... Ed ecco la sorpresa Potevamo io e Over non approfittare dell'occasione di scrivere qualcosa a tema lariano? Stavolta si tratta di due racconti brevi "gemelli", uno scritto da me e l'altro da Over, che possono essere letti sia da soli, come una storia autoconclusiva, sia l'uno di seguito all'altro per formare un'unica lunga avventura
Oggi e domani vi presenterò quello scritto da me, che è FUORI CONCORSO quindi NON va votato: la sua funzione è infatti quella di fare da apripista all'antologia di racconti che vedrà la luce tra qualche tempo, e conterrà tutti i racconti in gara più quelli, fuori concorso, degli altri partecipanti... insieme a quello di Over
Ancora una volta, BUONA LETTURA
I Volti della Bestia
1990- Al largo di Alessandria d’Egitto.
“Mademoiselle, le dispiacerebbe fare…. meno rumore?”
Una giovane donna in pantaloncini e canotta verde, sudata e sporca di polvere, distolse lo sguardo dall’epigrafe che stava cercando di decifrare, e con un ringhio di rabbia si rivolse al ragazzo seraficamente seduto all’ingresso della sua tenda, a pochi metri da lei.
Era raro che Lara Croft si facesse delle idee tanto drastiche e fulminee circa qualcuno che conosceva da poco; eppure era perfettamente sicura di odiare Pierre Dupont.
Lo aveva odiato nel momento stesso in cui il loro professore in comune, il celebre egittologo Nathanael Webster, glielo aveva presentato.
Nemmeno sei giorni prima.
Pierre, francese trapiantato in Inghilterra, si era laureato un anno prima in archeologia, esattamente come lei: adesso sarebbe stato il suo compagno nella spedizione che il professore aveva organizzato in quella minuscola isola sperduta nel Mediterraneo, e che sarebbe valsa a entrambi il diploma necessario per esercitare la professione.
Una sola, fredda stretta di mano, e Lara aveva odiato Pierre Dupont.
E, la ragazza ne era sicura, il sentimento era reciproco.
Per questo motivo, pur trovandosi in una situazione che altrimenti l’avrebbe resa euforica, non riusciva a trattenersi dallo sbuffare, mentre con pazienza certosina cercava di compiere i rilievi basilari sul luogo.
Il rimbrotto di Pierre era rivolto a una di quelle rumorose esternazioni.
“Spiacente di disturbarla, Monsieur” replicò Lara nervosa “ma… sono tre giorni che siamo qui, e tu non hai fatto altro che bere birra, seduto fuori della tua tenda, mentre io mi sono data da fare per due… non pensi che sia normale, che io sia un tantinello stufa?”.
Pierre ridacchiò; si alzò dalla zona ombreggiata e le venne incontro con movenze da dandy. La contraddittorietà dei suoi comportamenti era quello che Lara maggiormente odiava in lui: aveva i capelli ben pettinati e un elegante pizzetto, ma il volgarissimo giubbotto in pelle che si ostinava a portare anche sotto il sole cocente recava stampata sul retro l’immagine di una donna nuda, decisamente poco in tono con il suo portamento snob.
Si affacciò al cancelletto che cingeva lo scavo e la guardò sornione.
“Nessuno ti ha ordinato di farlo, chérie” le rispose “Non è colpa mia se ti ammazzi di lavoro su quei mucchi di rocce… hai fatto tutto tu”.
Lara lo squadrò, allibita e indignata al tempo stesso.
“A parte il fatto” gli rispose, rabbiosa “che se non ci ‘ammazziamo di lavoro’ il diploma non lo prendiamo… proprio non capisco come tu sia riuscito a laurearti in archeologia, se queste rovine ti sembrano mucchi di rocce!”
Di nuovo Pierre rise.
“Ah, Lara, Lara, Lara” disse con aria saccente “Sei limitata, ragazza mia! Tu pensi che un archeologo sia semplicemente uno che saltella di tomba in tomba alla ricerca di antichi reperti… Guarda me, invece: la mia forza sta nel sapere bene che questo mestiere offre altre possibilità, ben più appetibili…”
Un guizzo di avidità balenò negli occhi del ragazzo a quella frase sibillina.
“Per quanto riguarda il diploma, poi” seguitò il francese “beh… non so tu, ma per quanto mi riguarda non ho molto da temere, finché ci sarà qualcuno che fa il lavoro sporco per me…”
“Adesso basta, Pierre, questo è troppo!” esclamò la ragazza, indignata da quell’allusione, e fece per avventarglisi contro; ma nel compiere il balzo incespicò in uno spuntone di roccia, e cadde pesantemente al suolo.
