Domani non so se riesco a postare, per cui vi metto la terza puntata che segna l'inizio dell'azione!
Villa Dupont
(prima parte)
Lara non credeva ai propri occhi.
Già quando aveva letto la parola “villa” vicino al cognome di Pierre era rimasta un attimo dubbiosa. Era convinta che il suo “collega” Pierre Dupont fosse uno spiantato, un figlio del popolo; e invece saltava fuori che non solo faceva parte di una delle più antiche linee nobiliari francesi, ma che era anche praticamente proprietario di un'isola.
Era stato facile trovarla, visto che l'Isola di Ouessant era vicinissima a Brest, nella Gallia occidentale. Era bastata un'occhiata a un atlante per trovarla.
Arrivarci non era stato complicato, e a Brest aveva noleggiato un motoscafo con la scusa di fare un po' di diporto.
Ma ora che si trovava a distanza di sicurezza dal cancello principale e che poteva vedere in lontananza l'enorme Villa Dupont, le erano nati diversi dubbi circa la possibilità di recuperare la Pietra.
Per una frazione di secondo rivide gli occhi storti, il naso sbilenco, il sorriso grottesco con cui Proteo le aveva detto addio. Le sembrava fossero passati mille anni da quel 1990, anno che le era rimasto impresso a fuoco nella mente.
Non poteva certo tirarsi indietro adesso che era arrivata vicina.
Oltre tutto il buon vecchio Pierre Dupont giaceva morto sul fondo di un baratro nel Colosseo, a Roma... quindi non poteva certo essere un fastidio. E questa era il primo ingrediente di quel piatto che la tradizione vuole mangiato freddo, la vendetta. La ciliegina sulla torta, era proprio il caso di dirlo, era laggiù in quell'enorme palazzo, che ricordava vagamente il castello di Biancaneve, con tutte quelle guglie, quei passaggi, quei camminamenti e quelle bandiere al vento.
Prese il binocolo e osservò le bandiere. Erano praticamente nuove. O il maledetto francese le aveva cambiate prima di partire, oppure qualcuno gestiva la casa.
In effetti era ovvio che una casa grande come quella fosse piena di servitori. La cosa che poteva fare la differenza era se questi erano disposti a morire per il loro padrone, oppure se erano per più miti consigli.
Era ora di smettere di farsi domande e di muoversi.
Si spostò rispetto alla parte anteriore per poter entrare senza farsi vedere. Scelse un lato verso ovest. Si spostò controllando che non ci fossero telecamere: non poteva esserne sicura, visto che potevano essere nascoste, ma certo non poteva fare analisi più di tanto. Usò un rampino leggero per salire il muro, che in quel punto era piuttosto alto. Lo scavalcò senza grossi problemi.
Iniziò a muoversi verso la casa, mantenendosi nascosta grazie ai numerosi alberi e cespugli presenti nell'enorme parco, e intanto valutava le varie possibilità di entrare senza essere vista. Al secondo piano una cameriera sbucò da una finestra, appoggiandoci alcune lenzuola.
“Perfetto” pensò Lara, “se la fortuna mi aiuta quelle lenzuola attutiranno il rumore del rampino.
Attese qualche minuto, giusto per vedere se la donna riappariva.
Si posizionò sotto la finestra e iniziò a far girare il rampino.
Un giro, due giri, tre giri. Al quarto giro un rumore, che già da qualche secondo era presente, divenne più
denso. Lara spostò appena la testa e vide un grosso cane nero dotato di un vistoso collare, dall'aspetto minaccioso che le stava mostrando la sua arma migliore, o peggiore a seconda dei punti di vista: una fila di denti acuminati. Il basso ruggito dell'animale era una buona notizia: sicuramente nessuno l'aveva ancora sentito, a meno che non ci fosse qualcuno insieme, cosa che non sembrava.
Lara continuò a far girare il rampino, girandosi lentamente verso l'avversario..
Che fece l'errore di attaccare.
Lara fu lesta a cambiare il ritmo nel giro della corda, sincronizzandosi con il salto dell'animale: la fune si avviluppò intorno al collo, e la donna si spostò utilizzando lo slancio per fargli fare un giro completo che finì contro un grosso platano. Il cane emise un guaito strozzato e svenne.
Lara controllò che non fosse morto: non voleva uccidere se non per necessità, e quella povera bestia non aveva colpe se era stato scelto per difendere la casa di un bastardo.
Sganciò la corda e terminò l'operazione.
