[Romanzo] Dove la notte (a capo) inizia

Voi vivreste nel buio?

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Blu
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Messaggio da Blu »

Bevuto in un lampo :D .. speriamo che quei due riescano a rintracciarli prima che qualcos'altro accada nella miniera [:^] :) : sono due tipi in gamba, tenaci e che vogliono bene a Stefania.. stavolta voglio essere fiduciosa :D :approved:




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overhill
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Messaggio da overhill »

Bene :)

Vi preannuncio che il capitolo che pubblicherò domani sarà estremamente particolare: immagino vogliate sapere cosa è successo a Gianluca... ;)
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overhill
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Messaggio da overhill »

17. In trappola!

Al centro esatto dello spazio visivo di Gianluca, una luce rovente sembrava pulsare al ritmo alterato del suo battito cardiaco. Rossa come il sangue, dolorosa come un coltello, gelida e rovente nello stesso momento.
Respirava a fatica, per colpa del naso completamente distrutto da quel bastardo di... come si chiamava? Ah, sì: Mauro. Che nome da frocio! Tutti i nomi con la R erano nomi da frocio!
Come aveva fatto a sorprenderlo? Doveva avere fatto il giro dall'altro lato, quello senza passaggi.
Bastardo. Vigliacco e bastardo. E pure frocio!
Si trascinò dolorosamente verso il fondo del cunicolo. Aveva già svoltato cinque volte dopo avere abbandonato il tunnel principale. Tutti passaggi creati da lui allargando con la dinamite e con il piccone quelli già esistenti, oppure scavandone di nuovi. Ci aveva messo un sacco di tempo, ma adesso poteva nascondersi per anni, senza che nessuno lo trovasse, se voleva.
Non aveva bisogno della luce, ci vedeva benissimo anche al buio. Anzi, preferiva il buio, così nessuno poteva vedere lui.
E nessuno sarebbe mai riuscito e prenderlo!
Doveva solo riposarsi un po', qualche minuto, magari farsi una dormita, e poi avrebbe ripreso la caccia ai due concorrenti superstiti e ai loro due amici. Allungò un braccio, si tirò come poteva. Allungò l'altro braccio, si trascinò. Era doloroso muoversi così, nonostante l'abitudine che ci aveva fatto in tutti quegli anni. Allungò ancora il braccio.
Rabbrividì: con la mano aveva toccato qualcosa. Morbido e freddo, liscio. Tastò l'oggetto con circospezione. Sembrava un piede, piccolo sembrava. Ritrasse la mano di scatto.
Dal buio davanti a lui arrivò una voce gracchiante: «Hai paura, vero?»
Gianluca tremava dal terrore. Urlò per darsi coraggio: «Chi cazzo sei?!»
La voce era femminile, ne era sicuro, ma chi era? Continuò in tono sarcastico: «Ma come, non mi riconosci? Eppure non è tanto che mi hai ammazzata.»
Non poteva essere! Era sicuramente uno scherzo della sua immaginazione! Forse un'allucinazione causata dalla botta che aveva preso.
Ecco, sicuramente era quello! Aveva bisogno di riposo, doveva evitare di pensare a quello che aveva fatto...
Ricominciò a strisciare, cercando di non toccare il corpo. Ma il cunicolo era stretto, ci si passava a malapena. Fatti pochi centimetri venne investito da un odore nauseabondo di marciume, e la voce gli confermò che si trovava esattamente davanti al suo viso: «Scusa per l'alito, ma ultimamente non mi sono lavata spesso i denti. E' difficile da fare quando si è morti, sai?» Rise producendo un rumore di unghie su una lavagna. Proseguì: «Ma sì che lo sai: anche tu sei qui, come me, morto e sepolto. Solo che ancora non te ne sei accorto, povero idiota...»
Terrorizzato scalciò e smanacciò, tentando di scappare da quella figura che continuava a ridere polverosamente. Durante gli inevitabili contatti si rese conto che si trattava di una figura piuttosto robusta: Beatrice!
Ma non poteva essere lì, era morta!
Era stecchita dentro la cella numero due! Rigida come un ghiacciolo!
Superò il cunicolo e si trovò in una stanza più grande. Cadde in un angolo, respirando a fatica, terrorizzato. Con le ginocchia strette al corpo cercava quella protezione che il buio e il silenzio sembravano non essere più in grado di fornirgli.
Ansimò per alcuni secondi.
Improvvisamente alla sua sinistra una seconda voce, maschile questa volta, lo gelò: «Povero idiota. Ha ragione Mamma Bea... sei solo un piccolo idiota...»
Giorgio! Ma anche lui era morto! Come poteva essere lì?
Istintivamente su butto verso destra per sfuggire al suo persecutore. Cadde contro un altro corpo, che sembrò non risentire dell'urto: «E pensare che mi ero accorta che eri un pezzo di merda...»
Francesca!
E sicuramente, anche se non aveva ancora parlato, ci doveva anche essere Mariano da qualche parte. Tutti quelli che aveva ucciso erano tornati per vendicarsi!
Le mani di qualcuno si strinsero intorno alle sue caviglie, forse del piccolo bastardo. Istericamente sbatté le gambe cercando inutilmente di liberarsi.
Aggrappandosi con le mani alla nuda terra si divincolò e riuscì a infilarsi un un cunicolo diverso da quello che aveva usato per arrivare: non voleva correre il rischio di trovarsi di nuovo faccia a faccia con Beatrice. Lo percorse rapidamente e sbucò in un'altra stanza piuttosto vasta; da qui prese un nuovo cunicolo e continuò a correre con un'idea ben precisa in testa: doveva terminare il suo lavoro, contattare la maledetta Produzione e finalmente vincere i suoi tre fottutissimi milioni di euro, e andarsene di lì.
Doveva uccidere Mauro e Paola. Erano gli ultimi due ostacoli che si frapponevano fra lui e i soldi. La bambina non contava, non era uno dei concorrenti. Non era necessario ucciderla, ma se fosse stato indispensabile ci avrebbe pensato lui. Anzi, l'avrebbe uccisa prima dei due idioti, così avrebbero capito cosa vuole dire soffrire...
Qualcosa alle sue spalle frusciò. Sentì distintamente i capelli della nuca sollevarsi.
Si girò lentamente.
A pochi centimetri dal suo viso, il volto senza faccia di Mariano ondeggiava. Lucidamente vide un piccolo rivolo di sangue sgorgare dall'occhio destro completamente bianco, scendere lentamente verso la bocca. La lingua saettò rapidamente a bloccarlo.
L'occhio sinistro puntava in alto, muovendosi rapidamente a destra e a sinistra.
Ruotò fino a puntare su di lui: Gianluca vide distintamente la pupilla contrarsi per metterlo a fuoco.
Sembrò riconoscerlo.
Quello che rimaneva del sopracciglio sopra l'occhio buono si abbassò, facendo assumere al volto del ragazzo un atteggiamento di odio totale.
Istintivamente Gianluca allungò le braccia per allontanare il fantasma della sua vittima, ma perse l'equilibrio e cadde all'indietro, trascinando il corpo di Mariano su di sé.
Le urla salirono altissime, e si persero nei meandri del numerosi cunicoli che il folle aveva scavato in tutti quegli anni.
Neanche un suono arrivò all'Edificio Principale.
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Blu
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Messaggio da Blu »

