Secondo me comincia a prendere corpo piuttosto bene, anche se è ovvio che ci saranno diversi ritocchi
Fatemi sapere
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Per raggiungere la zona palestra, nella parte esterna dell'edificio, era necessario percorrere il largo corridoio che costituiva una delle caratteristiche di ogni “ala” e di ogni piano del Condominio. Le dimensioni erano notevoli, come tutto in quel posto: largo almeno una decina di metri, e lungo una cinquantina, dava più l'impressione di un'enorme stanza molto lunga, piuttosto che di un corridoio.
Gianni era affascinato. Aveva letto molto su questo posto, e molto aveva fantasticato. Ma nulla avrebbe potuto prepararlo alla magnificenza e alle dimensioni faraoniche.
Quasi l'avesse letto nel pensiero arrivò la voce di Giampiero: «Accidenti se è grande!»
Gianni si girò e osservò il compagno: stava come sempre girando con la telecamerina in mano; in quel momento la stava tenendo girata di novanta gradi, probabilmente confondendola con una normale macchina fotografica. La maggior parte di quello che stava registrando sarebbe stata probabilmente da buttare, altro che making of. Pazienza, si sarebbe divertito comunque a inserire le riprese migliori. Un po' gli faceva pena, Venturi, sempre alla ricerca dell'approvazione degli altri, sempre a cercare di essere simpatico. Senza mai riuscirci, per altro.
Gianni sorrise.
Giampiero lo vide e, fraintendendo, sorrise a sua volta, inquadrandolo.
«Indubbiamente il costruttore di questo posto non ha badato a controllare le dimensioni» disse Gianni nell'obiettivo della telecamera, sentendosi appena a disagio.
Fece un gesto veloce come a indicare l'ambiente: «D'altro canto chi ha comprato casa qui non aveva certo problemi di denaro. E scaldare tutti questi spazi enormi d'inverno doveva costare parecchio».
«Quanto costava venire ad abitare qui?»
«Molto, Alessia. Allora si parlava ancora di lire, e con meno di due miliardi non ti avvicinavi nemmeno».
Tiziana fece una smorfia: «Non mi sembrano molti un milione di euro circa».
«Be', diciamo che quindici anni fa la lira valeva in un certo senso di più. Probabilmente adesso dovrebbe essere rivalutata ad almeno il doppio. Diciamo sui due milioni di euro».
Alessia arricciò le labbra ed emise un fischio sbalordito.
Nel frattempo il gruppo arrivò nella Palestra.
Anche questa si sviluppava su tutta la parete dell'edificio; i vari spazi erano stati separati da muri di cartongesso, in modo da creare diverse zone con destinazioni specifiche.
I sei si raggrupparono all'entrata, stupiti ancora una volta dalle dimensioni dell'edificio.
«Adesso dove andiamo?» chiese Franco senza guardarlo direttamente, ma parlando evidentemente con Gianni.
«Be', il regista sei tu, quindi tu dovresti decidere», rispose il ragazzo un po' acido. Non aveva proprio digerito la prosopopea con cui Franco aveva assunto il ruolo di regista.
Franco si girò e alzò un dito per dirne quattro a Gianni, ma tacque e rimase per un paio di secondi a fissare la parete.
Poi, come se non avesse mai smesso di parlare, rispose: «Va bene».
Gianni, che temeva quanto meno un cazzotto, si girò verso Alessia con sguardo stupito e ripeté a bassa voce: «Va bene?»
Franco superò il gruppo e andò verso la parete. Tutti si girarono e capirono il motivo per cui si era tranquillizzato immediatamente: una enorme pianta della zona Palestra era riprodotta sul muro di entrata, e una simpatica freccetta li avvertiva della loro esatta posizione.
«E va be', ma così sono capaci tutti» disse Tiziana comicamente.
Nel gruppo serpeggiò qualche ghigno, poi tutti si misero a studiare la piantina.
«Gianni, hai detto che qui è morta la moglie del Costruttore. Sai dove?».
«Se non ricordo male è morta nella zona in cui ci sono le macchine da jogging, i tapis roulant».
Franco controllò la piantina, individuando in pochi secondi la zona che gli interessava: «Eccoli lì, andiamo che comincia a fare buio.».
