciamo? Spaghetti o crostoni?» chiese Mauro.
«Uhm, crostoni mi pare una buona idea, ma li condisco io per me.»
«Perché? Non ti fidi?»
Mariano rise: «No, è che ho un'intolleranza ad alcuni cibi e vorrei evitare di rimanerci secco qui.»
«Non lo dire neanche per scherzo» rispose l'uomo improvvisamente serio.
Mariano guardò Mauro negli occhi e con la stessa serietà gli chiese scusa.
Rilassati, i due si misero a trafficare: Mauro tagliò il pane mentre Mariano accendeva il grande forno.
«Non usi il microonde?» chiese il ragazzo.
Mauro fece una faccia scandalizzata: «Con i crostoni? Ma è un sacrilegio!»
Le otto fette vennero spennellate con alcuni spicchi d'aglio, per aromatizzarli, poi vennero poggiati su una teglia e infilati a scaldare.
«Non sono troppi otto?» chiese il ragazzo.
«No. E poi meglio troppi che troppo pochi.»
«Quanto ci va?» chiese ancora.
«Poco. Una decina di minuti al massimo, giusto il tempo di dorarli.»
Si misero a guardare il pane che lentamente cambiava colore, fino a raggiungere un delicato colore marrone. Intanto un profumo intenso si spargeva per l'ambiente.
«Che profumo: cosa state facendo?» chiese una voce femminile.
I due si girarono e videro Gianluca e Francesca che li osservavano dalla porta. Entrarono e si misero ad ammirare le fette che si scaldavano.
La ragazza esclamò: «Uh, che meraviglia! Possiamo aggregarci?»
Mariano fece un gesto eloquente, e Mauro tradusse: «Certo che sì, ma i vostri ve li farcite voi: abbiamo stabilito che ognuno è responsabile del proprio crostone!» Poi si girò verso Mariano: «Visto che non erano troppi?»
Il ragazzo rise di gusto: «Sei un preveggente.»
Le fette erano cotte. Vennero estratte da Mauro con delicatezza e poggiate sul ripiano. Ognuno ne prese una e la poggiò su un piatto. In quanto a condimento c'era solo l'imbarazzo della scelta. Gianluca si divertì ad aggiungere tonno, carciofini e una spruzzata di peperoncino; Francesca si limitò a una classica mozzarella con qualche pomodoro e parecchio origano. Mauro invece mise un peperoncino intero sopra, qualche sottaceto e anche del paté di olive.
«Ma che schifo! Ma che razza di gusti hai?» disse inorridito Mariano guardando il guazzabuglio alimentare sul crostone di Mauro, il quale si limitò a fare spallucce e buttare uno sguardo distratto sulla mozzarella che solitaria si intristiva sul crostone del ragazzo.
Mariano prese il suo crostone e lo infilò voluttuosamente in bocca. Socchiuse gli occhi per meglio godere di quel momento croccante e morbido.
Dio, da quanto non mangiava una cosa così semplice e meravigliosa!
Lo masticò, concentrandosi sulla sensazione di pienezza, sul liquido piacere della mozzarella.
Improvviso, qualcosa sul fondo della gola gli provocò un colpo di tosse.
Forse un pezzo della crosta si era staccato e si era appoggiato sul fondo della gola. No... sembrava una cosa più profonda, più grossa.
Provò a respirare, ma la gola era quasi chiusa e solo con un grosso sforzo riuscì a tirare dentro una boccata scarsa di aria.
Spalancò gli occhi: non era possibile, non era... aveva fatto attenzione e il sapore non...
Alzò la mozzarella dalla superficie ruvida del pane abbrustolito e vide la prova che stava per morire: una piccola fogliolina, talmente piccola che non si era accorto della sua presenza. Ma la mozzarella era a bagno in un contenitore pieno di latte e acqua, lo ricordava chiaramente. Come poteva essersi “sporcata” con...
Fece due passi indietro mentre Gianluca, Francesca e Mauro lo guardavano e cominciavano a rendersi conto che qualcosa non andava per il verso giusto.
Provò a espirare e a inspirare il più possibile, ma quello fu un altro errore, l'ultimo, probabilmente.
La gola si chiuse definitivamente, e con la riserva d'aria che Mariano era riuscito a incamerare potevano succedere solo due cose: o ci sarebbe stato il tempo di salvarsi, oppure avrebbe sofferto di una lunga agonia. Cadde a terra, contorcendosi nel tentativo disperato di respirare, rotolandosi e agitandosi e, così facendo, peggiorando la situazione.
Mauro si precipitò verso il ragazzo, urlando contemporaneamente a Gianluca: «Cazzo, questo crepa! Corri a chiamare Paola!»
