Capitolo 4- Il Tabularium
Lara aprì gli occhi improvvisamente, risucchiando con violenza quanta più aria potesse.
Intorno a lei tutto era buio e silenzio.
Si alzò a sedere, ma aveva mal di testa, dolori diffusi sul corpo e una leggera nausea.
Per diversi secondi non ricordò nulla: dove fosse, come ci fosse finita, forse persino chi lei fosse.
Poi pian piano la sua mente cominciò a snebbiarsi e ricordò: la Chiave delle Vie intrecciate, l'iscrizione, il Tempio di Saturno, i droni...
… il Tabularium.
Doveva esserci entrata, a quanto pareva, anche se la maniera fallimentare in cui ci era riuscita le impediva di provare gioia.
Si sincerò di non avere nulla di rotto, poi, con qualche difficoltà, si alzò. Premette un pulsante sulla cinghia del suo zainetto e una torcia piccola ma potente illuminò un'anticamera di pietra stretta e profonda, senza decorazioni particolari.
Accanto a lei, sul pavimento, giaceva una carcassa metallica. Osservandola, la donna capì cos'era successo: quando lei, senza cautele, aveva lasciato il nascondiglio per correre verso il portale, il drone doveva aver rilevato il suo calore corporeo, le aveva sparato automaticamente il dardo narcotico e, mentre cadeva malamente nel portale, l'aveva seguita. Fuori dal range di comando, l'infernale macchinario aveva smesso di funzionare ed era crollato al suolo.
Furiosa, gli diede un calcio che lo fece volare contro un muro di pietra. L'eco del frastuono risuonò a lungo.
Lara trasse un profondo respiro, poi premette un pulsante sul suo auricolare.
“Bryce.... Hillary!” chiamò, ma tutto ciò che ebbe per risposta fu una scarica di elettricità statica.
Ci riprovò una, due, tre volte, ma il contatto coi suoi amici era saltato.
Con un urlo di rabbia si levò l'auricolare e la gettò nel buio.
Era sola, di nuovo.
Fu lì lì per cedere alla disperazione, ma l'ultimo barlume di razionalità le ricordò quello che molti anni prima era stato il cardine delle sue avventure, l'elemento fondamentale del suo io: per uscire da quella situazione, doveva contare solo su se stessa.
E doveva andare fino in fondo.
Lara si guardò intorno e individuò una piccola apertura su un lato del vestibolo; vi si diresse zoppicando e puntò la torcia al suo interno: era un corridoio strettissimo, del quale non vedeva la fine. Non poteva far altro che seguirlo: trasse un profondo respiro, si posizionò di lato e vi entrò.
Mentre avanzava in quell'anfratto claustrofobico, la sua mente sentì il bisogno di tenersi occupata e le mise davanti il ricordo delle azioni di poche ore prima.
Quella missione si era rivelata un disastro su tutti i fronti: aveva fallito tutte le prove fisiche e mentali cui era stata sottoposta, rivelandosi goffa, imbolsita e poco perspicace, nemmeno una pallida ombra di quello che era stata anni prima.
Ciò, dovette notarlo con amarezza, non era dovuto solo alla sua età.
Lara sapeva bene che tra idea e azione c'è uno stretto legame, e la sua inettitudine non era che un riflesso di ciò che le si agitava nel cervello.
Erano anni, ormai, che si era resa conto di quanto la sua vita da Predatrice di Tombe le fosse costata: per seguire la sua passione, per essere Lara Croft aveva dovuto rinunciare a tante cose, troppe. Aveva barattato gli agi di una vita da ricca rampolla con qualche reperto polveroso, la possibilità di farsi una famiglia con quella di visitare luoghi inaccessibili, la vicinanza degli amici con un manipolo di crudeli nemici.
E poi, cos'era successo? Il tempo era andato avanti senza attenderla, il mondo era cambiato, lei era cambiata... e si era trovata senza nulla di reale valore in mano.
Hillary e Bryce, lei lo sapeva, pensavano che lei si chiudesse nella Sala dei Trofei per rivangare le vecchie glorie, ma non era così: quella era semplicemente una punizione che lei si autoinfliggeva, poiché ogni artefatto le ricordava il prezzo che aveva dovuto pagare per ottenerlo.
Le ricordava che lei era Lara Croft.
Ma lei Lara Croft la odiava.
