Ho finito
22/11/'63 giusto un'ora fa
768 pagine in 4 giorni (nemmeno leggendo sempre) sono una cosa da malati? Non ci posso fare nulla quando un romanzo riesce a prendermi. Con King mi era successo all'inizio del mio amore per lui (rigorosamente platonico e letterario, sia chiaro
) con i primi romanzi che acquistai:
La Zona Morta e
Stand By Me. Dopo aver completato quasi tutta la sua bibliografia, notevole ma pur sempre piena di molti punti bassi, a torto o a ragione (
Insomnia, ad esempio, è una palla allucinante, idem anche per
Rose Madder,
La bambina che amava Tom Gordon e
Il gioco di Gerald, e trovo, nonostante tutto,
It pieno di cadute di gusto, specialmente nel finale), come ho già scritto, mi aveva un po' stancato, ma quando lo scorso anno ho comprato
The Dome non ho potuto fare a meno di divorarmelo in circa due giorni, ed erano più di 1000 pagine di romanzo, corale finché si vuole, ma talmente ben scritto da ricordarmi la feroce avidità con cui avevo letto i primi romanzi. Dopo la necessaria premessa, vorrei fare una breve recensione "tecnica": mi hanno regalato il romanzo acquistandolo da un'altra libreria (non quella da cui mi servo di solito), e devo dire che una certa differenza si sente. Normalmente i libri che compro e leggo (eccettuati quelli di scuola e dell'università), in mano mia rimangono come se fossero usciti dalla casa editrice: non faccio orecchiette per segnare la pagina, non prendo note e appunti, non sporco i bordi pulendomi le unghie agli angoli delle pagine. Stavolta il romanzo m'é arrivato già danneggiato: un piccolo strappo nella rilegatura della copertina (sul risvolto esterno, in alto), e dopo appena un'ora di lettura le prime 5 o 6 pagine (quelle solitamente bianche e dedicate a titolo originale, copyright eccetera) si sono quasi staccate. In tanti anni di fedeltà alla mia solita libreria, mai un libro si è rovinato in così poco tempo come questo. La stampa è sempre di ottimo livello (è pur sempre Sperling&Kupfer) e la copertina del libro (con fronte e retro che mostrano le possibile alternative: Kennedy morto/Kennedy vivo) è intrigante quanto basta. Tuttavia, "odorando" le pagine (una cosa che faccio sempre) sia prima che durante la lettura, l'odore mi è parso un po' acido e fastidioso: chissà che schifezze usano per trattare la carta.
Veniamo al punto del libro. Non voglio fare spoiler, perciò cerco di evitare il più possibile di rivelare cose che nel romanzo potrebbero togliere il gusto della sorpresa.
Partendo dallo stile di King, non posso che ulteriormente ripetermi: il cambio di editor (avvenuto con
The Dome) non ha potuto che fargli bene. King dedica ancora una corposa (ma non poi tanto) parte della pagina al pensiero del protagonista, ma il romanzo risulta snello, ricco delle sfumature tipiche del suo linguaggio e con almeno un paio di situazioni grottesche in linea con la sua letteratura. Più che in altri romanzi del passato, King richiede una buona conoscenza dell'ambiente americano e del suo sviluppo, essendo il romanzo così pieno di riferimenti alll'America degli anni '50 e '60 da lasciare un po' spiazzato il lettore non cultore o sufficientemente informato sull'America di mezzo secolo fa. Rispetto agli altri romanzi di King che ho letto, questo romanzo l'ho letto con la colonna sonora suggerita da King nelle sue pagine: spesso si fa riferimento a pezzi molto noti degli anni '50 e '60 (come
In the mood di Glenn Miller). I potenti mezzi di internet oggi quindi mi hanno permesso di ascoltare, oltre che leggere le atmosfere evocate dal romanzo, e vi posso garantire che il calarsi seguendo la colonna sonora tracciata da King è assolutamente notevole, e se si ha la giusta dose di fantasia da riuscire a calarsi appieno nelle pagine, sembra quasi di respirare l'aria di Dallas e Fort Worth nel Texas degli anni '50.
Wu Ming I, traduttore del romanzo (alla sua seconda esperienza con un'opera kinghiana), ha scritto nel suo blog che questo "è il romanzo più intenzionalmente politico di King. Ma forse lo è di più quando crede di esserlo di meno, e viceversa." Leggendo il romanzo non si fatica a cogliere le motivazioni dietro questa affermazione. King non elabora, tramite il suo protagonista (per riflesso lui stesso e il lettore) idee politiche di un qualche genere: non si lancia in pompose retoriche sui Kennedy, né sul loro operato prima e dopo l'attentato a Dallas. Non infila una dietro l'altra noiosità politiche sulla crisi dei missili cubana. Kennedy, anzi, risulta essere un mero personaggio di contorno nell'opera, e anche la sua fugace apparizione risulta quasi macchiettistica. Il romanzo ruota intorno a Lee Harvey Oswald, e si concentra nella lotta a distanza tra il protagonista Jake Epping e lui.