Arrivata in cima entrò subito nella stanza, che era ovviamente una camera da letto, e che era deserta.
“Bene”.
Recuperò il rampino, arrotolò la corda e la ripose nello zainetto.
Si avviò verso la porta, ma in quel momento la maniglia si abbassò.
La cameriera che aveva messo le lenzuola a prendere aria entrò nella stanza allegramente. Si portò subito verso la finestra a recuperare le lenzuola. Il rumore frusciante di queste le impedì di sentire Lara che sbucò da dietro la porta e si infilò nel corridoio.
Diede un rapido sguardo alla parte di casa che poteva vedere. Probabilmente la zona del secondo piano era quella delle camere da letto, mentre il piano terra era la zona giorno. Quindi l'area che le interessava era il primo piano.
Doveva trovare le scale ma dove potevano essere?
Un rumore di passi la mise in allarme. Stava arrivando qualcuno dal fondo del corridoio.
Si precipitò dietro una tenda, sbirciando. Un corpulento cameriere in divisa passò ondeggiando nel corridoio. Stava ansimando leggermente. Quindi aveva appena fatto uno sforzo.
“Le scale sono laggiù.”
Si mosse senza fare il minimo rumore in quella direzione. Scese rapidamente al piano inferiore senza incontrare nessuno.
Rifletté sull'architettura del posto. Nonostante fosse grandissimo, la struttura era relativamente semplice: la pianta quadrata era determinata dai corridoi che giravano per tutto il perimetro e su ogni piano. La zona di scambio tra i vari piani era probabilmente su ogni angolo e lei aveva utilizzato la più vicina. Era quasi sicura che se fosse andata dall'altro lato avrebbe trovato un'altra possibilità di discesa.
Ad ogni angolo era presente un grosso torrione, con accesso nell'androne presente ai piedi di ogni scalone.
Non aveva idea di come fossero i sotterranei, ma sperò ardentemente di non doverci andare.
Si concentrò su quello che doveva trovare.
A casa sua la sala dei trofei era poco lontana dallo studio, in modo da poterla visitare quando voleva. Era sicura che anche Pierre aveva una situazione di questo genere. Da questo punto di vista lei e il suo
collega si somigliavano. Avevano a cuore i ricordi delle loro imprese, e per fortuna di Lara questo era l'unico punto in comune, ne era convinta.
Quindi doveva trovare lo studio del suo defunto avversario.
Si mosse in perfetto silenzio per il corridoio del primo piano, che fortunatamente era piuttosto ben dotato di nascondigli, perfetti per le rare volte in cui incontrò il personale di servizio. Impiegò un quarto d'ora a compiere un giro quasi completo del piano, e cominciava a dubitare della sua scelta, quando girando l'ultimo angolo notò che il percorso che stava seguendo si era improvvisamente ristretto. Il fatto che la diminuzione fosse dal lato del cortile interno le diede una maggiore convinzione di essere sulla pista giusta.
In quel tratto di corridoio si aprivano tre porte, distanziate tra loro.
Una di queste era corredata da una tastiera alfanumerica, sporgente di qualche centimetro. “Uhm, forse ci siamo” borbottò l'archeologa avvicinandosi rapidamente.
La tastiera era quella tipica dei computer, in una versione leggermente metallica e ridotta nelle dimensioni, all'incirca una ventina di centimetri di larghezza. La donna rifletté per qualche secondo, cercando i possibili indizi: quale poteva essere il codice di accesso? Sarebbe già stato complicato se fosse stata una semplice tastiera numerica: non sapendo quanto fosse lungo il codice avrebbe potuto provare per dei mesi prima di azzeccare il valore giusto. Con la tastiera alfanumerica era ovviamente peggio.
Provò a osservare la tastiera di lato, ma niente da fare. Sotto meno che mai. Dall'altro lato...
“Bingo!”
Guardando in direzione della luce si notavano alcuni tasti maggiormente consumati. Questo le avrebbe permesso di ridurre il numero di combinazioni. Prese nota mentalmente dei tasti che presentavano segni di usura: A, C, F, L, O, R, T.
Prese dallo zaino un taccuino e una penna e iniziò a scrivere le possibili combinazioni, ripetendo alcune lettere, spostando, anagrammando. “Uhm, potrebbe essere
calfort, anche se non credo che il nostro amico possa essere interessato alla pulizia. A lui interessava solo...”
Ma porca miseria, era talmente ovvio!