Gianni cominciava un po' a scocciarsi del modo di fare di Franco. Approfittava della sua fama da duro, e della sua maggiore età, per spadroneggiare su tutti loro. E poi, a ben guardare, non era proprio così capace di fare il regista. Se non glielo avesse spiegato lui, non avrebbe neanche saputo come gestire la sequenza “motore, ciac, azione”.
Pazienza, ovviamente: l'importante era di portare a casa il risultato, cioè il documentario. E magari anche di stare un po' vicino ad Alessia.
La zona dei tapis roulant era più o meno al centro della Palestra, nella zona che dava verso l'immancabile vetrata. La posizione della Palestra era tale che si poteva vedere un panorama fantastico delle Alpi, in lontananza, appena velato dalla nebbiolina che aleggiava all'esterno. Per qualche motivo, forse la dimensione del vetro, le montagne sembravano molto più vicine.
Gli attrezzi elettrici erano originariamente posizionati in due file parallele con la parte anteriore verso il vetro, in modo da poter correre con l'impressione di essere in mezzo alla natura. Adesso la maggior parte era stata spostata, ma curiosamente erano ancora molti. Forse qualcuno aveva provato a rubarli, poi la fama sinistra della casa aveva convinto tutti che era meglio lasciarli dov'erano.
Adesso erano completamente coperti di ruggine e polvere. Qua e là la plastica che ricopriva alcune parti metalliche si stava sfaldando.
Uno degli attrezzi era posizionato un po' più avanti di quella che doveva essere la prima fila; in questo modo risultava un po' solitario rispetto agli altri. La superficie scura dove normalmente si cammina era screpolata e aperta in più punti; due lunghe strisce più chiare indicavano il consumo causato dall'attrito con migliaia di passi.
Gianni lo indicò: «Credo sia quello».
«Cosa?» chiese Giampiero.
«Dov'è morta la tipa».
«Oh, cazzo» fu la laconica risposta.
Il silenzio che seguì l'affermazione venne interrotto nuovamente da Franco, che ormai aveva preso a cuore il suo ruolo di leader carismatico e regista: «Va bene, vediamo di fare una buona ripresa che si sta facendo tardi. Gianni, secondo te è meglio riprendere verso le montagne, oppure dalla vetrata l'interno della palestra?»
Gianni non si aspettava certo una richiesta di opinione da parte di Franco, per cui rimase qualche secondo interdetto: «Oh... uhm... be', direi che verso le montagne sarebbe meglio come estetica, mentre verso l'interno sarebbe più inquietante».
Franco soppesò la risposta: «Potremmo fare due riprese e mischiarle».
«Mixarle, sì», lo corresse Gianni, ma senza astio.
«Bene, allora diamoci una mossa».
Il gobbo venne preparato in pochi secondi, mentre Gianni si piazzava vicino alla seconda fila di tapis roulant per inquadrare quello isolato e ottenere una splendida vista delle montagne che svettavano da dietro la nebbia.
Tiziana si piazzò di fianco all'attrezzo.
Roberto era sulla destra, invisibile alla telecamera, con la sua giraffa improvvisata nella parte inferiore, coperta dagli attrezzi della prima fila.
«Motore... ciac... azione!»
Questa volta il ciac lo fece direttamente Tiziana battendo le mani.
«Il nostro viaggio all'interno del Condominio Maledetto continua qui, nella Palestra»
Tiziana fece un gesto circolare.
«Questo ambiente era molto frequentato sia dai condòmini, sia dai loro ospiti. Era una palestra perfettamente organizzata e dotata di tutte le strutture necessarie per eseguire qualunque tipo di esercizio e per seguire qualunque tipo di allenamento; qui lavoravano diversi professionisti, fisioterapisti, massaggiatori, medici dello sport. Era tutto studiato in modo che nessuno si potesse fare male. Eppure...».
Tiziana tacque per un paio di secondi.
«Un mattino, il personale addetto alle pulizie trovò il corpo di una donna».
Altra piccola pausa: «Anche in questo caso ci sono alcuni aspetti che lasciano sconcertati: la donna era entrata in Palestra durante la notte, e aveva iniziato a usare uno dei tapis roulant, questo alla mia sinistra. Nessuno ha mai capito esattamente la dinamica della morte della donna, anche se ci furono molte ipotesi. Probabilmente un infarto causato dallo sforzo, anche se alcune voci parlarono di gravi emorragie nella parte superiore della gamba».
