Ed ecco la terza e ultima parte!
TERZA PARTE
… E poi si sentì trascinata via da una corrente incredibile, e in pochi secondi si trovò a cadere da una cascatella in un piccolo specchio d’acqua. La temperatura lì era molto più calda.
Le sue braccia incontrarono il bordo della piscina, e con un supremo sforzo di volontà lei vi si aggrappò e si tirò su.
Lara si abbandonò al terra sputacchiando e ansimando, ingoiando quanta più aria poteva, respirando avidamente; in pochi minuti le tornarono le forze, e la tensione si dissolse.
Quando si sentì meglio, Lara si alzò barcollando e prese coscienza del luogo in cui si trovava. Era una specie di anticamera squadrata, illuminata di un’intensa luce rosa, in cui due fontane si fronteggiavano: lei era stata letteralmente sputata in una delle due da un enorme doccione a forma di faccia, con la lingua di fuori; lo stesso meccanismo si indovinava nella fontana lì di fronte.
Da entrambe le fontane si dipartivano poi due piccoli ruscelli che si allungavano attraverso tutta la stanzetta, per inoltrarsi al di là di un arco sulla parete di fondo, da cui pendeva un velo svolazzante che impediva di vedere cosa ci fosse oltre.
Appoggiato ad una delle due basi dell’arco stava Hatred, non meno bagnato e ansimante di lei.
“Mai… mai vista una cosa simile” disse lui tossicchiando: non sembrava tanto spaventato quanto ammirato, come se il trovarsi in quelle situazioni costituisse per lui un piacevole diversivo, un’allegra gita nell’ignoto. Lara non la pensava allo stesso modo.
“Ti piacerebbe farci un altro giro, per caso?” domandò stizzita. Lui ridacchiò della sua insopportabile risata.
“Magari ci facciamo un giro insieme più tardi” rispose in un tono odiosamente malizioso “Un fiume ciascuno è un po’ troppo, non credi?”
Un fiume ciascuno, due fiumi. Questa idea balzò nella mente di Lara in una maniera così repentina da farle correre un brivido lungo la schiena.
“I due fiumi!” urlò improvvisamente “Non può essere lontano!”
E, ignorando lo sguardo basito di Hatred, corse al di là del velo.
Lui le corse dietro.
La vista che si parò loro dinanzi fu assolutamente emozionante.
Si trovarono in un’immensa sala a cupola, simile a quella degli Sposi in superficie, ma circa dieci volte più grande, e soprattutto, a differenza di quest’ultima, perfettamente conservata,
Lungo le sue pareti correvano trame di affreschi meravigliosi: su uno sfondo rosso danzavano delle menadi, dei satiri facevano festa, dei musici suonavano e dei poeti cantavano le loro odi; man mano che si saliva, le figure si amalgamavano in intrecci sempre più complessi, e convergevano tutte verso la chiave di volta, dove due sposi sedevano in trionfo.
Ma l’attenzione di Lara fu attirata dal fondo della stanza.
I due rigagnoli provenienti dalle fontane si separavano poco oltre il velo e correvano lungo tutta la circonferenza della sala, si riunivano sul fondo in un piccolo specchio d’acqua rotondo, al cui centro stava un basamento della stessa forma; su di esso, Lara ebbe un tuffo al cuore nel vedere i due sposi del sarcofago.
Erano ovviamente due statue, ma erano del tutto identiche a quelle del sarcofago, almeno nei lineamenti del volto: questa volta però non erano stesi, ma in piedi; ciascuno dei due sembrava muovere un passo verso l’altro, e nel frattempo si tendevano la mano. Al centro, dove le loro mani si toccavano, stava qualcosa coperto da un velo di tessuto damascato.
L’archeologa mosse verso di loro, con gli occhi lucidi. Era tutto come aveva previsto, tutto come aveva sempre creduto dovesse essere! Adesso sapeva chi davvero fossero quei due sposi… e tutto stava per volgere al termine. Possibilmente, un lieto fine.
“Lady Croft!” gridò Hatred “Mi vuoi spiegare?”
Lara sbuffò. Non si girò nemmeno a guardarlo, e proseguì verso il fondo della sala, in direzione degli sposi. Lui la seguì, impaziente.
“All’alba dei tempi” cominciò a raccontare Lara quando fu circa a metà stanza “Tinia, il Dio della Terra, si innamorò di Uni, Dea del Cielo. La loro unione era impossibile, perché il cielo non può stare con la terra”.
Così dicendo, Lara era giunta al cospetto degli sposi. Con un balzo elegante fu sul loro basamento; li guardò in faccia: i loro occhi non avevano pupille, ma era certa che ciascuno dei due aveva lo sguardo fisso in quello dell’altro.