Ripose gli oggetti nello zaino e digitò: L-A-R-A-C-R-O-F-T. La mancanza della barra spaziatrice tolse il dubbio sullo spazio tra nome e cognome.
Invio.
La porta si aprì con uno sbuffo.
Lara sorrise tra sé, stupendosi di quanto fosse prevedibile quell'uomo. Certo che doveva essere assolutamente ossessionato da lei per scegliere il suo nome come password.
Rapidamente la donna si infilò e chiuse la porta. Meglio minimizzare la possibilità di essere notata. E adesso sarebbe stata probabilmente tranquilla, visto che per entrare in quella stanza era necessario superare il controllo di sicurezza.
Si trovava in una stanza di piccole dimensioni, sulla quale, oltre alla porta da cui era entrata, erano presenti altre due porte, una a destra e una a sinistra; provò ad aprire quella di sinistra, ma era chiusa. Quella a destra invece era aperta.
La spinse.
Nel silenzio ovattato sentì distintamente un clic metallico che la mise in allarme.
La stanza successiva era piuttosto lunga e presentava un'altra porta in fondo. Di sfuggita notò che sulle pareti erano presenti due coppie di binari, a destra e a sinistra, uno posizionato a circa quaranta centimetri da terra e l'altro alla stessa distanza dal soffitto. La sua attenzione però era concentrata su due telai scuri che giravano emettendo un sinistro ronzio: tra le estremità opposte, un raggio di un intenso colore rosso dava molto bene l'idea di cosa sarebbe successo a chi avesse avuto la malaugurata idea di metterci un braccio o una gamba in mezzo.
Lara rimase fermo per qualche secondo poi fece un passo in avanti.
In quello stesso momento il telaio inferiore si mosse in avanti e si mosse fino ad arrivare al termine del binario, a pochi centimetri da dove si trovava la donna. Non appena fu arrivato al fondo, partì il secondo, quello superiore, mentre quello inferiore tornava indietro.
“Porca miseria!”
Lara attese che il telaio superiore tornasse indietro: quando i due furono affiancati al centro del corridoio, partì di corsa. Saltò quello inferiore, mentre quello superiore tornava indietro. Fece una capriola a terra e si trovò davanti alla porta.
Che era chiusa.
“Oh porca miseria!”
Si girò appena in tempo per vedere il telaio inferiore che tornava indietro e, con la coda dell'occhio, un interruttore sulla parete di fianco alla porta dalla quale era passata per entrare.
“Eppure dovrei essere un'esperta nell'ispezione” si disse. Contemporaneamente saltò in modo da appoggiare i piedi sulla porta chiusa. Si spinse in avanti come se fosse in piscina, saltando nuovamente sopra il telaio inferiore. Si rialzò istintivamente ma subito si riabbassò, appena in tempo per evitare il telaio superiore.
Si buttò in avanti e tornò al punto di partenza.
A questo punto era diventata, anzi tornata, prudente.
Premette il pulsante sulla parete e un piccolo led verde si accese. La porta in fondo mandò un rumore netto, segno che la serratura elettrica si era aperta. Lara iniziò a contare, e non si mosse: “milleuno, milledue, milletré...”
Quando arrivò a
milledieci sentì nuovamente il rumore dalla porta in fondo. La luce dell'interruttore si spense.
“Uhm, dieci secondi. Pochi, ma me li devo far bastare”.
Attese che il telaio inferiore fosse a metà della stanza nella sua direzione, e azionò l'interruttore.
Scattò subito in avanti, saltò il telaio inferiore, ruzzolò sotto quello superiore e arrivò alla porta, che si aprì senza problemi verso di lei. Si tuffò nella stanza successiva, mentre il laser si accaniva con la porta lasciata spalancata, tagliandone di netto una fetta semicircolare.
Seduta a terra, ansimante e molto preoccupata, Lara sbottò: «Per un pelo!»
Approfittò del momenti di pausa, almeno apparente, per riflettere velocemente. Sapeva che Dupont era pazzo e che era un malvagio, ma non ce lo vedeva, pigro com'era, a fare tutta questa tiritera ogni volta che voleva entrare in quella stanza. Per cui i casi si riducevano a due: o quel posto non c'entrava nulla con la sua ricerca, oppure, proprio perché c'entrava, il suo
caro collega aveva preparato tutte quelle belle sorprese.
E da questo conseguiva che la password inserita non era quella giusta, ma solo quella che lei pensava fosse giusta. Sentirsi presa in giro da un imbecille come Pierre Dupont la irritò enormemente. E pensare a lui che si stava sbellicando dalle risate all'inferno dov'era sicuramente finito le procurava quasi un fastidio quasi fisico.