Dopo un'interminabile traversata l'angusto corridoio sfociò in un'ampia sala immersa in una penombra verdastra. Lara vide un braciere a pietra focaia: lo attivò tirandone la leva, e uno spettacolo incommensurabile le si presentò davanti agli occhi: si trovava nel Tabularium, l'Archivio più importante della storia romana.
Era una sala gigantesca, che aveva l'aria di estendersi almeno sotto l'intera superficie dei Fori Imperiali, con centinaia di altissime scaffalature disposte in file ordinate; nei loro alveoli romboidali erano alloggiati tubi di metallo che dovevano contenere rotoli di pergamena e papiro, sui quali, se le leggende che aveva letto sul suo libro dicevano il vero, si doveva trovare il distillato dei segreti delle civiltà minoiche, egizie ed etrusche.
Nel rendersi conto di questo, Lara provò un'ambigua, scomoda sensazione: un tempo, l'idea di essere la prima persona a mettervi piede dopo millenni l'avrebbe fatta sentire più che felice, viva; adesso era soltanto un ennesimo traguardo insensato, accompagnato peraltro da un senso di sconfitta definitiva e dalla conferma di non essere più in grado di portare a termine una missione nel migliore dei modi. Anzi, ormai non le interessava nemmeno più compierla: tutto ciò che voleva era uscire da quel luogo e tornare a Croft Manor, dove stavolta sarebbe rimasta.
Lara perse la cognizione del tempo mentre vagava per il Tabularium, e ben presto le montò una forte emicrania: il luogo era molto meno solenne di quanto si potesse immaginare (o forse era lei a percepirlo in questo modo), e i corridoi formati dagli scaffali si susseguivano identici l'uno all'altro, senza decori o altri segni distintivi di sorta.
Dopo un lungo vagare, la donna iniziò a sentire un senso di costrizione al petto: si rese conto di non capire più da dove fosse venuta, e di certo non sapeva dove si stesse dirigendo.
“Dannazione!” imprecò “tutto per quella dannata...”
… Chiave.
Lara se ne era quasi dimenticata, ma la ragione per cui era lì era scoprire il mistero della Chiave delle Vie incrociate. Dopo averla estratta dall'iscrizione sul Campidoglio l'aveva riposta velocemente nello zaino e là l'aveva lasciata.
Sbuffò e di malavoglia la tirò fuori.
“Ma guarda...” mormorò annoiata quando si accorse che la pietra preziosa incastonata al centro, che poco prima le aveva rivelato il portale del Tabularium, adesso sembrava pulsare di una luce azzurrognola, probabilmente reagendo al materiale di cui erano composti gli scaffali.
Nell'osservare quel portento, Lara ricordò cosa aveva letto giorni prima nel De' Antiqui Secreti: l'artefatto era servito come “chiave e mappa” dei labirinti più celebri dell'antichità.
Si guardò attorno: possibile che anche quello dove si trovava fosse un “labirinto”? Sulle prime le sembrò quasi irriverente paragonare un archivio al mitico Labirinto di Creta, ma razionalizzando la questione non era del tutto scorretto: tutti i documenti di un archivio, ricordò, sono indispensabilmente vincolati tra loro, e ricostruire i complessi rapporti che li legano l'uno all'altro spesso dà la sensazione di aggirarsi in un complesso di incroci, vicoli ciechi e false piste.
Sì, tutto questo aveva senso, ma... allora quali “straordinari poteri” doveva avere la Chiave? Soltanto quello di mostrare la via d'accesso al Labirinto, e magari quella d'uscita?
Lara decise che non le importava se la fama di quell'artefatto fosse stata gonfiata, né quanto: se la poteva aiutare a uscire da lì il più presto possibile, allora valeva la pena di metterla alla prova. La avvicinò alle labbra e mormorò:
“Mostrami come uscire di qui”
Con aria solenne, Lara sollevò la Chiave davanti a sé, aspettandosi di vederne uscire un raggio di luce come quello che aveva aperto il portale.
Ma ciò non accadde.
La Chiave continuò a brillare pigramente, senza compiere alcun miracolo.
Lara provò a inclinarla di lato, fendette l'aria come con una spada, addirittura girò su se stessa, ma nulla cambiò.
“Ecco, e ora sono intrappolata qui per sempre!” sbraitò, e scaraventò l'artefatto per terra.