“Ma il loro amore nono conosceva confini” continuò Lara “così, spinti da esso, idearono uno stratagemma: Tinia fece scorrere un lunghissimo fiume di acque purissime, che attraversava tutta la terra fino alle Colonne d’Ercole, dove però non terminava, ma saliva verso il cielo; Uni invece prese le stelle più belle, le più brillanti, e ne fece un secondo fiume, che dal cielo scendeva verso la terra. Così, al punto d’incontro tra i due fiumi, i due si incontrarono, si amarono e diedero vita alla razza umana”.
Hatred applaudì, con fare canzonatorio.
“Bene, Lady Croft, mi hai raccontato questa assurda favoletta… ora, per cortesia, vorresti spiegarmi…?”
“Proprio non capisci, vero?” disse Lara, roteando gli occhi. “Tutto quello che abbiamo fatto finora, tutte quelle prove… tutto rimandava all’Amore. Perché “Qui è l’Amore Eterno”, come diceva l’iscrizione nella Camera degli Sposi. Tutta la logica di questo luogo obbedisce all’Amore: per entrare, abbiamo… HO dovuto illuminare il corridoio d’ingresso e la caverna con il fuoco, come quando ci si innamora e si vede il mondo per la prima volta alla sua luce. Poi, nostro malgrado, abbiamo dovuto proseguire insieme, tenendoci a braccetto per sostenerci l’un l’altra lungo il nostro cammino” a questa frase sia lei che lui emisero un grugnito.
“I due fiumi, infine, simboleggiano il fatto che, al di là di tutte le sofferenze, al di là di tutte le separazioni, ci si ritrova sempre insieme. Esattamente come per Tinia e Uni”. E dicendo così indicò i due sposi.
“Sì, sì, sì, va bene” cantilenò Hatred “Ma… quello, quello dov’è?”
Lara si sentì disgustata di lui come mai lo era stata fino ad allora. La sua spiegazione non gli aveva lasciato assolutamente niente. Ma ormai era tardi per recriminare: doveva affrontare la situazione come veniva.
Così afferrò il drappo e lo scostò.
Un bagliore di luce intensissima illuminò la stanza: dove le mani di Tinia e Uni si toccavano, era adagiato un grosso serpente di zaffiro, di un blu intenso. Era avvolto sulle sue spire, al cui centro era incastonato un cuore; il serpente sembrava proteggerlo, pronto a mordere chiunque lo avesse toccato. Era senz’altro l’oggetto più prezioso e più puro che Lara avesse mai visto.
“L’acqua del fiume di Tinia… più le stelle del fiume di Uni” disse Lara a sé stessa, ripetendo mentalmente il finale della leggenda che aveva appena raccontato. Era di quel materiale che gli antichi Etruschi credevano fosse fatto quel gioiello.
Sia lui che lei guardarono estasiati il Serpente di Zaffiro; poi, con uno scatto, Lara si gettò su di esso, ma fu scostata da Hatred, che le si buttò addosso con tutto il suo considerevole peso, facendola rovinare per terra.
L’archeologa estrasse le sue pistole e le puntò verso di Hatred, che, con una sonora risata, sollevò al cielo il gioiello.
“È mio!” gridò con una gioia furente.
“Non così in fretta, Hatred” ringhiò Lara “Il fatto che tu sembri invulnerabile ai miei proiettili non significa che tu sia invincibile. Dammi subito il Serpente di Zaffiro, o troverò un altro modo per farti fuori!”
Hatred si voltò a guardarla con uno sguardo selvaggiamente perverso, che le fece gelare il sangue nelle vene.
“Ma Lady Croft, non ho mai detto che non te lo darò” rise “Io volevo solo trovarlo, e tu mi hai aiutato a farlo… quindi suppongo che debba essere tuo”.
Lara non capiva. Cosa voleva davvero quell’uomo malefico?
“Il vero problema” seguitò “In realtà è come io te lo darò…”
E con una naturalezza spaventosa fece forza sulle due estremità del Serpente di Zaffiro.
Che si spezzò in due metà.
Il tutto si era svolto in così poco tempo che Lara sentì il suo cuore mancare un colpo.
Il Serpente di Zaffiro si era spaccato in due come se non fosse fatto di una pietra dura, ma di un cristallo molto più volgare.
Ridendo fortissimo, Hatred lanciò le due metà dell’artefatto in direzione di Lara, le cui mani tremavano incredibilmente. Si sentiva il cuore a pezzi, e, cosa più unica che rara, aveva voglia di piangere.
I pezzi del Serpente di Zaffiro giacquero a terra. Il loro bagliore era perso per sempre.