:shock: .. caspita che puntata :o .. da mettere i brividi, il confine fra ciò che è vero e ciò che è solo immaginato è sottilissimo, da un lato sembra tutto impossibile e frutto dell'immaginazione di un uomo già morto, dall'altro sappiamo che non lo è ancora, perché è riuscito a fuggire da dove era stato colpito.. anche se sono solo allucinazioni devo dire che mettono i brividi, non avrei voluto essere al suo posto [:^]




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overhill
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Messaggio da overhill »

Mi diverto sempre a scrivere questo genere di capitoli: mi immagino la scena in un film e... brrrr! :D
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overhill
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Messaggio da overhill »

18. La fine del gioco

Paola stava consultando il più rapidamente possibile la lunga sfilza di grossi tomi che componevano l'”Enciclopedia Medica”, cercando quello in cui fosse presente la voce “fleboclisi”. Non realizzò subito che non erano in ordine. Maledizione! Proprio quando una ha fretta!
Tornò indietro e ricominciò, borbottando le iniziali che leggeva a mezza voce.
Per questo non sentì lo scalpiccio alle sue spalle.
«Ah, eccoti, brutto bastardo!» brontolò trovando finalmente il volume che conteneva la lettera “F”. Lo prese in mano e provò a cercare.
In quel momento qualcosa le toccò la spalla.
Si girò urlando e si trovò davanti il volto stupito di Stefania e, poco più dietro, quello di Gianni.
«Ma siete impazziti?! Volete farmi prendere un infarto?» disse ansimando, e recuperando il libro che le era caduto a terra.
«Ma cosa diavolo ci fai qui fuori? E' pericoloso! E la bambina, dov'è?»
Paola indicò verso l'Infermeria, avviandosi con il tomo in mano: «L'ho chiusa dentro. Mi serviva questo per sapere se possiamo iniettare qualcosa a Mauro per farlo riprendere.»
Stefania sbuffò: «Ottima idea, ma pessima realizzazione: non potevi aspettare che tornassimo noi?»
«Non ci ho pensato, cazzo, va bene così?» sbraitò Paola inviperita più con sé stessa che con la ragazza. Stefania si rese conto della tensione alla quale era sottoposta la donna e le mise una mano sulla spalla: «Scusa, hai ragione. Adesso rientriamo, eh?»
Leggermente più tranquilla, Paola aprì la porta e tutti tornarono nell'Infermeria.
Francesca stava ancora dormendo. Paola la guardò con un piccolo sorriso.
«Fammi vedere cosa avete trovato» disse a Gianni. L'uomo porse una busta di plastica e Paola ne estrasse diverse confezioni di cioccolato, una scatola di zucchero, bibite gassate, delle bottiglie d'acqua, alcune mollette da bucato, dei contenitori di plastica pieni di cibo non meglio specificato, dello spago robusto.. Man mano che tirava fuori, la donna catalogava con semplici “sì” e “no”, appoggiando il tutto sul tavolo metallico su un lato della stanza. Finito l'inventario, tornò a leggere il libro recuperato in Soggiorno.
Dopo pochi secondi di consultazione, alzò lo sguardo sugli altri e disse: «Secondo quello che dice qui possiamo provare a fare una flebo di fortuna, ma serve acqua pura, non quella delle bottiglie.»
Gianni indicò il bancone da lavoro: «Be', lì c'è un beccuccio: possiamo provare a distillare l'acqua.»
«E come?» chiese Stefania con una punta di sarcasmo che Gianni non volle cogliere.