Fu allora che, mentre con un sonoro clangore la Chiave rimbalzava sul marmo del pavimento, per una frazione di attimo Lara vide un balenio rosso accendersi e sparire.
Lesta si gettò sulla Chiave, la afferrò e la puntò sul pavimento; la mosse lentamente, in modo che il fioco cono di luce da essa irradiato lo illuminasse....
… e lo vide.
Sospeso a mezz'aria a pochi centimetri da terra c'era un tenue raggio rosso, invisibile se non alla luce dell'acquamarina incastonata nella Chiave.
“Il Filo d'Arianna...” mormorò Lara ricordando uno dei nomi con cui era impropriamente nota la Chiave.
Un sorriso di gioia le irruppe per un attimo sul volto, ma quasi subito lasciò nuovamente spazio alla sua espressione corrucciata. Iniziò a seguire il percorso.
Lara avanzò tenendo la Chiave con l'acquamarina girata verso il pavimento, in modo che il Filo rimanesse ben visibile.
Dopo una buona mezz'ora di camminata, la posizione degli scaffali iniziò a mutare: non più ordinati in file e corridoi, ma messi in modo da formare vere e proprie strade. L'archeologa capì che poco prima non era arrivata nemmeno a coprire una minuscola porzione del Tabularium, e le girò la testa nel pensare a quanto immenso potesse essere quel posto.
A un certo punto la disposizione delle scaffalature sembrò assumere un andamento obliquo e circolare; Lara restò perplessa per diversi minuti, prima di capire che stava seguendo una spirale.
Dopo molto camminare finalmente Lara intravide, al termine di un corridoio, uno spazio aperto.
Il Filo si interrompeva lì.
Capendo di essere arrivata al termine del suo percorso, l'archeologa vi corse entusiasta; ma non appena varcato il limitare dell'anfratto, il suo ottimismo si spense.
Era appena entrata in un'ampia sala circolare, che aveva al centro quello che sembrava un minuscolo tempietto con tanto di colonnato, cella e frontone, dinanzi al quale sorgeva una piccola colonnina con sopra lo stesso disegno a spirale che aveva visto sull'iscrizione una quantità indefinibile di tempo prima. Lara non vedeva porte, scale, finestre o qualsiasi cosa che le permettesse di avanzare.
Con un moto di disgusto e rabbia, l'archeologa rammentò cosa c'era scritto sul libro: la Chiave conduceva al centro del labirinto, non alla sua uscita. Doveva esserci anche un tesoro, probabilmente all'interno del tempietto, ma a lei non interessava. Voleva solo andarsene, ma l'uscita sembrava adesso più lontana che mai.
Sedette sulla scalinata del piccolo edificio e, prendendosi la testa tra le mani, tentò di tenere a bada la propria disperazione.
Qualche minuto dopo, Lara sollevò di scatto la testa: un rumore aveva rotto il sacrale silenzio del luogo, ma non riusciva a capirne l'origine.
“Bene, ora ci sono anche i fantasmi” disse, ed estrasse le pistole pronta a difendersi.
In effetti, pensò, era strano che non avesse trovato trappole o nemici: la via era stata difficile da trovare, ma tutto sommato era riuscita ad avanzare senza intoppi.
Mentre si guardava attorno, la sua attenzione cadde sul punto in cui avrebbe dovuto trovarsi il portale d'ingresso del tempietto: esso era chiuso da un'enorme lastra di marmo su cui era incisa un'iscrizione. Lara vi si avvicinò e la lesse.
HOC EST REGNVM DOMINATOREM NON HABENS
HOC EST ARCANVS HOSTIVM NON DEFENDENS
HOC EST LABYRINTHVS CLAVIS NON CLAVDENS
SED REGNVM ET DOMINATOR, ARCANVS ET HOSTIVM,
LABYRINTHVS ET CLAVIS IDEM SVNT.
PLINIVS
NEC VIR, NEC CVSTOS, NEC DOMINATOR
SED OMNIA
NEC HIC, NEC ALIBI, NEC NVSQUAM
SED VBIQUE
NEC HERI, NEC HODIE, NEC CRAS
SED IN OMNIA TEMPORA
HANC NEC LAPIDEM, NEC IANVAM, NEC OBSTACVLVM
SCIT ET NESCIT
CVI POSVIT.
