Quello che proprio non mi convince è il titolo... magari datemi qualche suggerimento, oltre a tutte le critiche che vi vengono in mente Buona lettura!
(Silenzio e buio perfetti. Improvvisamente, uno squillo di telefono li lacera entrambi. Si sentono parecchi squilli, mentre il respiro di una donna addormentata si trasforma prima in un sussulto sorpreso, poi in un mugugno infastidito.)
DOTTORESSA: Hmmf. Pronto?
(All'altro capo del telefono si sente un respiro affannato, tremolante, contrappuntato da gemiti).
DOTTORESSA: Pronto? … Ma chi...? Ehi, se è uno scherzo chiamerò la pol...
VOCE DI DONNA: (continua a respirare affannosamente, ma tra i lamenti iniziano a sentirsi stralci di parole confuse) Dot... ssa... sono... so... dottor...sa... so...
DOTTORESSA: Chi... ? Signora... signora Schiavarelli? Stella? È lei?
STELLA: S... sì... io... la pre... mi de... aiut... re....
DOTTORESSA: Stella, così non la capisco. Lei si trova in uno stato d'ansia, deve calmarsi. Avanti, su: faccia come le ho insegnato in seduta. Si riconnetta col suo respiro.
STELLA: (respira ancora più ansante).
DOTTORESSA: ...Stella? Non la sento lavorare.
STELLA: … E...ntra-e...sce... u...no. Entra-e... sce, du... due. Entra- esce... tre... entra- esce, quattr...o... entra-esce, cinque... entra-esce, sei. Entra-esce, sette... (mentre conta i suoi respiri, la si percepisce calmarsi).
DOTTORESSA: Perfetto. Si sente meglio adesso?
STELLA: Sì, credo... di sì.
DOTTORESSA: Bene. Allora mi potrà spiegare cosa l'ha portata a chiamarmi alle due e mezzo del mattino, forse? E cosa le ha causato tutta quest'ansia?
STELLA: Io... le due e me...? Sono le due e mezza?
DOTTORESSA: Stando al mio orologio, sì.
STELLA: Oddio, ma allora sono rimasta qui per... oddio, oddio, oddio! Dottoressa, lei mi deve aiutare... la prego, la prego, mi deve a...
DOTTORESSA: Se mi spiega qual è il problema, forse potrò fare qualcosa per lei, come sempre.
STELLA: Dottoressa, io... sono stata rapita!
DOTTORESSA: (Silenzio all'altro capo).
STELLA: Dottoressa... Dot...toressa!
DOTTORESSA: Sono qui, Stella, mi scusi. (Emette un sospiro rassegnato appena percettibile) Va bene, è stata rapita. Riconosce il luogo in cui si trova adesso?
STELLA: Come?
DOTTORESSA: Il luogo. Sa dirmi dove si trova in questo momento?
STELLA: Io... in casa mia, credo...
DOTTORESSA: … Lei è stata rapita e si trova in casa sua?
STELLA: No... no! Cioè... sì, forse io... non... non lo so, dottoressa, è così... così buio, qui... non so... (la voce le si sta per rompere in pianto).
DOTTORESSA: Oh, santo... va bene, Stella, adesso si calmi. Andiamo con ordine e cerchi di spiegarmi tutto.
STELLA: Ma è così difficile...
DOTTORESSA: Allora faccia come quando abbiamo fatto la regressione in seduta. Ricorda? Un bel respiro profondo, e tenti di ricordarsi l'ultimo momento in cui era tranquilla. Ci provi. È importante, altrimenti non potrò aiutarla.
STELLA: Va bene, ci... ci provo. (Trae un profondo respiro) Dunque, ero... ero a casa, no? Ieri sera, e... no, non era ieri, era... era stasera... avevo appena finito di cenare, e...
DOTTORESSA: Ricorda cos'ha mangiato?
STELLA: Io... no! No, dottoressa, no, io sono... come faccio a...
DOTTORESSA: Ok, ok, si calmi, non è essenziale che me lo dica. Vada avanti.