«Un altro elemento che contribuì ad aumentare la macabra leggenda su questo posto, fu che la donna morta era la moglie del Costruttore dell'edificio, Tommaso Gonella».
Nel momento stesso in cui Tiziana pronunciò il nome dell'uomo, ci fu un movimento alla sua sinistra, che ne attirò lo sguardo, rovinando l'inquadratura. Giampiero non si accorse di nulla, mentre Gianni riprese Tiziana: «Ferma!»
Alessia si volse alla sua destra: Roberto si era strappato le cuffie, e stava borbottando qualcosa.
«Che succede?» disse Franco.
«Un fischio. Forse il microfono è andato» rispose Roberto.
«Cazzo. Ma ha registrato?» chiese Tiziana.
«Credo di sì. Controllo»
Il ragazzo si mise a trafficare con il suo apparato. Intanto Franco chiese a Gianni: «La ripresa è venuta?»
«Sì, al limite possiamo tagliare la parte finale, gli ultimi due secondi, dove Tiziana si gira».
Roberto aveva posizionato il registratore digitale sulla posizione d'inizio e stava ascoltando nelle cuffie il risultato della registrazione.
Gianni continuò a parlare con Franco: «Possiamo sovrapporre una fotografia di Gonellai quando Tiziana... Ma cosa c'è?»
Stavolta Roberto aveva lanciato un grido strozzato, togliendosi di nuovo le cuffie: «Ahi. Di nuovo quel fischio. Mi sa che l'ho registrato».
«Ma la registrazione è venuta?» chiese Tiziana preoccupata.
«Sì, fino a quando non dici il nome del Costruttore. Quello è coperto dal fischio».
Alessia chiese: «Possiamo sentire anche noi?»
«Sì, c'è un altoparlante. Aspettate». Roberto trafficò per qualche secondo con le impostazioni per far uscire il suono in modo che fosse udibile da tutti. Ruotò alcune manopole per migliorare la qualità: la voce di Tiziana era stata registrata in modo impeccabile.
«... elemento che contribuì ad aumentare la leggenda su questo posto, fu che la donna morta era la moglie del Costruttore dell'edificio...»
Sebbene tutti sapessero che ci sarebbe stato, il rumore colse tutti di sorpresa.
Era un rumore acutissimo, che faceva pulsare le orecchie di dolore.
Alessia cacciò un urlo di paura, Franco si mise le mani sulle orecchie, come Gianni. Giampiero invece continuava a registrare allegramente, quasi fosse insensibile. Tiziana strizzò gli occhi e impallidì.
Roberto fermò la riproduzione dopo un paio di secondi, che a tutti parvero lunghissimi.
«Dio, che male!» disse Tiziana, massaggiandosi le tempie, «mi ha fatto venire mal di testa».
«Anche a me» confermò Alessia tenendosi una mano sulla fronte.
Gianni si rivolse direttamente a Roberto: «Il microfono funziona ancora?»
«Controllo».
Dopo qualche secondo, Roberto confermò che il microfono sembrava a posto, e che potevano proseguire.
Franco sbuffò: «Uffa, certo che se per fare un filmetto come il nostro ci sono tutti questi casini, non oso immaginare per fare un film intero!»
«Già, sembra facile visto da fuori», commentò Gianni.
«Va be', diamoci una mossa» disse Franco per l'ennesima volta, «Adesso, se non ricordo male, dobbiamo andare in garage, vero?»
Gianni si stupì nel vedere che il ragazzo stava entrando sempre di più nella parte di regista: non pensava proprio che si sarebbe ricordato di tutti i passaggi da fare. Si era già abbastanza stupito di quando gli aveva spiegato il motivo per cui si fanno i “ciac”, e lui l'aveva capito: «Sì, al primo piano sotterraneo».
«Da dove passiamo?»
«Direi che possiamo tornare indietro e scendere dalle scale. C'è un accesso ai garage che dà direttamente sul Parco».
«Ok, andiamo, truppa».