King traccia, molto di più che nei suoi romanzi precedenti, uno spietato ritratto dell'America. Se in romanzi come
It veniva rappresentata in un contesto comunque nostalgico, per quanto pieno di orrori di vario genere, mai come in questo romanzo King fa pensare ai sordidi distillatori clandestini di whisky de
Un tranquillo week-end i paura: seguendo le tracce degli Oswald, Jake Epping si inoltra nelle zone più povere e degradate di Fort Worth e Dallas, posti che sembrano richiamare da vicino le baraccopoli di Bogotà o Rio de Janeiro, più che il falso
american way of life proposto dalle immagini irritanti delle pubblicità del periodo con casalinghe e famiglie felici. Viene rappresentata una parte d'America lontana dai falsi sorrisi e dalle rappresentazioni "purgate" del cinema Hollywoodiano di oggi e dell'epoca: un'America fatta di razzismo (in cui è particolarmente evocativa una breve sequenza priva di qualsiasi violenza, ma molto indicativa), di paura politica (che sia di destra o sinistra non importa), di violenza familiare pura e semplice con mariti che picchiano le mogli perché ne hanno voglia. Non è difficile fare una paragone tra la paura del comunismo imperante nell'America di allora con la paura post 11 settembre che ci ha toccato un po' tutti dal quel giorno in poi. King riesce in un altro obiettivo difficile, sottolineato anche da Wu Ming I: a creare un romanzo filosofico, favorendo il lettore a porsi continue domande, che raggiungono l'apice nel finale vero e proprio, a circa 60 pagine dalla fine. Se il vero e proprio mistero del "come" Jake Epping sia riuscito a raggiunge il 1958 rimane fino alla fine (e neanche lì viene necessariamente chiarito secondo il significato del termine), le possibili concatenazioni della trama stimolano l'avanzare della lettura perché King pone il lettore sufficientemente fantasioso e smaliziato quasi a sfidarlo per scoprire "come l'avrebbe fatto lui". Ma se una sfida del genere rischia il più delle volte di riuscire a rendere un romanzo inviso al lettore, qui non succede, perché King sembra proprio prendere per mano il lettore, lasciarlo andare un po' con le sue gambe, per poi prenderlo in braccio e portarlo un po' più avanti. Ci si può trovare, leggendo il libro, a chiedersi cosa si farebbe se si trovasse una "buca di coniglio" come questa in cui mette piede Jake Epping, sapendo quale forte minaccia possa rappresentare il tempo se si cerca di cambiarlo, perché proprio il tempo (il Tempo di Allora, come lo chiama King) è l'avversità più insormontabile affrontata da Jake Epping. I paradossi temporali non vengono presi in esame da King (forse anche per favorire una sua migliore composizione del romanzo), e credo che, più che in
Ritorno al futuro ci siano meno inghippi di trama. Il rischio di scopiazzatura dal famoso film con Michael J. Fox era alto, ma ben presto il romanzo punta in una direzione diversa, oggettivamente priva di commedia e siparietti come lo era il film. King non ha resistito, comunque, a farci sapere cosa sarebbe successo se Kennedy fosse sopravvissuto (perfino io ho aspettato il momento fin da pagina 10), ma lascio a voi il modo di scoprirlo comprando e leggendo il libro.
King ovviamente dà il suo meglio nella creazione della suspense, così tipica del suo stile.
22/11/'63 scorre nel binario della fantascienza, ma ovviamente, trattandosi di King, non manca l'horror, stavolta horror realistico, descritto come sempre nel suo peculiare stile dettagliato che sfocia nel grottesco quando si tratta di narrare, ad esempio, un pestaggio subito dal protagonista. Si notano echi di Philip K. Dick (in particolare mi riferisco a
La svastica sul sole) e in generale di molta della fantascienza distopica al suo meglio (da Arancia meccanica a Farenheit 451, passando per l'immortale
1984 di Orwell). King non manca, come avviene dalla saga della Torre Nera, di spargere autocitazioni che fanno l'occhiolino al lettore più accorto. Se la più semplice da trovare è la cittadina di Derry, con tanto di incontro con due dei bambini protagonisti di
It in cui è ambientata, alcune cose sono più sottili e meno individuabili, e se la Plymouth Fury rossa che viene spesso citata non può che richiamare alla mente
Christine - La macchina infernale, ho scorto almeno un altro paio di sottili citazioni
.
22/11/'63 è un romanzo dolceamaro dall'inizio alla fine, con apici di dolcezza nella sottotrama sentimentale tra Jake Epping e una giovane bibliotecaria dell'epoca, Sadie Dunhill. Tuttavia King, mai come stavolta, è riuscito ad essere un simpatico figlio di buona donna dall'anima nera, pur essendo fondamentalmente un buono, e sa come colpire il lettore. Non sono colpi sotto la cintura, ma allo stomaco un po' sì.
Insomma, come credo si sia capito, questo è un nuovo romanzo Kinghiano da inserire nella mia personale top ten. Non è bello come
La Zona Morta, ma gli echi di
Stand by Me e
It ci sono tutti, con una marcia in più rispetto a quest'ultimo. Le 768 pagine di cui parlavo non sono per nulla pesanti da affrontare, e anche se il libro si presenta come un notevole mattone, scorre via come un fulmine. Il romanzo è narrato in prima persona, una scelta a cui inizialmente ho storto un po' il naso (è un tipo di narrazione che trovo solitamente un po' pedante nei suoi romanzi, escluso
Dolores Claiborne), ma mi son dovuto ricredere man mano che l'incedere mi portava, con Jake Epping, nei favolosi anni '50 e '60, un periodo storico che mi è sempre piaciuto moltissimo. Credo che questo sia un ottimo romanzo per conoscere Stephen King, uno Stephen King "purgato" dai suoi precedenti illustri (come
Shining,
Carrie,
La metà oscura,
Tommyknockers e
L'ombra dello scorpione), e proprio per questo più malleabile e digeribile anche dal lettore "vergine". Non è certamente un romanzo per bambini, ma per adolescenti lo è di certo. Ammetto che non conoscevo molto la dinamica dell'attentato a Kennedy (avevo visto
JFK di Oliver Stone, un sacco di documentari sul caso eccetera), ma il romanzo mi ha spinto ad approfondire, anche grazie a internet. Cosa quanto mai difficile oggi e ancor più difficile se fatta da un romanzo che si presenta come pura evasione. King potrà anche vendere la sua lista della spesa, ma la vende sempre bene
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