STELLA: Avanti, sì. La cena, ecco, sì. Dunque ero... dovevo uscire, penso, ma ero in ritardo per... per qualcosa che dovevo fare... avevo ancora un mare di roba da... dovevo truccarmi, vestirmi... ero in ritardo... un appuntamento, forse la spesa... tante cose...
DOTTORESSA: Le batteva forte il cuore?
STELLA: Forte, sì... e sono andata in bagno... dovevo fare presto... troppo poco tempo... e... e... sono caduta, credo... forse... forse mi hanno... colpita, o forse...
DOTTORESSA: Uhm. E poi?
STELLA: E poi mi sono svegliata e... e non ero più a casa mia. O meglio, ero a casa mia, ma... ma non era più casa mia...
DOTTORESSA: Stella, lo sa che un luogo niente può essere se stesso e qualcos'altro in contemporanea. Il luogo dove si trova ora è casa sua, o no?
STELLA: (Silenzio all'altro capo).
DOTTORESSA: Ripeto: lei si trova a casa sua, o...?
STELLA: All'inizio, quando mi sono alzata, credevo di essere a casa, ma... era tutto buio... niente luce, niente... non si accendeva... Allora esco dal bagno e fuori c'è il corridoio, come sempre... al buio pensavo fosse quello di casa mia... quello che porta in cucina. Ma poi sono andata a sbattere ad una porta, e a casa mia non c'è nessuna porta nel corridoio della cucina!
DOTTORESSA: Mi faccia capire una cosa. Lei non riconosce questo luogo perché c'è buio?
STELLA: Sì, è così....
DOTTORESSA: Ma se non ci fosse il buio, pensa che sarebbe casa sua? Oppure un altro luogo che le è famigliare?
STELLA: Io... io no... io penso che sia... un'altra casa... che non conosco!
DOTTORESSA: Va bene, va bene. Vada avanti, ora. Cos'ha fatto?
STELLA: Ho cercato una luce, ma non trovavo nulla... allora ho camminato a tentoni, nel buio... ho aperto la porta e c'era una stanza grande, un salone... forse... ma è buio, e io avevo paura, molta paura... volevo una luce, avevo bisogno di una luce... e sono andata avanti... in un altro corridoio. Questo lo vedevo meglio, però...
DOTTORESSA: C'era più luce?
STELLA: No, ma dopo un po' al buio ti abitui.
DOTTORESSA: Ha ragione. Cosa è successo dopo?
STELLA: Dopo, nel corridoio c'erano tante porte, sia da un lato che dall'altro... alcune chiuse, altre aperte. A un certo punto ho gridato perché in una delle porte ho visto tre persone che camminavano, tre ombre... ma poi ho capito che ero io.
DOTTORESSA: Che vorrebbe dire?
STELLA: Erano tre specchi, forse era un bagno, forse ho visto anche una vasca. Però mi sono spaventata molto, piangevo, anche... volevo uscire di lì, non volevo più la luce... e ho camminato, camminato... e poi... oh, dottoressa... poi ho visto Lui!
DOTTORESSA: Chi?
STELLA: Lui!
DOTTORESSA: Lui chi?
STELLA: Lui che mi ha rapita! Ho guardato dentro una porta aperta e ho visto... ho visto l'ombra... era Lui, ne sono certa, è stato lui a portarmi qui! Non vedevo il suo volto, era tutto buio... ma io sapevo che stava guardando me... che mi voleva prendere... (inizia a singhiozzare).
DOTTORESSA: E cos'ha fatto? Le si è avventato contro?
STELLA: No, è rimasto fermo a guardarmi. Io ho gridato e ho gridato... e mi sono chiusa nella prima stanza che ho trovato aperta... ma è proprio di fronte a lui.... poi sono svenuta di nuovo, credo... tanta paura... e poi sono rinvenuta... ed ero ancora qui. È una stanza da letto, credo... e c'era un telefono... chiedere aiuto... ho chiamato lei...
DOTTORESSA: Perché proprio me?