I sei si prepararono e alla spicciolata si incamminarono verso il corridoio.
Roberto, prima di andarsene, lanciò un'ultima occhiata al tapis roulant.
“Eppure c'è qualcosa che non mi quadra” si disse.
Poi fece spallucce, e se ne andò: “Mi verrà in mente”.
Gianni era affascinato. Aveva letto molto su questo posto, e molto aveva fantasticato. Ma nulla avrebbe potuto prepararlo alla magnificenza e alle dimensioni faraoniche.
Quasi l'avesse letto nel pensiero arrivò la voce di Giampiero: «Accidenti se è grande!»
Gianni si girò e osservò il compagno: stava come sempre girando con la telecamerina in mano; in quel momento la stava tenendo girata di novanta gradi, probabilmente confondendola con una normale macchina fotografica. La maggior parte di quello che stava registrando sarebbe stata probabilmente da buttare, altro che making of. Pazienza, si sarebbe divertito comunque a inserire le riprese migliori. Un po' gli faceva pena, Venturi, sempre alla ricerca dell'approvazione degli altri, sempre a cercare di essere simpatico. Senza mai riuscirci, per altro.
Gianni sorrise.
Giampiero lo vide e, fraintendendo, sorrise a sua volta, inquadrandolo.
«Indubbiamente il costruttore di questo posto non ha badato a controllare le dimensioni» disse Gianni nell'obiettivo della telecamera, sentendosi appena a disagio.
Fece un gesto veloce come a indicare l'ambiente: «D'altro canto chi ha comprato casa qui non aveva certo problemi di denaro. E scaldare tutti questi spazi enormi d'inverno doveva costare parecchio».
«Quanto costava venire ad abitare qui?»
«Molto, Alessia. Allora si parlava ancora di lire, e con meno di due miliardi non ti avvicinavi nemmeno».
Tiziana fece una smorfia: «Non mi sembrano molti un milione di euro circa».
«Be', diciamo che quindici anni fa la lira valeva in un certo senso di più. Probabilmente adesso dovrebbe essere rivalutata ad almeno il doppio. Diciamo sui due milioni di euro».
Alessia arricciò le labbra ed emise un fischio sbalordito.
Nel frattempo il gruppo arrivò nella Palestra.
Anche questa si sviluppava su tutta la parete dell'edificio; i vari spazi erano stati separati da muri di cartongesso, in modo da creare diverse zone con destinazioni specifiche.
I sei si raggrupparono all'entrata, stupiti ancora una volta dalle dimensioni dell'edificio.
«Adesso dove andiamo?» chiese Franco senza guardarlo direttamente, ma parlando evidentemente con Gianni.
«Be', il regista sei tu, quindi tu dovresti decidere», rispose il ragazzo un po' acido. Non aveva proprio digerito la prosopopea con cui Franco aveva assunto il ruolo di regista.
Franco si girò e alzò un dito per dirne quattro a Gianni, ma tacque e rimase per un paio di secondi a fissare la parete.
Poi, come se non avesse mai smesso di parlare, rispose: «Va bene».
Gianni, che temeva quanto meno un cazzotto, si girò verso Alessia con sguardo stupito e ripeté a bassa voce: «Va bene?»
Franco superò il gruppo e andò verso la parete. Tutti si girarono e capirono il motivo per cui si era tranquillizzato immediatamente: una enorme pianta della zona Palestra era riprodotta sul muro di entrata, e una simpatica freccetta li avvertiva della loro esatta posizione.
«E va be', ma così sono capaci tutti» disse Tiziana comicamente.
Nel gruppo serpeggiò qualche ghigno, poi tutti si misero a studiare la piantina.
«Gianni, hai detto che qui è morta la moglie del Costruttore. Sai dove?».
«Se non ricordo male è morta nella zona in cui ci sono le macchine da jogging, i tapis roulant».
Franco controllò la piantina, individuando in pochi secondi la zona che gli interessava: «Eccoli lì, andiamo che comincia a fare buio.».
Gianni cominciava un po' a scocciarsi del modo di fare di Franco. Approfittava della sua fama da duro, e della sua maggiore età, per spadroneggiare su tutti loro. E poi, a ben guardare, non era proprio così capace di fare il regista. Se non glielo avesse spiegato lui, non avrebbe neanche saputo come gestire la sequenza “motore, ciac, azione”.