Gianluca uscì di corsa, mentre Francesca cercava di capire se al ragazzo si fosse incastrato qualcosa in gola. Provò a guardare, ma l'agitazione di Mariano non facilitò le cose: «Accidenti, stai fermo. Non mi pare che ci sia niente! Cos'hai? Cos'hai?!» chiese disperatamente, senza ovviamente ottenere risposta. Solo le mani sul collo, disperatamente alla ricerca di un appiglio per respirare, facevano capire chiaramente l'urgenza.
Paola entrò correndo, seguita da Gianluca. Si precipitò da Mariano, cadendo sulle ginocchia.
Iniziò a controllare la gola, ma Francesca la precedette: «Non ha nulla, ho già controllato io.»
Paola chiese continuando a osservare il giovane in agonia: «Cos'ha mangiato?»
«Solo un crostone con la mozzarella» rispose Mauro.
Paola osservò gli occhi disperati di Mariano, che stavano lentamente girandosi verso l'alto: «Sei allergico a qualcosa?»
Mariano con uno sforzo fece cenno di sì con la testa.
Paola si girò verso Gianluca: «Corri a prendere il cortisone, nell'armadietto sulla parete di fronte c'è il barattolo, c'è scritto sopra!»
«Subito» e scomparve, quasi scontrandosi con Luca, che stava arrivando, seguito a ruota da Beatrice.
«Ma cosa sta succedendo?» chiese l'uomo. Quando l'anziana donna vide il ragazzo steso a terra lanciò un urlo e si butto al suo fianco: «Piccolo! Piccolo! Cos'hai? Cos'hai?» mentre lo toccava sul petto, sullo stomaco, sul viso.
In quel momento tornò Gianluca con un barattolo giallo. Lo porse a Paola dicendo: «Eccolo, ma mi sembra troppo leggero...» lasciò la frase in sospeso.
Paola aprì il barattolo e vide che era vuoto. Alzò gli occhi verso Gianluca: «Ma... sei sicuro di...»
«Ma cazzo, era l'unico barattolo con sopra scritto cortisone! Non sono mica deficiente!»
Mariano riuscì a tornare per pochi secondi in sé. Gli occhi saettarono intorno, guardò il barattolo in mano a Paola, osservò Gianluca in piedi vicino alla donna.
E guardò Beatrice; la osservò per alcuni secondi, poi si agitò. La donna avvicinò l'orecchio alla bocca: «Dimmi, piccolo... cosa?... no... non capisco... come?... Sì?... Sì?... Sì... «
Mariano si contrasse un ultima volta. Il suo corpo si inarcò per alcuni interminabili secondi, cercando gli ultimi atomi di ossigeno. Poi, improvviso come era iniziato tutto, tutto finì: Mariano smise di agitarsi, gli occhi smisero di vedere, il cuore di battere, il cervello di lottare.
Il mondo sotterraneo e irreale della Miniera era diventato, se possibile, ancora più immobile. Tutti osservavano inebetiti il corpo del ragazzo, sperando inconsciamente che si muovesse, che fosse uno scherzo, che...
Beatrice fu la prima a scoppiare in un urlo: «Nooo! Non è possibile! Mariano! Piccolo! Piccolo!» Continuò a urlare il vezzeggiativo aggrappandosi al corpo senza vita, fino a quando, sopraffatta dal dolore, non svenne. Mauro e Gianluca ci misero qualche secondo prima di capire che la donna era priva di sensi. Si avvicinarono e la alzarono delicatamente; la portarono in Sala da Pranzo, in modo che non vedesse il corpo del ragazzo.
Giorgio, che era arrivato nel frattempo, osservò la scena, quasi non riconoscendo il figlio nel volto paonazzo.
«Mariano... ma cosa...» chiese, senza rivolgersi a nessuno in particolare.
Paola fu la prima a rispondere: «Giorgio, mi dispiace, abbiamo cercato di fare qualcosa, ma... tuo figlio... aveva un'allergia, vero?» Non aspettò la risposta affermativa del padre: «Purtroppo l'unica cosa che avrebbe potuto salvarlo è sparita» mostrò a Giorgio il barattolo di cortisone vuoto, «e...»
Scoppiò in lacrime, sopraffatta. Fuggì dalla stanza.
Francesca era sotto choc. Stava mormorando qualcosa, come una litania, ma non era comprensibile. Luca gli si avvicinò e riuscì a cogliere il senso delle parole della donna. Stava continuando a ripetere la stessa frase, continuamente, come un mantra: «...adesso è piena, adesso è piena, adesso è piena, adesso...» Gli passò un braccio sulle spalle e dolcemente la portò fuori dalla stanza.
Nella Cucina ormai deserta Mariano continuava a guardare senza vederlo il soffitto. Delle sette telecamere presenti nella stanza, una sola poteva inquadrarlo in viso.
E gli stava dedicando un primo piano.
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Messaggio da overhill »