«Be' ci mettiamo sopra un contenitore di vetro con dell'acqua, lo copriamo con quella specie di imbuto, ci attacchiamo un tubo e quello che esce dovrebbe essere acqua distillata. Magari non sarà pulitissima, ma mi sa che non abbiamo scelta.»
«Dovrebbe funzionare. Ci pensi tu?» Gianni rispose a Paola con un cenno affermativo, mettendosi subito a trafficare.
«Mi sembra che in uno dei cassetti ci sia un completo per la preparazione di una fleboclisi.» Dicendo questo si avvicinò a un armadio, lo aprì e controllò dentro un paio di cassetti: «Eccola!» disse trionfante, ma subito aggiunse «accidenti, c'è solo il tubo e il rubinetto; il contenitore è rotto. »
La poliziotta rifletté per qualche secondo, poi il viso le si illuminò: «Possiamo usare una delle bottiglie. Non sarà sterile ma...»
«...non abbiamo scelta» concluse Paola. Le due donne si sorrisero.
Con lo spago fecero una bardatura nella quale inserire la bottiglia. Nel tappo fecero un buco utilizzando un ferro scaldato sul beccuccio a gas, vi infilarono il tubo e prepararono il tutto.
Dopo circa una mezz'ora nel contenitore di uscita c'erano tre dita di acqua distillata.
«Cominciamo con questa» disse Paola.
La prese e la pesò rapidamente. Prese un cucchiaino e lo scaldò sul beccuccio per disinfettarlo alla meglio. Versò l'acqua nel contenitore della flebo e dopo avere fatto due calcoli borbottando, aggiunse due cucchiaini di zucchero, girando molto attentamente fino a quando la sostanza non fu completamente sciolta, senza residui visibili.
Assemblò il tubo con l'ago dopo averlo disinfettato nel solito modo. Posizionò la flebo a un gancio e inserì l'ago nel braccio di Mauro, che non si mosse. Stefania la aiutò a regolare il flusso che si vedeva chiaramente nel tubicino trasparente. Lentamente il liquido colò verso l'ago e finalmente entrò nella vena dell'uomo.
«E adesso?» disse Stefania.
«E adesso aspettiamo. Gianni, per cortesia, continua a preparare dell'acqua distillata. Temo che questa non durerà molto.»
L'uomo sorrise e si rimise a trafficare: «Mi sembra di essere uno scienziato pazzo» disse per stemperare la tensione. Ma le sue parole caddero nel vuoto. Troppo nervosismo e per troppo tempo.
Anche Stefania non reagì e questo preoccupò moltissimo Gianni.
La guardò attentamente. Nelle ultime ore era diventata molto più pallida, quasi come Paola e Francesca, che però erano giustificate dal non avere visto la luce del sole per parecchi anni.
Anzi, nel caso di Francesca, mai.
Ebbe una piccola vertigine, cercando di visualizzare cosa poteva voler dire passare tutta la propria vita al buio, o alla luce artificiale. Non osava immaginare cosa sarebbe successo quando la piccola avrebbe visto per la prima volta la luce del sole.
Sorrise appena. Stefania lo vide e ricambiò il sorriso.
“Possiamo farcela” pensò, “dobbiamo farcela.”
Ultima modifica di overhill il 14 luglio 2009, 16:30, modificato 2 volte in totale.
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Plik.
Plik.
Plik.

Il rumore delle gocce che ritmicamente cadevano nel piccolo dosatore della fleboclisi, nonostante fossero quasi impercettibili, sembravano riempire il silenzio assordante che era caduto nell'Infermeria.
Il beccuccio a gas continuava a fare il suo mestiere, aiutando Gianni a distillare altra acqua. Saliva nell'imbuto, si condensava in un piccolo tubo trasparente e gocciolava dentro un contenitore di vetro. Creando un altro ritmo, più lento dell'altro.
Plik-plik.
Pliplik.
Plik.
Plik-plik.
Plik. Plik.