STELLA: Perché il suo è l'unico numero che ricordo a memoria.
DOTTORESSA: … Andiamo bene.
STELLA: Dottoressa, mi aiuti, la prego! Lui è proprio qui nella stanza di fronte, lo so, lo sento! Se non mi aiuta verrà a prendermi, e... e io... (il respiro le si fa affannoso).
DOTTORESSA: Stella, adesso si calmi. Io posso aiutarla, ma lei dovrà fare esattamente quello che le dico. È chiaro?
STELLA: Sì, tutto quello che vuole, tutto quello che...
DOTTORESSA: Molto bene. Può... puoi spostarti verso la porta, Stella?
STELLA: Cosa? Verso la porta? Ma Lui è proprio...
DOTTORESSA: Fidati di me. Vai verso la porta.
STELLA: (Singhiozza) Oh... oh... odd... oddio... (si sente un cigolio) ci sono, dott... ssa... oddio, oddio...
DOTTORESSA: Brava. Ora socchiudila e sbircia fuori.
STELLA: No! Non posso, Lui mi...
DOTTORESSA: Stella, non ti accadrà nulla. Ci sono io con te. So che puoi farcela. Guarda fuori.
STELLA: (Singhiozza sconsolata) oh... (trattiene il respiro).
DOTTORESSA: Lo vedi? Lui è ancora là?
STELLA: Sì... è là... vedo solo la sagoma nel buio... guarda verso di me... mi vuole, mi verrà a prendere...
DOTTORESSA: Puoi tornare dentro ora, Stella.
STELLA: (Rumore di porta sbattuta. Singhiozzi) Mi aiuti, dottoressa.
DOTTORESSA: Ti aiuto. Ascoltami bene, Stella: sono certa che nella stanza in cui ti trovi ora c'è una torcia.
STELLA: Una... una torcia?
DOTTORESSA: Sì, c'è di sicuro. Cercala e la troverai.
STELLA: Va bene io... un attimo... (si sente un trepestio confuso) ma... ma eccola! Eccola! Era proprio qui, vicino a me! Come ho fatto prima a non...?
DOTTORESSA: Proprio come pensavo. Ora, Stella, ascoltami attentamente: devi accendere la torcia e puntarla su di Lui.
STELLA: Ma così mi vedrà! Mi ucciderà, verrà a prendermi, mi...
DOTTORESSA: Stella, devi farlo! Non ti farà nulla, te lo assicuro. Ma è essenziale che tu gli illumini il volto.
STELLA: (Respira affannosamente e singhiozza scompostamente)
DOTTORESSA: Riconnettiti al tuo respiro, forza. Entra-esce, entra-esce, entra...
STELLA: (Il suo respiro si fa sempre più controllato) Va bene, dottoressa... ci sono... pen...so. Ma è... è sicura che... devo far... lo?
DOTTORESSA: Sicurissima.
STELLA: Allora io... io vado... (il ricevitore del telefono viene posato. La voce di Stella si sente sempre più in lontananza) sto andando, sto... io... lo illumino con la torciaaaaAAAAAAAAAHHHHHH!
(Si sente sbattere violentemente la porta)
DOTTORESSA: Stella! Stella, sei là? (Il ricevitore viene rialzato, e si sentono i singhiozzi di Stella) Stella, rispondimi!
STELLA: Orribile, è orribile, mio dio... (piange)
DOTTORESSA: Cos'hai visto? Lui è ancora là?
STELLA: Ho visto... Lui è... gli ho illuminato il volto, è... orribile, dottoressa... lui porta... porta una maschera da pagliaccio.... ha un ghigno malefico, mi guarda... è tutto colorato, orribile...
DOTTORESSA: Si è mosso quando l'hai illuminato?
STELLA: Cosa? No... è rimasto immobile come una statua, a... a fissare me...
DOTTORESSA: Come immaginavo.
STELLA: Come immaginava cosa? (La voce le si fa più acuta e sconnessa) Dottoressa, lei mi deve aiutare! Io sono qui, in questa casa buia, con un maniaco vestito da pagliaccio, e lei... lei... (scoppia in un pianto rabbioso e spaventato).