Pierre scoppiò in una risata sguaiata.
“La grande Lara Croft!” la canzonò “Cosa direbbe tuo padre vedendoti rotolare tra la polvere? Di certo ne sarebbe… Lara? Mi stai ascoltando?”
No, Lara non lo stava ascoltando. Appoggiata con le braccia per terra, non aveva nemmeno tentato di rialzarsi: fissava il pavimento sotto di lei, con una strana allerta, così concentrata da tremare vistosamente.
“Hai… hai sentito anche tu?” chiese a mezza voce. Pierre scosse la testa, incuriosito e allarmato a un tempo. “Il… il pavimento… c’è del vuoto qui sotto!”.
Prima che il suo compagno potesse replicare, Lara era scattata in piedi e aveva caracollato fino al suo zainetto, poggiato alla base di una colonna; ne aveva estratto una cazzuola ed era tornata al punto dov’era caduta, e si era messa con foga a scavare. Pierre la scrutava incuriosito.
Pochi minuti dopo, Lara aveva riportato alla luce una lastra di granito che aveva tutta l’aria di coprire una botola. La ragazza, ansante, la guardò soddisfatta.
Su di essa era incisa la terribile figura di un grifone tricipite.
“Che cosa sarebbe quella… cosa?” chiese Pierre con un tono a metà tra il disgustato e l’ammirato.
“Non posso crederci” rispose Lara, estasiata “è proprio… Proteo!”
Pierre non parve soddisfatto: sbuffò e domandò, seccato:
“Ripeto la domanda, forse non l’hai sentita bene: che cosa sarebbe quella cosa? E, ti prego, stavolta rispondimi in una lingua comprensibile”.
In un solo attimo, tutto l’entusiasmo di Lara fu sostituito dal disgusto per l’uomo che aveva alle spalle.
“Ma come hai fatto a prenderla, quella laurea?” lo rimbeccò “Vuoi davvero dirmi che non hai nessuna idea su cosa possa nascondere quest’isola?”.
Pierre fece spallucce. Quando, giorni prima, il professor Webster li aveva portati per il primo sopralluogo su quella minuscola isola a poche leghe da Alessandria, non aveva dato loro particolari consegne: aveva solo ordinato loro di analizzare le scarse rovine che si trovavano su quei pochi metri quadri, stilando una relazione in merito; l’unica cosa che aveva sentitamente raccomandato era di godersi il favoloso panorama del mare che si stendeva attorno all’isola in qualunque direzione si guardasse.
Né lui né tantomeno il batrace francese che gli aveva dato per compagno sembravano realmente interessati a quel posto; ma Lara, che era abituata a non prestare molta fede alle istituzioni, aveva già cominciato a viaggiare con la fantasia.
E la scoperta di quella botola non era che la conferma della sua ipotesi: quell’isola poteva nascondere ben più di quanto non apparisse…
“Ti farò un favore, Pierre” sentenziò Lara, senza smettere di spolverare l’incisione “ti darò qualche conoscenza base di mitologia greca, visto che tu non ne sai un bel niente”.
“Mitologia… Greca? Mi sembrava, Mademoiselle, di essere in Egit…”
“… La Grecia è a poche bracciate da qui” lo zittì Lara “e poiché è stata la dominatrice del Mediterraneo per secoli, non ti dovrebbe stupire se l’Egitto c’entra qualcosa con la sua mitologia! In ogni caso, devi sapere che, quando gli antichi greci frequentavano queste acque, avevano solenne timore di un semidio di nome Proteo… l’accento va sulla prima O… il quale viveva su un’Isola al largo dell’attuale Alessandria. Proprio come quella su cui siamo ora”.
“Ma guarda” rispose Pierre, per nulla interessato alla sua spiegazione.
“Si narrava” proseguì Lara, incurante della sua insensibilità “che Proteo fosse in grado di leggere nel futuro dei marinai che vi si imbattevano… ma prima lo si doveva andare a trovare nella sua tana e domarlo. E non doveva essere un’impresa facile, visto che era in possesso di una magica pietra che lo rendeva quasi invulnerabile… e, soprattutto, in grado di mutare aspetto a suo piacimento”.