I due ritmi si sommavano, si intersecavano, si avvicinavano e si allontanavano come in un balletto dove i due ballerini danzano due brani diversi, senza trovare un punto di accordo.
Francesca continuava a dormire. Paola la osservava attenta, ma non le sembrava di notare agitazione nel sonno della piccola, e questo la rincuorava. Almeno un po'.
Guardò verso Mauro. Non aveva ancora dato segni di ripresa, non si era mosso. Ma questo poteva anche essere positivo: il battito era molto debole, ma costante, e la pressione non si era mossa dal valore bassissimo che aveva misurato la prima volta, quasi...
Come se avesse letto nel suo pensiero, Gianni chiese a bassa voce a Stefania: «Tesoro, che ore sono?»
La ragazza si riscosse. Il gocciolio ipnotico l'aveva mandata in uno stato simile alla trance, e impiegò qualche secondo per comprendere la domanda. Osservò Gianni che le sorrise, nascondendo la preoccupazione. Sorrise a sua volta, non troppo convinta: «Scusami, ero incantata...» Osservò il minuscolo orologio e disse l'ora.
«Accidenti, è un sacco che siamo fermi qui. A forza di distillare acqua non me n'ero accorto.» Gianni si piegò all'indietro, facendo scrocchiare la schiena in modo preoccupante: «Mamma, che dolore! Ho proprio bisogno di una pausa. Paola, le macchine del caffè sono ancora funzionanti, vero?»
Paola si girò di scatto verso l'uomo, spostò l'attenzione su Stefania e poi su Francesca. Quindi tornò su Gianni: «Be', sì... ma non credo sia prudente uscire di qui...»
Stefania confermò: «Penso anche io che sarebbe meglio evitare. Quando siamo andati nella Cucina non abbiamo pensato ai generi di conforto.»
«Accidenti!» concluse Gianni borbottando, «un caffè, anche doppio, l'avrei gradito eccome!» Puntò i pugni sui fianchi, imitando in maniera involontariamente comica l'atteggiamento di un bambino, e Stefania si sarebbe alzata volentieri per andare ad abbracciarlo, se non che, in quel preciso momento, Francesca scattò seduta sul lettino sul quale stava placidamente dormendo fino a pochi secondi prima. O almeno così sembrava.
Paola si avvicinò immediatamente e le prese il viso tra le mani, in un gesto di protezione e consolazione. Guardando quella scena Stefania ricordò una frase che aveva letto non ricordava più dove: “Il posto più pericoloso del mondo è tra una madre e il suo cucciolo”.
La piccola aveva gli occhi spalancati dal terrore, la bocca semichiusa dalla quale colava in piccolo rivolo di saliva. Tremava leggermente: «Piccola, non...» iniziò a dire la donna, pensando a un incubo, ma la bambina alzò di scatto un dito di traverso alla bocca, per farla tacere.
Abbassò la testa per dire qualcosa all'orecchio della madre. Paola abbassò la testa a sua volta; la piccola disse due parole, e la madre scattò in piedi, restando leggermente piegata e con le mani aperte, invitando i due adulti a fare moltissima attenzione.
Prese in braccio la piccola, e con lei si avvicinò a Stefania e a Gianni. Appena furono abbastanza vicini per parlare con un bisbiglio, sussurrò: «C'è qualcuno, fuori.»
Tacquero tutti, aguzzando l'udito.
Come avesse fatto la piccola a sentire qualcuno muoversi fuori dalla stanza, mentre dormiva per di più, era un mistero. Ma la fiducia che Paola riponeva in Francesca indusse Gianni e Stefania a non fare domande. Anche se in realtà non sentivano niente.
Si concentrarono, cercando di annullare il rumore delle gocce della flebo e dell'alambicco improvvisato, trattenendo il respiro e ignorando anche il battito del loro cuore.
Debolissimo, da fuori, arrivò un rumore strascicato, come di qualcuno che cammina trascinando appena i piedi.
Gianni sentì distintamente alzarsi la sottile peluria della nuca, mentre a Stefania un soffio gelido percorse la schiena. Istintivamente portò la mano alla cintura, per prendere la pistola che non aveva portato. Imprecò mentalmente; si avvicinò a Gianni: «Dobbiamo armarci in qualche modo.»
L'uomo fece cenno di sì e andò verso l'angolo dove aveva appoggiato una delle gambe del tavolo. La prese. Passò vicino a un cassetto e ne estrasse un paio di bisturi affilati, che diede alle due donne.
Intanto il rumore si era avvicinato e si era fatto più definito.
Gianni indicò a Paola, alla quale era ancora aggrappata Francesca sempre più terrorizzata, di andare verso il fondo della stanza, vicino agli armadi. A Stefania indicò di posizionarsi a qualche passo dalla porta. Entrambe le donne eseguirono.
Lui invece si posizionò vicino alla porta, dalla parte di apertura, in modo da sorprendere chiunque fosse entrato e in qualunque modo l'avesse fatto.
I passi arrivarono davanti alla porta e si fermarono.
Nella stanza i quattro respiravano a malapena. Francesca nascose il volto nel collo della madre, ma si girò subito, per continuare a guardare mantenendo la sicurezza del contatto.
La maniglia si abbassò lentamente.
Gianni alzò il bastone improvvisato.
La maniglia si rialzò.
Si abbassò ancora una volta. Tornò ad alzarsi
Stefania alzò il bisturi.
La porta si spalancò con violenza. Gianni caricò il colpo e abbassò con forza il bastone, ma venne fermato dall'urlo di Stefania che aveva riconosciuto la figura di chi aveva sfondato la porta, e stava a gambe larghe con la pistola puntata in avanti, ancora sbilanciata dal poderoso calcio sferrato alla maniglia della porta dell'Infermeria.
«FEDERICA!»
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Messaggio da overhill »