A Saturno Ottimo Massimo/ Questo è un regno che non ha dominatore/ questo è un luogo segreto che non ha un nemico a difenderlo/ questo è un labirinto che una chiave non chiude/ ma il regno e il dominatore, il luogo segreto e il nemico/ il labirinto e la chiave sono la stessa cosa./ Plinio/ non dominatore, non nemico, non custode/ ma tutto questo insieme/ non qui, non altrove, non in nessun luogo/ ma ovunque/ non ieri, non oggi, non domani/ ma in tutti i tempi/ questa, che non è lapide, né porta, né ostacolo/ sa e non sa/ per chi fu posta.
“Oh, fantastico” esclamò sarcastica Lara “proprio quello di cui avevo bisogno... un enigma millenario!”
La donna esaminò la lapide per capire se la si potesse in qualche modo distruggere o aggirare, se avesse delle serrature o delle aperture, ma invano; a quel punto, rassegnata, lesse e rilesse i versi incisi su di essa fino a impararli a memoria, sperando di capire cosa significassero. Tuttavia i pensieri le si affollavano in testa e si sommavano alla nausea, al senso di inadeguatezza e al dolore fisico, impedendole un ragionamento lucido.
Alla fine, esasperata, mollò un calcio alla lastra di marmo.
“Accidenti a te!” imprecò.
“Noto che la situazione ti sta alquanto indisponendo, Lady Croft” gracchiò improvvisa una voce alle sue spalle.
Presa alla sprovvista, Lara emise un gridolino di paura, ma riuscì a mantenere il sangue freddo: estrasse le pistole e si voltò con la guardia alta, pronta a difendersi; ma nell'oscurità in cui era immerso l'ambiente sembrava non esserci nessuno.
“Vieni fuori, chiunque tu sia!” intimò l'archeologa.
“Ah, ah, ah...” rise mollemente l'individuo nascosto “... vedo che la faccia di bronzo non l'hai persa... almeno quella...”
Lara non raccolse lo strale e si concentrò per capire da quale direzione venisse la voce: individuò una sagoma nascosta nell'ombra, ma ne distingueva appena i contorni, come se effettivamente fosse fatta della stessa ombra...
“Non ho tempo per giocare, d'accordo?” disse “mostrati, o passo alle maniere forti”
“D'accordo...” ridacchiò l'ombra, e avanzò verso un tenue cono di luce.
Si trattava di un omone alto e grosso, completamente vestito di nero, con capelli e barba canuti; al suo avvicinarsi, Lara ne percepì l'odore sgradevole di mancanza atavica d'igiene, che le era stranamente familiare...
Fu proprio quella puzza a ricordarle chi fosse la persona che aveva di fronte. Se di persona si poteva parlare.
“Ha... Hatred...” balbettò a mezza voce, mentre un lungo brivido le attraversava la spina dorsale.
“Proprio io” confermò malignamente giulivo l'uomo “molto infelice di rivederti, Lady Croft”
“Il dispiacere è tutto mio” rispose Lara, caricando i colpi in canna alle pistole.
“Oh, suvvia” disse Hatred “dal nostro primo rendez-vous dovresti ricordarti che, ammesso tu sia ancora in grado di mirare come si deve, i proiettili non mi fanno nulla...”
Era vero: Lara aveva incontrato Hatred una sola volta molti anni prima, nel corso di una missione; già allora l'archeologa aveva avuto modo di capire come quell'essere fosse in qualche modo al di fuori delle normali capacità umane, riuscendo a resistere a proiettili e altri oggetti contundenti. E alla resistenza fisica si associava un carattere di pura malvagità: l'uomo era arrivato finanche a collaborare pur di raggiungere scopi perversi del tutto opposti a quelli di lei.
Il ricordo di quell'avventura fece salire un moto di rabbia su per lo stomaco di Lara.
“E tu” lo rimbeccò lei “dovresti ricordare che quella volta hai fallito... il matrimonio che volevi rovinare è più solido che mai... quindi qualsiasi cosa tu voglia da me faresti meglio a...”
Hatred rise con la sua risata simile a un accesso di tosse.
“Pensi davvero che mi sarei scomodato tanto per rovinare un matrimonio?” la schernì “Credimi, farne finire uno mi è più facile di quanto tu creda... anche se, devo ammetterlo, quei tuoi amici sono impossibili da dividere. E hai ragione, purtroppo, allora ho fallito il mio scopo... anche se tu non sai quale fosse realmente”.