In ogni caso, che fosse il posto giusto o sbagliato, la cosa migliore era andare avanti. La meno peggio, se non altro, sperando che la fantasia di
messieur Dupont fosse pari alla sua intelligenza.
La stanza in cui era finita era un piccolo disimpegno verso la successiva, che invece era piuttosto grande, delle dimensioni di un mezzo campo da calcio. Rifletté sul fatto che il palazzo era evidentemente molto più grande di quanto sembrasse all'esterno: sicuramente le guglie slanciate della quattro torri rendeva la massiccia costruzione molto più longilinea. Anche l'altezza del vano era notevole: sicuramente prendeva due piani della casa. Nella parte superiore, ornata da una serie di porte sul lato corrispondente al corridoio superiore, una balaustra faceva un giro completo della stanza. Nella parte inferiore invece non c'erano porte. Il pavimento era composto da numerosi grossi quadrati variamente decorati. Qua e la alcuni tappeti ingentilivano l'ambiente.
Ma su ogni centimetro di parete non occupato dalle porte o dalle cinque grandi finestre, era presente un numero impressionante di libri.
Lara rimase sbalordita.
A occhio ce ne saranno stati milioni. Parecchi milioni.
“E adesso?” si chiese la donna. Non poteva certo consultarli tutti per cercare quello che voleva.
Cominciava a dubitare che il suo tanto vituperato amico fosse anche uno stupido. Malvagio sì, stupido quasi certamente no. E se non era uno stupido e aveva messo in piedi tutto questo carnevale solo per lei, sicuramente ci sarebbe stata una nuova prova per... già: per fare cosa?
Si incamminò a caso in direzione della parete di destra e cominciò a dare uno sguardo a quali titoli ci fossero. C'era un po' di tutto, da vecchie copie di “Ventimila leghe sotto i mari”, a edizioni economiche dei gialli di Agatha Christie. Poteva essere un indizio? La presenza di alcuni fumetti di argomento western le disse che così non era.
Si spostò sulla parete di fronte, quella sulla quale c'erano le cinque grandi finestre. Anche qui centinaia di migliaia di libri dei più disparati argomenti, messi in un ordine che non riusciva a capire: non erano per autore, per genere, per dimensione men che meno, per spessore neppure. Per anno di edizione o di prima pubblicazione non c'era verso.
“Maledizione! Tutti diversi per genere, autore, tipo, colore...”
Si fermò.
Il colore!
Tutti quelli sulla parete di destra erano delle mille varianti del giallo; a sinistra, verso il cortile, erano tutti blu e azzurri; dietro di lei la parete era ricoperta di libri di colore verde più o meno intenso. In fondo il colore dominante era il rosso.
«Bene. E questo come mi aiuta?» si chiese a mezza voce.
Continuò a osservare le pareti, ma era veramente un'impresa faticosa riuscire a distinguere qualche diversità in quel mare di colori simili, ma non troppo, diversi ma quasi uguali. Prese il binocolo e attivò gli infrarossi, caso mai qualche libro nascondesse qualcosa, ma anche così non ci fu nulla da fare.
Tranne che per un piccolo volume sulla parete di fondo che all'infrarosso appariva leggermente più luminoso.
“Che strano. Andiamo a vedere da vicino.”
Ripose il binocolo militare e si mise di fronte al piccolo libro, il cui titolo era tutto un programma: “Il piatto freddo”.
Lo toccò, ma non sembrava emanare calore.
Provò a tirarlo leggermente. Non usciva completamente, la parte inferiore sembrava bloccata, mentre la parte superiore si poteva muovere liberamente. Come un interruttore.
Lo tirò con più decisione e proprio dietro di lei un meccanismo scattò.
All'incirca nel centro della stanza uno dei quadrati di cui era composto il pavimento, iniziò ad alzarsi, rivelandosi come una botola. La parte superiore non era molto spessa, giusto quello che bastava per poterci camminare sopra senza rendersi conto del vuoto sottostante.
“Spero non sia anche questo un congegno a tempo” si disse la donna. Si avvicinò alla piccola struttura e guardò nel buco lasciato libero dal ripiano.
Era molto buio.
Non lo notò immediatamente, ma nel buio pesto sembrava ci fosse qualcosa che si muoveva, due piccoli puntini luminosi, molto simili a...
“
Occhi?”