Bene, con la puntata di oggi, l'epilogo, chiudo la pubblicazione di questo romanzo :)

E' stata una bellissima avventura, e averla condivisa con voi che l'avete letta sono convinto mi abbia portato anche quella fortuna che, se tutto va bene, dovrebbe concludersi addirittura con la pubblicazione :)
Spero vivamente ve lo siate goduto almeno quanto l'ho fatto io scrivendolo.

:)
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Messaggio da overhill »

19. Epilogo

Le due settimane successive al Salvataggio erano state qualcosa più che frenetiche.
Stefania non ricordava quasi nulla di quello che era successo subito dopo avere riconosciuto l'amica nella figura che aveva sfondato la porta dell'Infermeria; come in una nebbia vedeva i tanti colleghi che avevano accompagnato Federica, ricordava vagamente di avere corso nel solito corridoio, di essere salita su una piattaforma provvisoria che aveva portato lei e gli altri fino al livello del suolo. Ricordava il dolore agli occhi quando la luce del sole li aveva colpiti e il pianto disperato di Francesca in braccio alla madre, dalla quale non aveva voluto staccarsi.
In mezzo alla luce solare ricordava i lampi dei fotografi, due o tre, non era riuscita a contarli, che avevano immortalato il momento della fine dell'incubo. Dopo che Stefania era stata riabilitata dal Questore in diretta TV, l'attenzione dei media era diventata notevole, e il fatto di non riuscire a trovare la protagonista di una storia così incredibile in casa, al lavoro o in qualunque altro posto dell'universo, aveva solleticato ulteriormente la sensibilità dei giornalisti. Le immagini di Stefania e Gianni abbracciati all'uscita della miniera avevano fatto il giro del mondo, e in Italia l'agente Stefania Pane era diventata una specie di eroe nazionale. L'avere organizzato una missione di salvataggio in modo tanto fallimentare era passato in secondo piano, rispetto all'abnegazione che la poliziotta aveva dimostrato. E anche grazie a Rizzo che aveva smosso qualche sua conoscenza nel settore giornalistico per evidenziare le parti giuste della vicenda.
Per fortuna la notizia era passata rapidamente in seconda pagina, poi in cronaca locale e alla fine era completamente sparita. Oggi c'era solo un trafiletto con la notizia che “L'Eroina del reality torna in servizio” e una sua foto appena uscita dalla Miniera. Diversa attenzione era stata riservata a Paola e Mauro e, soprattutto, alla piccola Francesca: i giornalisti continuavano a fare illazioni sul giorno esatto di nascita, gli astrologi cercavano di capire, grazie al “tema astrologico”, la data e l'ora in cui Francesca era nata, nel buio della Miniera.
E ora, dopo le cure mediche e un brevissimo periodo di riposo, Stefania si ritrovava nuovamente nella Questura Centrale di Torino, davanti a una porta che conosceva fin troppo bene.
Bussò. Dall'interno la nota voce stentorea la invitò a entrare.
Il commissario Cosimo Corelli, detto Cocco a sua insaputa, alzò lo sguardo dal dossier che stava leggendo e quando la vide si alzò in piedi. Stefania percorse il breve tratto fino alla scrivania, si fermò davanti al suo capo e salutò militarmente: «Agli ordini.»
L'uomo si schermì e le tese la mano: «Riposo, riposo, stia comoda» le indicò la sedia.
Si sedettero entrambi.
«Bene, bene, l'agente del giorno. Anzi del mese, mi pare di capire dai giornali.»
Stefania sorrise: «Un po' meno adesso, per fortuna...»
«Mi fa piacere, agente Pane. Io spero che comprenda che l'atteggiamento da me tenuto nei suoi confronti prima degli ultimi avvenimenti, era dettato semplicemente dal fatto che lei risultava in punizione.»
“Accidenti, com'è cauto. Mi sa che qualche cazziatone se l'è preso, il povero Cocco.” Stefania sorrise al proprio pensiero, e rispose: «Me ne rendo conto, Commissario. Credo che lei fosse perfettamente giustificato dalla situazione . Inoltre sono certa che lei ha obbedito a ordini diretti.»
«Esatto!» si esaltò Corelli, senza rendersi conto che la donna stava suggerendo che gli ordini fossero arrivati direttamente dall'ex commissario, ed ex poliziotto, Angelotti. «Proprio così» continuò, «come lei sa benissimo io ritengo la gerarchia e la collaborazione tra colleghi della massima importanza. Un elemento direi vitale per la sopravvivenza della nostra Istituzione.»
“Un politico mancato.”
Corelli parlò ancora per diversi minuti, incensando doverosamente il lavoro fatto da Stefania, scusandosi ancora per il modo con cui l'aveva trattata, e invitandola a ricorrere a lui in ogni momento e in ogni forma avesse ritenuto opportuno. Questo concetto della forma inquietò un po' la ragazza, che sorrise ancora. Il commissario lo interpretò come segnale di simpatia e si rilassò.
«Inoltre sono lietissimo di poterle dare questo.» Così dicendo prese una busta da un cassetto e la porse alla ragazza.
Stefania prese il grosso plico, sul quale spiccava il simbolo della Polizia di Stato, e guardò interrogativamente Corelli, che si limitò a sorridere e a fare un gesto invitante verso la busta.
La aprì.
Dentro c'erano numerosi fogli firmati, controfirmati, carte da bollo, documenti e mille altre cose, ma dopo pochi secondi ne estrasse i due più importanti. Nel solito strettissimo e arzigogolato linguaggio burocratico, dicevano due cose piuttosto fondamentali: che sarebbe tornata nel commissariato di Settimo, e che lo avrebbe fatto da Ispettore.
Alzò lo sguardo su Corelli, e ricevette in cambio un segno di assenso e un sorriso, che gli fece guadagnare diversi punti.
«Ispettore Pane, le mie congratulazioni» disse Cocco alzandosi e porgendo la mano.
«Io... non so cosa dire.»