Pazienza, ovviamente: l'importante era di portare a casa il risultato, cioè il documentario. E magari anche di stare un po' vicino ad Alessia.
La zona dei tapis roulant era più o meno al centro della Palestra, nella zona che dava verso l'immancabile vetrata. La posizione della Palestra era tale che si poteva vedere un panorama fantastico delle Alpi, in lontananza, appena velato dalla nebbiolina che aleggiava all'esterno. Per qualche motivo, forse la dimensione del vetro, le montagne sembravano molto più vicine.
Gli attrezzi elettrici erano originariamente posizionati in due file parallele con la parte anteriore verso il vetro, in modo da poter correre con l'impressione di essere in mezzo alla natura. Adesso la maggior parte era stata spostata, ma curiosamente erano ancora molti. Forse qualcuno aveva provato a rubarli, poi la fama sinistra della casa aveva convinto tutti che era meglio lasciarli dov'erano.
Adesso erano completamente coperti di ruggine e polvere. Qua e là la plastica che ricopriva alcune parti metalliche si stava sfaldando.
Uno degli attrezzi era posizionato un po' più avanti di quella che doveva essere la prima fila; in questo modo risultava un po' solitario rispetto agli altri. La superficie scura dove normalmente si cammina era screpolata e aperta in più punti; due lunghe strisce più chiare indicavano il consumo causato dall'attrito con migliaia di passi.
Gianni lo indicò: «Credo sia quello».
«Cosa?» chiese Giampiero.
«Dov'è morta la tipa».
«Oh, cazzo» fu la laconica risposta.
Il silenzio che seguì l'affermazione venne interrotto nuovamente da Franco, che ormai aveva preso a cuore il suo ruolo di leader carismatico e regista: «Va bene, vediamo di fare una buona ripresa che si sta facendo tardi. Gianni, secondo te è meglio riprendere verso le montagne, oppure dalla vetrata l'interno della palestra?»
Gianni non si aspettava certo una richiesta di opinione da parte di Franco, per cui rimase qualche secondo interdetto: «Oh... uhm... be', direi che verso le montagne sarebbe meglio come estetica, mentre verso l'interno sarebbe più inquietante».
Franco soppesò la risposta: «Potremmo fare due riprese e mischiarle».
«Mixarle, sì», lo corresse Gianni, ma senza astio.
«Bene, allora diamoci una mossa».
Il gobbo venne preparato in pochi secondi, mentre Gianni si piazzava vicino alla seconda fila di tapis roulant per inquadrare quello isolato e ottenere una splendida vista delle montagne che svettavano da dietro la nebbia.
Tiziana si piazzò di fianco all'attrezzo.
Roberto era sulla destra, invisibile alla telecamera, con la sua giraffa improvvisata nella parte inferiore, coperta dagli attrezzi della prima fila.
«Motore... ciac... azione!»
Questa volta il ciac lo fece direttamente Tiziana battendo le mani.
«Il nostro viaggio all'interno del Condominio Maledetto continua qui, nella Palestra»
Tiziana fece un gesto circolare.
«Questo ambiente era molto frequentato sia dai condòmini, sia dai loro ospiti. Era una palestra perfettamente organizzata e dotata di tutte le strutture necessarie per eseguire qualunque tipo di esercizio e per seguire qualunque tipo di allenamento; qui lavoravano diversi professionisti, fisioterapisti, massaggiatori, medici dello sport. Era tutto studiato in modo che nessuno si potesse fare male. Eppure...».
Tiziana tacque per un paio di secondi.
«Un mattino, il personale addetto alle pulizie trovò il corpo di una donna».
Altra piccola pausa: «Anche in questo caso ci sono alcuni aspetti che lasciano sconcertati: la donna era entrata in Palestra durante la notte, e aveva iniziato a usare uno dei tapis roulant, questo alla mia sinistra. Nessuno ha mai capito esattamente la dinamica della morte della donna, anche se ci furono molte ipotesi. Probabilmente un infarto causato dallo sforzo, anche se alcune voci parlarono di gravi emorragie nella parte superiore della gamba».