Al funerale parteciparono solo in sei.
Beatrice non si era ripresa, e Mauro e Gianluca l'avevano portata nella sua camera, per lasciarla tranquilla. «Non c'è altro da fare» aveva detto gravemente Paola.
L'altra defezione era di Francesca. Continuava a ripetere la stessa frase, prendendo fiato solo ogni tanto, spesso a metà della frase che la stava ossessionando, e questo rendeva la cosa, se possibile, ancora più inquietante.
Luca si allontanò da lei e si avvicinò a Paola per avere un'opinione circa la salute mentale della donna: «Non saprei, Luca, non sono una psichiatra. Si direbbe che ha visto qualcosa che l'ha sconvolta. Ma da quello che dice... non si capisce... Credo comunque che puoi lasciarla tranquilla. Adesso vado in infermeria e prendo un sedativo per farla rilassare un po'.
Doc entrò nell'infermeria e si avvicinò all'armadietto dei medicinali, quello dove avrebbe dovuto essere presente anche il cortisone, invece di quel maledetto barattolo vuoto. Lo aprì e prese una siringa e una bottiglietta. Riempì l'attrezzo e andò a fare l'iniezione a Francesca.
Si addormentò in pochi secondi.
A quel punto tutti i superstiti andarono a recuperare il corpo di Mariano.
“Curioso” pensò tra sé Paola, “è la prima volta che penso al nostro gruppo come a dei superstiti. Non è un buon segno...”
Non rese partecipi i suoi compagni di avventura dei suoi pensieri.
Prima di portare Mariano nella Cella 1, per metterlo vicino al corpo di Barbara, il gruppo si fermò. Paola guardò Giorgio, che tratteneva a stento le lacrime, e capì.
Disse: «Vorrei dire due parole, se non vi dispiace.»
Nessuno disse nulla, e Giorgio la guardò con riconoscenza.
«Nei pochi giorni in cui ho avuto modo di conoscere Mariano, ho capito che era una persona speciale. Attento, sensibile e prezioso. Purtroppo ci mancherà non solo perché aveva trovato un modo per calcolare il tempo, ma anche, e soprattutto, perché qui sotto si è sempre comportato da amico, da persona che condivide quello che ha senza aspettarsi nulla in cambio.»
Si rivolse direttamente al corpo sotto il lenzuolo: «Mariano, mancherai a tutti noi.»
A un paio dei presenti scappò un «amen» a mezza voce, senza nessun intento ironico.
Poi Luca e Mauro portarono il corpo nella Cella 1, posizionandolo vicino a quello di Barbara. Uscirono immediatamente, sbuffando per il freddo.
Mestamente il gruppo tornò in Salotto.
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Messaggio da Blu »

E adesso dovranno regolarsi da soli per il calcolo dei giorni [:^]
overhill ha scritto:Insomma, come al solito di idee ne ho tante, molte più di quante sia abituato a ficcare dentro un racconto :)
In effetti si presta a tantissime "espansioni" in ogni direzione, è talmente ricco di dettagli che la scelta è veramente ampia :)
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bashira
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Messaggio da bashira »

Verissimo, anche secondo me, con le " espansioni" potrebbe diventare un gran bel romanzo

IN effetti ci si chiede : com'è che nessuno, la fuorì ha sentito la mancanza di questa gente? I loro amici, le loro famiglie ecc.. non si chiedono che fine abbiano fatto? Sono 5 anni. L'inchiesta archiviata troppo in fretta..Perchè nessuno si è fatto domande all'epoca dei fatti e negli anni successivi?

IN effetti a ben leggere tutti i suggerimenti e le idee che tu stesso hai esposto, Mario ne hai di roba di scrivere :sbam:

PS e Ken follett lo sto leggendo, " i pilastri della terra" : lo so, son masochista, ho appena finito un libro da oltre mille pagine ( il quinto giorno, di Schatzing), e ne sto leggendo uno che se possibile è ancora più lungo :asd:




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