«Bene, una dote importante in una donna» replicò Cocco, perdendo i punti che si era guadagnato fino a quel momento nella personale classifica di Stefania. La ragazza strinse la mano un po' meccanicamente al suo ormai ex-capo e lo salutò dimenticandosi immediatamente di averlo fatto.
Uscì un po' inebetita dalla sorpresa. Rimase indecisa nel corridoio, osservando la busta il cui contenuto le garantiva un brillante futuro.
«Allora?»
La voce arrivava dal fondo del corridoio. Stefania si girò e vide l'amica che l'aveva salvata. Mentre le si avvicinava notò che anche lei aveva in mano una busta simile alla sua. Quando fu a pochi centimetri si fermò. Federica le sorrise e disse, in cenno di saluto: «Buongiorno, Ispettore».
Stefania, indicando la busta rispose: «Buongiorno a lei, Ispettore.»
Scoppiarono a ridere e si abbracciarono.
«Qualcosa mi dice che la famosa cazzata è stata non solo dimenticata, ma addirittura sepolta!»
«Guarda, per i prossimi cinquanta o sessant'anni cerca di non parlarmi di terra, sepolture e qualsiasi altra cosa abbia a che fare col sottosuolo.»
«Non mancherò. A proposito di sottosuolo...»
Stefania finse di offendersi: «Ma allora non mi ascolti!»
Risero ancora: «Dai, questo è importante. Ti stavo cercando perché mi è arrivata notizia che la squadra di ricerca ha finito i lavori nella Miniera.»
«L'hanno...?»
«Sì. Ci hanno messo parecchio, perché era riuscito a costruirsi un dedalo di cunicoli alcuni strettissimi, e hanno dovuto allargarne diversi prima di trovarne il corpo.»
«Sai che in fondo mi fa un po' pena. Era decisamente impazzito.»
Federica fece una smorfia: «Uhm, forse alla fine sì, ma quando ha deciso di uccidere Mariano era ancora perfettamente sano di mente. Oppure era già matto e noi non lo sapremo mai. E poi, alla fine, chi se ne frega? Tanto ormai è morto, quindi non ci saranno processi alla fine delle indagini. L'unica stranezza è che l'hanno trovato abbracciato a un sacco.»
«A un sacco?»
«Sì, uno di quelli di materiale plastico, pieno di terra. Gli stava sopra, come se se lo fosse messo per coprirsi... o per lottare... strano, no?»
«Sì, però visto che era matto...»
«Esatto. Hai voglia di venire a prendere un caffè al bar?»
Stefania alzò la cartella e disse: «Mi pare evidente che due ispettori possono fare più o meno quello che vogliono... »
Ridendo le due amiche uscirono e si incamminarono verso il solito bar in corso Vinzaglio. C'erano pochi avventori, e un paio di colleghi che, vedendo entrare i due famosi personaggi, le salutarono con un sorriso e un cenno della mano, continuando poi a parlottare tra loro. A Stefania non dava più fastidio questo atteggiamento, adesso, perché si era finalmente scrollata di dosso la famosa “cazzata”, che cazzata non era, alla fine. Temeva che avrebbe impiegato anni a liberarsene e invece il destino, di solito cinico e baro, le aveva dato una mano. E che mano!
«Hai notizie di Paola, Mauro e la bimba?» chiese Federica.
«Sì, mi hanno chiamato proprio ieri. Avevano ottime notizie: a Paola hanno offerto un posto come ricercatrice in un istituto di ricerca, non mi ha detto quale, ma mi pare che sia a Padova, o a Vicenza, un posto così. E a Mauro hanno offerto una cattedra nell'università della stessa città! Non poteva andare meglio, no?»
Federica si schermì: «Sì, anche se lavorare con il proprio partner... ma penso che non avranno problemi: sono stati insieme al chiuso per quattro anni...»
«Già. La piccola ha avuto qualche problema nei primi giorni. Aveva paura del sole: troppa luce. Adesso invece sembra che stia recuperando, anche fisicamente: si temeva qualche reazione allergica o roba simile quando fosse stata esposta al sole, e invece nulla... ha avuto un po' di rossore fastidioso e poi è passato tutto. E poi ha scoperto gli altri bambini...»
«Ma dai! Va già all'asilo?»
«Sì, sì, ed è diventata una specie di celebrità locale. Mi diceva Paola che uno dei suoi compagni ha già detto che da grande vuole sposarla.»
«E lei?»
«Ha risposto che da grande vuole sposare papà...»
«Forte la piccola. Certo che Mauro se l'è vista brutta...»
«Sì, ma dagli ultimi esami che ha fatto pare che la flebo di fortuna abbia funzionato egregiamente. E' ancora un po' debilitato, ma niente che non si possa risolvere con un po' di riposo, tanto amore e magari qualche bistecca In pratica il piccolo chimico gli ha salvato la pelle.»
Federica rise: «Eh eh, forte il tuo Gianni.»
Stefania assentì col capo: «Sì, mi è stato vicino in questa follia, e non mi ha mai lasciata da sola. Quasi quasi me lo sposo...»
«Lui lo sa?»
Stefania inorridì: «Mica gliel'ho chiesto! E' solo un uomo, potrebbe rispondere di no!»
Le due amiche risero di gusto e continuarono a chiacchierare amabilmente per qualche minuto. Si alzarono e impiegarono una decina di minuti a discutere chi avrebbe dovuto pagare il conto, ognuna sostenendo che era il suo turno, che aveva invitato lei e le altre mille scuse che si tirano fuori per cercare di fare una cortesia a un amico. Alla fine pagò Stefania, ma solo perché disse: «La vita non ha prezzo, per cui vale almeno un caffè, no?»
Uscirono senza accorgersi che da un tavolino vicino si era alzato un uomo che non le aveva perse di vista per un solo istante, senza farsi vedere. I suoi pensieri erano neri come il suo sguardo, carichi di odio, la sua mente era completamente occupata dal desiderio di vendetta e non vedeva altro. Indossava un cappello rosso e un paio di occhiali da sole: quello e i capelli lunghi, oltre alla giacca di un paio di misure troppo grande, avevano impedito a Stefania di riconoscerlo.
L'ex-tenente Angelotti si incamminò a passo lento dietro alle due donne donne, aspettando, aspettando, aspettando, aspettando...