“Giuro che te la farò pagare…” gemette Lara, ma la sua frase fu troncata da un fortissimo rumore.
Improvvisamente, con un gran clangore, due porzioni del muro accanto agli sposi si aprirono, rivelando altrettanti passaggi segreti. Si intravedevano delle scale a chiocciola.
Hatred mosse verso l’apertura più vicina a lui.
“Bene, Lady Croft, devo ammettere che è stato un piacere” disse “Alla fine ho vinto io, ma ti assicuro che è stata una partita… ah, molto interessante. Adesso io me ne andrò, e tu mi lascerai fare, nevvero?”
Lara stava per rispondergli a tono gettandosi contro di lui, quando un lampo le attraversò il cervello. Con un gioco d’occhi quasi impercettibile, diede uno sguardo all’apertura verso la quale si stava dirigendo Hatred, e poi guardò quella accanto a lei.
“No” disse poi tranquilla, rimettendo le pistole nelle fondine “Penso che ti lascerò andare”
Stavolta fu Hatred ad essere sorpreso.
“… Come?” chiese, con un tono interrogativo e ingenuo che cozzava con quello smargiasso di poco prima.
“Hai ragione, Hatred. Hai vinto tu, e io devo lasciarti andare… per la tua strada”. Sottolineò quest’ultima frase con un sorriso furbo.
Hatred la guardò dubbioso; poi decise di ignorarla, e scrollando le spalle oltrepassò l’apertura.
Aveva mosso pochi passi al suo interno quando si sentì di nuovo il rumore di poco prima, e il muro si richiuse dietro di lui, prima che potesse fare qualsiasi cosa. Un secondo rumore, più lontano, provenne da qualche parte al di sopra della sala, e Lara capì che anche l’uscita in cima alla scala si era chiusa, imprigionando Hatred.
Guardò grata la scala nell’alcova accanto a lei, rimasta aperta. Hatred, nella sua ignoranza, non poteva averlo notato, ma c’era una grossa differenza tra la scala che si trovava in quella apertura e quella dell’apertura in cui si era ficcato lui: la prima era formata infatti da due ordini di scalini, che si intrecciavano tra loro formando qualcosa di simile all’elica del DNA, mentre la seconda era una semplice scala a chiocciola. Anch’esse obbedivano alla logica dell’Amore.
“L’egoismo ti ha fregato, Hatred” disse Lara ad alta voce, perché lui la sentisse al di là della parete “La via giusta è sempre quella che si può percorrere in due”.
Nessuna risposta.
“Ascolta” seguitò Lara “Io posso aiutarti a uscire di qui, e sono certa che tu sia in grado di aggiustare il Serpente di Zaffiro. Io aiuto te, tu aiuti me: mi sembra uno scambio equo, vero Hatred? Hatred? Hatred!”
Lara bussò forte alla parete per tre volte, ma i colpi rimbombarono nel vuoto. Sembrava che non ci fosse nessuno.
Per molto tempo Lara indugiò sulla parete, bussando e chiamando come in trance. Hatred sembrava scomparso nel nulla, allo stesso modo in cui era comparso ore prima.
Fu solo quando lo sguardo le ricadde sull’orologio, e quando si accorse di essere davvero molto in ritardo, che Lara decise di lasciar perdere e sostenere quella prova andata male fino alla fine; non poté fare altro che riprendere i due pezzi del Serpente di Zaffiro (provò addirittura a spaccarlo ulteriormente, nella vana speranza che si trattasse di un falso in materiale volgare e che l’originale fosse nascosto altrove, ma quello rimase duro e infrangibile) e imboccare mestamente la seconda apertura. La scala, interminabile, la portò fuori, a pochissima distanza dall’ingresso della Camera degli Sposi.
Il panorama non era cambiato molto, se non per il fatto che il sole si trovasse adesso ad occidente, un grosso occhio di fuoco nel cielo, e che ci fosse un elicottero ad attenderla, con a bordo il fedele maggiordomo Hillary.
Lara rimase triste e pensierosa per tutto il volo; non trovò nemmeno la forza di rispondere a tono a Hillary, il quale, esaminando i due pezzi del Serpente di Zaffiro, aveva suggerito di usare del collante universale.
Quando l’elicottero atterrò, il sole morente aveva dipinto il cielo di uno spettacolare indaco; il mare riluceva di mille diamanti dorati, che trafissero gli occhi di Lara con una malinconia immensa.
La donna scese dall’elicottero perfettamente ripulita e con indosso un bellissimo abito da sera color prugna, i capelli sciolti che le ricadevano fino alla vita; l’unica cosa che la rincuorò appena fu ricordare che, millenni prima, quella terra era stata la culla di una delle civiltà più importanti del Mediterraneo.