“Questo è già più interessante” disse Pierre, improvvisamente riscossosi “E, sentiamo… contro quale colonna sei andata a sbattere, prima di cominciare a pensare che tra tutte le isole del Mediterraneo, proprio questa possa essere quella di Proteo?”
“In effetti lo pensavo da prima dell’inizio della missione… ma non chiedermi come faccio a saperlo. Mi baso su fonti alternative, mettiamola così” spiegò sibillina; poi, di scatto, si alzò dalla lastra e si portò con violenza le mani ai fianchi, sfinita. “Ma è sigillata!” esclamò “Dovremo lavorarci, e ci porterà via diverse o… Pierre? Dove sei andato?”
Il ragazzo fece capolino da una colonna; recava tra le braccia uno zaino all’apparenza molto pesante. Senza dire una parola, si inginocchiò accanto a lei, lo aprì e iniziò ad estrarne una quantità spropositata di armi.
Lara le guardò stupefatta e inorridita: davanti a lei il francese accatastava coltelli, pistole, mitragliette, perfino un paio di bolas argentine.
“Quelle sono… dove hai… ma… ma sei autorizzato a portarle tutte?” balbettò, senza capire quali fossero i suoi reali propositi.
“Mh, più o meno” bofonchiò evasivo Pierre, continuando a estrarre armi. Poi, finalmente, trovò quello che cercava: sembrava un panetto di creta. Lara lo vide posare lo strano oggetto sulla botola da lei scoperta e inserirci un’asticella di gomma, dalla cui sommità spuntava un led rosso lampeggiante.
La ragazza non aveva mai visto niente di simile, ma prima che potesse chiedere qualsiasi cosa all’altro, questo le afferrò un polso e la condusse con noncuranza oltre il cancelletto.
“Mi vorresti spiegare…” gli chiese.
“Dopo, dopo” le rispose lui tranquillo “Adesso sta’ giù, da brava”.
“Cosa? Non intenderai… NO!”
Lara aveva compreso troppo tardi: ebbe appena il tempo di chinarsi con un grido, prima che la botola saltasse in aria.
“Sei spregevole ed insensibile, ecco cosa sei!” diceva Lara a Pierre, mentre lacrime di rabbia le rigavano il volto. I due si erano calati attraverso il grosso cratere che apparso al posto della botola, e scendevano un’umida scala di pietra. Il risentimento che lei provava verso il comportamento vandalico del ragazzo le impediva di godersi appieno quella che, a conti fatti, era la sua primissima scoperta archeologica.
“Oh, avanti, non fare la santarellina” le rispose lui, scendendo con indolenza le scale “Non dirmi che non sei contenta che io ti abbia fatto risparmiare tempo!”
“Beh…” iniziò Lara, per un momento confusa. Sembrava essersi resa conto solo allora del fatto che, grazie ai modi spicci di Pierre era riuscita ad entrare con notevole anticipo in quel luogo “M… ma questo non ti autorizza a…”
“… E poi, mademoiselle Croft” la interruppe lui, approfittando del vantaggio che inconsapevolmente lei gli aveva offerto “Mi par di ricordare che lei stessa sappia sparare… o non è lei che ha vinto il Primo Premio al poligono di tiro del Wimbledon?”
“Questo non c’entra assolutamente niente!” gridò Lara, irritata “Saper usare le… quelle cose… non significa per forza doverle usare!”
“Punti di vista. Costruisciti un campo d’addestramento nel giardino di casa e ne riparliamo” la rimbeccò Pierre “Adesso stai un po’ zitta, e guarda qui”.
La ragazza si era a malapena accorta che i gradini erano terminati. Dovevano trovarsi molto in profondità, adesso; erano in un minuscolo e buio vestibolo scavato negli scogli, le cui mura erano umide e fredde.
La stanzetta aveva una strana aria primordiale e solenne, come se servisse a introdurre in un ambiente dalla sacralità inviolabile; una rozza porta di pietra ostruiva il passaggio. Lara lasciò perdere la bega con Pierre e, estasiata, percorse il perimetro della stanza con la mano sulle pareti. Si sentiva eccitata e timorosa al tempo stesso.
“Je suis désolé, mademoiselle, mi spiace disturbarla” esclamò brusco il suo compagno, chinandosi a esaminare la porta “quando ti sarai svegliata, magari, vieni a darmi una mano… questa porta non sembra avere intenzione di spostarsi… uhm, mi servirebbe qualcosa che…”
Ma prima che potesse terminare la frase, il francese si sentì violentemente spinto da parte; fece appena in tempo a girarsi, che Lara era saltata a piè pari contro la pesante porta. L’urto la fece rovinare a terra, ma spinta dal suo peso la porta si era spostata quel tanto che bastava perché potesse essere aperta a braccia.