FINE

Torino, Gennaio 2008 - Luglio 2009
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Blu
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Messaggio da Blu »

Caspita che finale :o .. ho letto le due parti tutte d'un fiato, incredibile la parte sotto alla miniera, con la paura di quel che non si vede ed il loro salvataggio "a sorpresa", dà ancor di più idea di come, là sotto, il tempo sia una cosa relativa, può sembrare che siano passate poche ore, invece i nostri eroi hanno fatto in tempo a capire cosa fosse successo e a organizzare la missione di recupero/salvataggio :D

Bello anche l'epilogo con il recupero, leggendoti sembra quasi di "vederlo" come se si stesse osservando le immagini al telegiornale :) ; sono contenta che alla fine tutto si sia risolto per il meglio, "cazzata" compresa, anche se la nuova promozione non vorrei che allontanasse Federica da Polloni [:^] :asd: , ma è una conseguenza temuta solo egoisticamente da noi fans, immagino :D :P

Molto inquietante anche il finale-finale, con l'ombra di un nemico pericolosamente ferito che lascia presagire qualcosa, pur non rivelando nulla.. ci sarà uno spinoff? Resteremo nel dubbio per sempre? Chissà :D .. di sicuro la ragazza è in gamba e sveglia :) , oltre ad avere amici affezionati e altrettanto in gambissima (leggasi Mario e Federica :D )




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overhill
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Messaggio da overhill »

Lo spinoff è dietro l'angolo :)

Ma naturalmente dipende da cosa capiterà alla pubblicazione: se diventerà un best-seller dovrò per forza fare qualcosa no? :D

Tra l'altro ho già cominciato con le modifiche, quindi Mauro è diventato Sergio, e Angelotti dovrà diventare qualcos'altro (è il nome di una persona con la quale ho avuto a che dire, per cui non è il caso di metterla su qualcosa che viene pubblicato...)