DOTTORESSA: Hai ragione, Stella, hai ragione. Perdonami, ma tutto questo era necessario. Io posso aiutarti, e lo farò. Ora ho tutto quello che mi serve per farlo. Però ti avviso: c'è un solo modo per salvarti, e non sarà facile.
STELLA: Tutto, dottoressa, tutto...
DOTTORESSA: Molto bene. Allora, ora ascoltami attentamente. Innanzitutto, non esiste nessuna casa buia e nessun maniaco.
STELLA: Ma cosa dice? Io sono...
DOTTORESSA: Tu sei prigioniera solo di te stessa.
STELLA: Lei è... io non... io...
DOTTORESSA: Stella, santa miseria! Sono la tua psicanalista, so cosa ti è successo! Come ti ho detto durante i nostri incontri, tu sei un soggetto ansioso ad alto rischio. Sai bene che ti lasci vincere dall'ansia con molta facilità. Hai mille ansie, mille paure... e ti sei lasciata vincere da loro, che hanno preso il sopravvento e ora ti stanno dando una visione falsata della realtà.
STELLA: Non... non capisco...
DOTTORESSA: Partiamo dall'inizio. Stasera evidentemente avevi un appuntamento, un impegno molto importante a cui tu hai dato un peso tale che un minimo ritardo ti ha messo completamente KO. Avevi mille cose da fare e poco tempo, l'ansia è cresciuta, è cresciuta, è cresciuta... e sei collassata. E quando ti sei svegliata, hai iniziato a percepire la realtà in maniera distorta.
STELLA: (Silenzio all'altro capo).
DOTTORESSA: Tu adesso credi di trovarti in una casa buia e sconosciuta. All'inizio credevi fosse casa tua e invece non lo era. Bene, questo rappresenta la paura che hai nella vita di trovarti in situazioni che credi ti siano familiari e che poi finiscono per non esserlo. Hai troppe abitudini, troppi schemi fissi... così l'imprevisto, lo sconosciuto, l'ignoto ti creano stress, e lo stress ti crea ansia, ed ecco perché ti trovi là.
STELLA: Ma io...
DOTTORESSA: Proseguiamo. Ti sei aggirata alla ricerca di una luce, di un'arma, di qualcosa con cui affrontare questa prova... ma non hai trovato nulla finché non te l'ho detto io. E ti sei vista riflessa in tre specchi perché ti senti divisa, spezzata, quasi un'entità esterna a te stessa che non riesci più a gestire. E infatti ne hai avuto paura. Inconsciamente sai di essere tu il tuo stesso problema.
STELLA: E... e Lui?
DOTTORESSA: Oh, Lui è semplice dire chi è. Lui è la summa di tutte le tue paure, da quelle infantili a quelle attuali. Non ti fa nulla, sta solo fermo come una statua, un macabro pupazzo, a guardarti. Ma il solo fatto che ci sia, che sia là di fronte a te, nella stanza dirimpetto, ti terrorizza. Perché, alla fine, l'unica cosa di cui tu hai paura sono le tue paure stesse.
STELLA: (Silenzio all'altro capo).
DOTTORESSA: Stella, ci sei?
STELLA: Sì... credo...
DOTTORESSA: Lo so, sono stata molto dura... ma l'unico modo per tornare alla realtà è andare a sbatterci contro. Peraltro, Stella... adesso hai una grande opportunità. Hai l'occasione di vincere, di sconfiggere definitivamente le tue ansie e le tue paure e di illuminare la casa una volta per tutte... puoi tornare a vivere, se solo lo vuoi.
STELLA: E... e come posso fare?
DOTTORESSA: Dunque, fammi pensare. Ecco, ci sono. Hai detto che ti trovi in una stanza da letto, no?
STELLA: Sì...
DOTTORESSA: Allora ci sarà di sicuro un letto nei paraggi. E sopra il letto un lenzuolo. È così?