“M… mon dieu!” balbettò Pierre, guardando stupefatto Lara “Non eri tu quella che non approvava i metodi bruschi?”
“Chi ha mai detto che non li approvo?” sorrise lei, rialzandosi e massaggiandosi la spalla sinistra “Solo apprezzerei un po’ di classe, quando vi si fa ricorso”. Quindi, con estrema nonchalance, spinse la porta in avanti e si addentrò nel nuovo ambiente.
Appena ebbe varcato la soglia, Lara fu investita da un fortissimo e intenso profumo, esotico e aromatico. Cercò di riaprire gli occhi, chiusi dall’improvvisa zaffata, e proseguì in quello che sembrava un ambiente luminoso. Non si aspettava, dopo il buio delle scale, di vedere della luce.
Ciò che la accolse la lasciò senza fiato.
Lara poteva vedere il mare stendersi in tutta la sua immensità.
Ma non davanti a lei.
Sopra di lei.
Il soffitto dell’immensa grotta in cui si trovava adesso era di una pietra talmente sottile e levigata da sembrare vetro; la grotta si trovava in profondità, sotto il mare, perfettamente visibile sopra la testa di Lara. Ogni singolo corallo, ogni pesce indolente, ogni stella marina era discernibile nell’infinita massa celeste appena trafitta dai raggi del sole.
La ragazza tremava di emozione: davvero qualcuno era stato in grado di costruire un posto così bello? Quello che era certo era che lei era la prima persona che vi metteva piede dopo millenni.
Avrebbe voluto rivivere quel momento mille e mille altre volte.
A fatica distolse lo sguardo dallo spettacolo del soffitto, e lo diresse verso il resto della grotta. L’ambiente, vastissimo, era stato scavato negli scogli con estrema perizia, tanto che nelle sue geometrie non si riconosceva il punto in cui terminava l’azione della natura e incominciava quella umana. Lara vedeva sei enormi colonne scandire una grande navata nella zona centrale della caverna; a circa metà di essa c’era quello che sembrava un tabernacolo di pietra. In fondo alla stanza, una piccola scalinata portava ad una statua immersa nella penombra.
E impressionante era la quantità di cespugli: arbusti di una varietà infinita di piante mediterranee spuntavano dai muri, dal pavimento, dalle colonne, ai piedi dell’altare, perfino a ridosso della scalinata. I colori delle piante, misti ai riflessi cangianti del mare sovrastante, conferivano all’ambiente un’atmosfera sensazionale, onirica.
“Meraviglioso…” riuscì a mormorare Lara, stordita dall’emozione e dalla combinazione di odori che si avvertiva.
“Sì, notevole” rispose Pierre alle sue spalle, con una strana e annoiata voce nasale. Lei si voltò a guardarlo, e scoprì che si era tappato il naso.
“Non… non riesco a capire che tipo di luogo sia” disse Lara, accarezzando lo strano altare al centro della caverna, che presentava tre piatti di pietra simili a quelli di una bilancia “A prima vista sembrerebbe un tempio, ma… ha qualcosa di strano, come se… come se fosse stato fatto per abitarci!”
“A me piace di più quella” sibilò il ragazzo, dirigendosi verso la statua sul fondo.
Era decisamente singolare: rappresentava un uomo assiso su un trono di pietra, ma i suoi abiti poco si addicevano ad una simile posizione: erano quelli di un pastore. Il volto era reclinato in avanti, coperto dalla tesa di un cappello di paglia; ma le sue mani erano aperte e protese in avanti, i palmi in alto, e, attaccati ai polsi, pendevano quelli che parevano dei sonagli di rame.
Ai piedi della scalinata, infine, c’era una spaventosa massa di scheletri, armati di tutto punto e ammonticchiati in posizioni scomposte.
Ma l’attenzione di Pierre era stata conquistata dall’unico monile che l’uomo indossava: una pietra perfettamente sferica che gli pendeva dal collo… catturato da quell’oggetto, il francese salì sul primo scalino e si avvicinò alla statua, le mani protese…
“Pierre, NO!” gridò Lara.
Il ragazzo sobbalzò, e si voltò di scatto verso lei. Ansante, Lara era accovacciata accanto all’altare.
“Che cosa c’è?” disse acido Pierre.