Il titolo invece è ancora per aria: ad Alberto non è piaciuto quello che gli ho mandato. Ho provato a insistere ma adesso tocca a lui :)
La parola "diretta" mi piace e la parola "tenebre" pure, perché richiama il gioco (e la collana), ma le combinazioni non sono così tante:

(In) diretta dalle tenebre
Le tenebre in diretta


fine... :shock:
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doppiaelle
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Messaggio da doppiaelle »

Io ho deciso che ri-leggerò tutto il romanzo in ferie.... Ho già stampato la nuova versione e mi sta aspettando per quando finalmente avrò finito uno dei miei libroni di circa 600 pagg :asd: :asd:




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Messaggio da doppiaelle »

overhill ha scritto:Bene, con la puntata di oggi, l'epilogo, chiudo la pubblicazione di questo romanzo :)

E' stata una bellissima avventura, e averla condivisa con voi che l'avete letta sono convinto mi abbia portato anche quella fortuna che, se tutto va bene, dovrebbe concludersi addirittura con la pubblicazione :)
Spero vivamente ve lo siate goduto almeno quanto l'ho fatto io scrivendolo.

:)
Per questa notiziona non ti ho ancora fatto i complimenti e i miei auguroni :approved:




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Messaggio da overhill »

Grazie mille, doppiaelle :)
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Messaggio da overhill »

Avendo un po' di tempo a disposizione (beate vacanze...) ho ripensato a mente fresca sul problema titolo. Ho girellato un po' su internet, parlando di AI, e ho trovato, spero, il titolo definitivo.

[center]La stanza cinese[/center]

Mi piace parecchio, ma capisco che chi non è ferrato in materia informatica/psicologica potrebbe rimanere un po' basito.
In ogni caso, anche per chi appunto non sa cos'è una "stanza cinese", secondo me potrebbe restare affascinato e attirato da un titolo simile, specialmente se messo vicino a qualche immagine particolarmente evocativa sulla copertina.

Ho modificato una parte del capitolo "salvate le nostre anime" per fare in modo che Sergio (Mauro, in pratica :) ) possa spiegare cosa è una "stanza cinese".
E qui vi riporto il suo breve monologo di spiegazione :D
Stefania pianse per pochi minuti. Poi i singhiozzi divennero più radi, più distanziati, e infine smise di piangere. Alzò la testa e guardò Gianni, che le sorrise.
«Scusate... » disse, tirando su col naso.
Per tutta risposta, Gianni la strinse di nuovo tra le braccia. La donna ricambiò, poi si divincolò dolcemente e sorridendo disse: «Mi cola il naso...» Gianni frugò nello zainetto e le porse un pacchetto di fazzoletti di carta: «Ecco, asciugati naso e occhi e vediamo cosa possiamo combinare...»
«Una stanza cinese...»
Si erano quasi dimenticati di Sergio. L'uomo era ancora appoggiato alla parete contro la quale era quasi caduto quando erano entrati nella “stanza di Sid”, e non aveva più parlato. Ora stava cercando di alzarsi, e Paola si era precipitata per aiutarlo, borbottando circa la necessità di riposarsi.
«Ho già sentito quest'espressione» borbottò Gianni, «ma non riesco a ricordare...»
«Se ti occupi di psicologia è facile che ne hai sentito parlare, specialmente se ti sei occupato di intelligenza artificiale.» Sergio si muoveva dentro il suo elemento, e si vedeva: «Esiste un test a livello teorico, che afferma che se una persona non è in grado di capire se sta parlando con un computer o con una persona, allora il computer è “intelligente”. Si chiama test di Turing. Ma un altro ricercatore, mi pare si chiami Searle, o qualcosa del genere, ideò un altro esperimento, sempre teorico, detto “della stanza cinese”, che serviva a confutare questa teoria. Diceva più o meno questo: se io metto in una stanza un computer programmato in modo da rispondere a un ideogramma-domanda con un ideogramma-risposta in base a una tabella, una persona che conosce il cinese e gli proponesse delle domande potrebbe credere che il computer “sa” il cinese. Ma se nella stanza entro io, che non conosco una parola di cinese, e faccio la stessa cosa, la persona al di fuori continuerà a credere che chi è dentro la stanza conosce il cinese, visto che continua a ottenere risposte corrette. Ma io non lo conosco! Quindi il computer non “sa” il cinese. E quindi non è “intelligente”. Che io sappia fino a oggi nessun programma è mai riuscito a superare il test di Turing. Ma questo ci si è avvicinato parecchio...»
Terminò la frase indicando il grosso monolite nero e osservandolo con qualcosa che sembrava molto vicina al rispetto.
Ho già avuto l'avallo da Max e da Blu, ma ci tengo ad avere anche la vostra opinione :)
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