STELLA: Sì, c'è.
DOTTORESSA: Ottimo. Allora voglio che tu prenda il lenzuolo e lo strappi via dal letto.
STELLA: (Dopo un attimo di esitazione si sente un forte fruscio) Ecco io... ho fatto...
DOTTORESSA: Benissimo. Adesso armati di tutto il coraggio di cui sei capace. Apri la porta, esci dalla stanza e vai a gettare il lenzuolo addosso a Lui.
STELLA: No! Io non posso... non posso...
DOTTORESSA: Sì che puoi. Un respiro profondo, vai.
STELLA: (Fa cinque respiri profondissimi) Forse... forse sono pronta...
DOTTORESSA: Sono certa che lo sei. Forza. Io ti aspetterò qua.
STELLA: Nelnomedelpadrefigliospsantoamen...
(Il ricevitore viene posato. Si sentono dei passi cauti, ovattati. La porta cigola. In lontananza, si sentono rumori confusi: fruscii, gemiti, singhiozzi... poi, improvvisamente, un ringhio che si trasforma in un urlo di rabbia disperata. Poi, per un lungo attimo, il silenzio. Un respiro affannoso che si trasforma in risatina sorpresa e poi in risata di gioia, forte, decisa. Passi veloci, caracollanti, la porta che sbatte contro il muro, il ricevitore che viene alzato)
STELLA: Dottoressa... dottoressa! È ancora in linea?
DOTTORESSA: Certo, Stella, sono qui. Ce l'hai fatta?
STELLA: Io... sì! Sì! Ce l'ho fatta, dottoressa! Mi sento così... ah! Doveva vederlo! Lui stava fermo là, col suo ghigno maledetto... e io mi avvicinavo, il cuore che mi usciva dalla gola... all'inizio volevo scappare, gridare... ma poi ho detto: ce la devo fare! E allora, SVAMP! E gli ho buttato addosso il lenzuolo! Oh, dottoressa, sono stata davvero grande, doveva vedermi!
DOTTORESSA: Sì, Stella, sei stata davvero grande. Ne ero certa.
STELLA: Grazie, dottoressa, grazie!
DOTTORESSA: Non devi ringraziarmi, Stella, io ho fatto solo il mio lavoro. La parte del leone l'hai fatta tu. (Sbadiglia) Adesso, però... andiamo a letto, tutte e due, va bene? Domani chiamami in ufficio che fissiamo una chiacchierata.
STELLA: Sì, certo, dottoressa, andiamo... però... prima me la spiega una cosa?
DOTTORESSA: (Reprime un sospiro inquieto) Dimmi.
STELLA: A cosa serviva quella roba del lenzuolo?
DOTTORESSA: Beh, è stato un espediente, una specie di metafora... un gesto simbolico per mettere a tacere le tue paure.
STELLA: Ah, capisco, capisco. Però... mi spiega perché sono ancora qui?
DOTTORESSA: … Qui dove?
STELLA: Qui, nella casa buia.
DOTTORESSA: (Silenzio all'altro capo).
STELLA: … Dottoressa?
DOTTORESSA: Ci stavo pensando, un attimo! Beh, credo che sia... perché... effettivamente, tu... io...
STELLA: Un attimo, sst!
DOTTORESSA: Cosa?
STELLA: Sento dei rumori... prima... prima era tutto zitto, silenzioso... che cosa... oh... oh, no! NO! Vattene, lasciami! Aiuto! AIUTO! NOOOOOO!
DOTTORESSA: Stella! Stella! Che succede, Stella? Oddio... Stella, dove sei? Stella!!! Rispondimi!
(Il ricevitore cade per terra. Si sentono rumori confusi: vetri infranti, porte sbattute. Urla che si fanno sempre più lontane fino a confondersi nel silenzio e perdersi in esso. Silenzio).
DOTTORESSA: Stella...(Singhiozza) Stella, dove sei? Ti prego... ti prego, rispondimi... Stella... Stella...
(Silenzio all'altro capo).
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