«Un altro elemento che contribuì ad aumentare la macabra leggenda su questo posto, fu che la donna morta era la moglie del Costruttore dell'edificio, Tommaso Gonella».
Nel momento stesso in cui Tiziana pronunciò il nome dell'uomo, ci fu un movimento alla sua sinistra, che ne attirò lo sguardo, rovinando l'inquadratura. Giampiero non si accorse di nulla, mentre Gianni riprese Tiziana: «Ferma!»
Alessia si volse alla sua destra: Roberto si era strappato le cuffie, e stava borbottando qualcosa.
«Che succede?» disse Franco.
«Un fischio. Forse il microfono è andato» rispose Roberto.
«Cazzo. Ma ha registrato?» chiese Tiziana.
«Credo di sì. Controllo»
Il ragazzo si mise a trafficare con il suo apparato. Intanto Franco chiese a Gianni: «La ripresa è venuta?»
«Sì, al limite possiamo tagliare la parte finale, gli ultimi due secondi, dove Tiziana si gira».
Roberto aveva posizionato il registratore digitale sulla posizione d'inizio e stava ascoltando nelle cuffie il risultato della registrazione.
Gianni continuò a parlare con Franco: «Possiamo sovrapporre una fotografia di Gonellai quando Tiziana... Ma cosa c'è?»
Stavolta Roberto aveva lanciato un grido strozzato, togliendosi di nuovo le cuffie: «Ahi. Di nuovo quel fischio. Mi sa che l'ho registrato».
«Ma la registrazione è venuta?» chiese Tiziana preoccupata.
«Sì, fino a quando non dici il nome del Costruttore. Quello è coperto dal fischio».
Alessia chiese: «Possiamo sentire anche noi?»
«Sì, c'è un altoparlante. Aspettate». Roberto trafficò per qualche secondo con le impostazioni per far uscire il suono in modo che fosse udibile da tutti. Ruotò alcune manopole per migliorare la qualità: la voce di Tiziana era stata registrata in modo impeccabile.
«... elemento che contribuì ad aumentare la leggenda su questo posto, fu che la donna morta era la moglie del Costruttore dell'edificio...»
Sebbene tutti sapessero che ci sarebbe stato, il rumore colse tutti di sorpresa.
Era un rumore acutissimo, che faceva pulsare le orecchie di dolore.
Alessia cacciò un urlo di paura, Franco si mise le mani sulle orecchie, come Gianni. Giampiero invece continuava a registrare allegramente, quasi fosse insensibile. Tiziana strizzò gli occhi e impallidì.
Roberto fermò la riproduzione dopo un paio di secondi, che a tutti parvero lunghissimi.
«Dio, che male!» disse Tiziana, massaggiandosi le tempie, «mi ha fatto venire mal di testa».
«Anche a me» confermò Alessia tenendosi una mano sulla fronte.
Gianni si rivolse direttamente a Roberto: «Il microfono funziona ancora?»
«Controllo».
Dopo qualche secondo, Roberto confermò che il microfono sembrava a posto, e che potevano proseguire.
Franco sbuffò: «Uffa, certo che se per fare un filmetto come il nostro ci sono tutti questi casini, non oso immaginare per fare un film intero!»
«Già, sembra facile visto da fuori», commentò Gianni.
«Va be', diamoci una mossa» disse Franco per l'ennesima volta, «Adesso, se non ricordo male, dobbiamo andare in garage, vero?»
Gianni si stupì nel vedere che il ragazzo stava entrando sempre di più nella parte di regista: non pensava proprio che si sarebbe ricordato di tutti i passaggi da fare. Si era già abbastanza stupito di quando gli aveva spiegato il motivo per cui si fanno i “ciac”, e lui l'aveva capito: «Sì, al primo piano sotterraneo».
«Da dove passiamo?»
«Direi che possiamo tornare indietro e scendere dalle scale. C'è un accesso ai garage che dà direttamente sul Parco».
«Ok, andiamo, truppa».
I sei si prepararono e alla spicciolata si incamminarono verso il corridoio.
Roberto, prima di andarsene, lanciò un'ultima occhiata al tapis roulant.
“Eppure c'è qualcosa che non mi quadra” si disse.
Poi fece spallucce, e se ne andò: “Mi verrà in mente”.