“Hai capito chi è quello?” ribatté Lara, raggiungendolo a grandi falcate “è lui… il semidio pastore… è Proteo!”
“Enchanté” rispose il ragazzo sardonico “Ora che me l’hai presentato, posso…?”
“No che non puoi!” ringhiò lei, perentoria “Non vedi quegli scheletri? Di sicuro sono tutti i guerrieri che lo hanno sfidato… e poi ecco, guarda qua!” gli ordinò, una volta che lo ebbe trascinato davanti all’altare.
Sulla parete frontale del tabernacolo si leggeva un’unica parola scritta in greco antico: Ὕπνος.
“Significa ‘sonno’” registrò Pierre, spazientito “… e allora?”
“Non capisci proprio?” rispose Lara ansiosa “Pierre, la leggenda di Proteo… non hai nemmeno letto l’Odissea?”
“Eh… sì” rispose il ragazzo, imbarazzato “almeno… penso…”
Lara si coprì il volto con le mani; poi inspirò a fondo e si costrinse a calmarsi.
“L’unico modo per soggiogare la forza di Proteo, a meno di non essere un Titano” spiegò quindi “era addormentarlo… capisci ora cosa c’entra il sonno?”
“No” ammise candido l’altro.
“Andiamo, Pierre, un po’ di fantasia! È tutta una metafora… Se tu fai suonare quelli” Lara indicò i sonagli che pendevano dai polsi della statua “sarebbe come se tu… svegliassi Proteo, capito? Potrebbe attivare una trappola, o…”
“… o cosa?” rise lui “Potrebbe arrivare il vero Proteo?”.
“Non è da escludere” rispose Lara tetra “Quei guerrieri non possono mica aver compiuto un suicidio di massa. E poi… nessuno ha mai visto la vera faccia di Proteo, per quanto ne sappiamo potrebbe aver assunto la forma di una statua e…”
La risata di Pierre fu talmente violenta da zittirla.
“Parbleu, Lara” disse poi quello, ancora scosso dai singhiozzi d’ilarità “dovresti lavorare in un cabaret, giuro! Comunque, Mademoiselle Croft, secondo te cosa dovremmo fare a questo punto? Scattare qualche foto e andarcene?”
Lara si sentì punta nel vivo.
Pierre poteva anche avere metodi e ideali diversi dai suoi, ma… aveva ragione: ora che era arrivata così lontano, ora che aveva trovato quel luogo così misterioso e pieno di emozioni... sarebbe stata capace di fare quello che era giusto? Sarebbe davvero riuscita a consegnarlo nelle mani del mondo, o… desiderava tenerlo per sé?
La risposta giunse nel suo cuore talmente ovvia da risultarle dolorosa: se davvero in quel luogo era nascosta la Pietra di Proteo o qualsiasi altro segreto millenario, lei e lei sola meritava di svelarlo.
Abbassò la testa, confusa, e Pierre capì di aver segnato un altro punto.
“Comunque” disse il francese, con invidiabile aplomb “visto che hai tanto rispetto di questo luogo… penso sia giusto lasciare che tu risolva l’enigma”.
Lara rialzò il capo, guardando allarmata il suo collega.
“Cosa intendi?” gli chiese.
“Intendo che, se è vero ciò che dici tu sul sonno e sul silenzio… beh, voglio che tu trovi l’alternativa per recuperare la Pietra. Ce ne sarà pure una, no? Stupiscimi, chérie... e se riuscirai in questa impresa, potrai tenerti quella stupida Pietra”.
Quell’invito agì come un tonico per Lara: la voglia di trovare la soluzione al quesito postole da Pierre cancellò in un attimo tutta la sua confusione. Ora, quello che contava davvero era risolverlo.
Per diversi minuti, non esistette altro che Lara, il suo pensiero e quel luogo, sospesi nel tempo e nello spazio. La mente di Lara percorse fulminea l’intera caverna, vagliandone ogni particolare, raccogliendo quanti più elementi fosse possibile.
“Ogni cosa ha un suo perché” rifletté Lara, ricordando i libri che suo padre le aveva fatto leggere fin da quando era piccola: sapeva bene che, nell’antichità, nulla poteva essere lasciato al caso, e tutto ciò che c’era in quella caverna doveva obbedire ad una precisa logica…
Proteo… il sonno, la forza… l’altare… i campanelli, la statua… le colonne, le…
… le piante.
“Ci sono!” esclamò Lara, trionfante.
Fine Prima Puntata
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