Scortata dallo zelante Hillary, Lara raggiunse un elegante edificio bianco su un’altura a picco sul mare. Se non ci fosse stata tanta amarezza nel suo cuore, di certo quella visione sarebbe stata per lei oggetti di una grande ammirazione.
Al suo arrivo in un ampio spiazzo lastricato bianco, dove molte persone si intrattenevano ridendo, chiacchierando e scherzando, calò un improvviso silenzio. Tutti gli sguardi furono catalizzati dalla sua apparizione, e più di una persona rimase a bocca aperta. Un longilineo ragazzo occhialuto, che aveva approfittato del momento di pausa per fare il ritratto ad una placida signora dagli occhi azzurri e dai capelli neri, quasi svenne nel vederla, e la donna dovette sostenerlo.
Lara passò avanti, a testa bassa. In altre occasioni le sarebbe piaciuto fermarsi a parlare con qualcuno di loro… ma la sconfitta le gravava sulle spalle, e lei non sentiva di meritare quell’ammirazione.
Stava addirittura pensando di tornare indietro, quando si sentì chiamare:
“Lara! Ehi, Lara!”
Si voltò verso il centro del piazzale, e vide un ragazzo e una ragazza che si tenevano per mano: lui, in giacca e cravatta, aveva i capelli corti e il pizzetto sistemato a puntino; lei, folti capelli ricci e scuri, vestiva un elegante abito bianco di tulle. Sorridevano raggianti.
Timidamente, Lara li salutò e si avvicinò a loro.
“Ehm… ciao, ragazzi” mormorò.
I due la strinsero a turno in un abbraccio, poi la ragazza le disse, con voce morbida e pacata:
“Sei in ritardo, e questo ce l’aspettavamo. Non ci aspettavamo, invece, che tu fossi così mogia: che ti succede? La tua avventura ti è andata male?”
Lara rimase allibita.
“Dovete conoscermi molto bene” disse sarcastica “Ho la faccia tanto stravolta?”
“No” rispose il ragazzo con voce bassa e profonda “Hai gli scarponcini sporchi”.
Con orrore, Lara guardò in basso e notò che la punta dei suoi anfibi, da lei dimenticati ai piedi, faceva capolino dal vestito, incredibilmente sozza di fango.
L’archeologa si prese il volto tra le mani, devastata.
“Si vede che oggi è la mia giornata no, ragazzi. Scusate, ho rovinato tutto”.
E raccontò loro la sua assurda avventura nel Palazzo degli Sposi. Dopo aver terminato con la leggenda del Serpente di Zaffiro, e aver fatto un resoconto dettagliato di come questo si era trovato spezzato in due metà, lo tirò fuori dalla borsa che portava a tracolla. Il rivederlo acuì il suo malessere.
“La leggenda narra” spiegò “che chi possiede il Serpente di Zaffiro riceverà il dono dell’amore eterno. Mi sembrava un ottimo dono di nozze, per voi…”
I due ragazzi sorrisero e si guardarono negli occhi. Poi presero ciascuno una metà del Serpente di Zaffiro, e senza dir altro le ricongiunsero.
Improvvisamente, il bagliore che Lara aveva visto nel Palazzo e che si era perso con la rottura dell’artefatto tornò a splendere più forte che mai: dalle mani dei due ragazzi una luce purissima irradiò su tutti i presenti, che si voltarono e, mettendosi una mano sugli occhi per proteggersi dall’accecamento, cercarono la fonte di quel miracolo.
Il tutto durò pochi secondi, ma fu lo spettacolo più incredibile che Lara avesse mai visto; poi la luce tornò a spegnersi, e le uniche due figure ancora rilucenti di essa furono i due sposi.
Lara capì. Capì tutto.
“Che stupida che sono stata” disse allora Lara, ma sorridendo e con lacrime di felicità agli occhi, mentre i due ragazzi si portavano al cuore ciascuno la propria metà del Serpente “non posso regalarvi certo quello che avete già. E certo non avete bisogno di un reperto leggendario perché sia vostro in eterno”.
“È un oggetto bellissimo, Lara” sorrise la sposa “E ti ringraziamo immensamente per avercelo donato”.
“Potremmo sempre farne un bel soprammobile” suggerì lo sposo.
“Ora che ci penso” sorrise Lara “Hillary ha detto di avere un collante universale da qualche parte sull’elicottero… Quasi quasi mando due scrittorucoli da strapazzo di mia conoscenza a prenderlo, che ne dite?”
Le risate di Lara e dei due sposi risuonarono felici fino al cielo, avvinghiato al mare in un abbraccio eterno.
Le stelle dell’uno si specchiavano nelle acque dell’altro.
FINE
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