Hatred venne più vicino, giungendo fino alla base della scalinata. Lara si rese conto che rispetto al loro primo incontro qualcosa in lui sembrava essersi corrotto, deteriorato: i capelli e il pizzetto, che all'epoca erano sporchi ma ordinati, adesso erano incolti e spettinati; i vestiti erano laceri e l'uomo si muoveva a scatti, quasi in maniera robotica, con occasionali tic che lo facevano sussultare violentemente a intervalli regolari. Inoltre gli occhi e la bocca si erano contratti in un'espressione diabolica.
Lara rinfoderò le pistole: la presenza del suo nemico rendeva la situazione ancora più ingarbugliata, se possibile, e se fosse servito a venirne a capo, tanto valeva ascoltarlo.
“E dunque... qual era il tuo scopo?” gli chiese, avvicinandosi tanto quanto il fetore del nemico permetteva.
Hatred ridacchiò.
“Ma è semplice, mia cara...” celiò “allora come oggi, il mio scopo è distruggerti completamente”.
Lara inarcò le sopracciglia, per nulla sorpresa dalla rivelazione.
“Non sei di certo il primo” fece spallucce “ma perché ti interessa tanto annientarmi?”
Il sorriso beffardo di Hatred si incrinò appena.
“Vedi, Lady Croft” disse in tono pratico “tu forse non hai ben chiaro chi io sia. Questo perché è effettivamente difficile capirlo... in effetti, più che altro ci si dovrebbe chiedere cosa io sia... ma questo non è importante. Ti basti sapere che sono al di sopra di tutti i concetti e di tutte le realtà possibili”
“Curriculum notevole” sbadigliò Lara “va' avanti”
Hatred la guardò cupo, ma decise di ignorare la chiosa.
“Per riassumere, o meglio per semplificare il tutto alle orecchie di un essere limitato come te” proseguì l'uomo “ti posso dire che ho tanto, tanto potere... e quanta più infelicità, oscurità e scontentezza c'è nel mondo, tanto più il mio potere cresce”
Così dicendo le si avvicinò quasi sfiorandole il naso; Lara notò che le sue iridi erano iniettate di sangue, e dovette trattenere un conato di vomito.
“Poi” continuò “ci sono i ficcanasi come te che un bel giorno si svegliano e decidono di regalare felicità, gioia e spensieratezza al prossimo... e quando questo accade, il mio potere si indebolisce...”
“Ma che stai dicendo?” intervenne la donna “a chi è che regalerei felicità, io? Ammetto di essere altruista e di avere due o tre amici cui voglio bene, ma...”
“Non te lo spiego nemmeno, guarda” la interruppe Hatred “non capiresti, o mi prenderesti per pazzo... come effettivamente stai facendo per tutta questa spiegazione, non è così?”
“Non posso negarlo” ammise Lara.
“Bene, allora dai per buono che sia come dico io. Tu sei un fastidioso resto di cibaria tra i miei denti, Lady Croft, questo è quello che ti serve sapere... e per questo io devo trovare lo stuzzicadenti adatto ad annientarti. Anni fa ci ho provato, cercando di impedirti di portare a termine una missione... e non una qualsiasi. Credevo che fallire un progetto a vantaggio di due dei tuoi amici più cari ti avrebbe fermata, ma avevo sottovalutato te e chi ti vuol bene. Dovetti lasciar perdere, ma nei successivi anni non ho smesso di osservarti nella speranza che compissi un passo falso... ma sembrava non esserci davvero nulla che potesse anche solo scalfire quel tuo maledetto ego, quella tua forza indisponente... poi, quando stavo già perdendo le speranze, sei stata tu stessa a spianarmi la via!”
“Io?”
“Tu, mia cara. Da un po' di tempo ti vedevo pensosa, scontenta di te, depressa... magari non ancora del tutto annichilita, anche perché so bene che persone come te difficilmente si lasciano andare completamente... ma era il momento giusto per tenderti un tranello, e tu ci sei cascata in pieno”
Per un istante, Lara non capì cosa intendesse Hatred; poi l'uomo sollevò le braccia e con un movimento rotatorio indicò lo spazio intorno a loro.
La rivelazione le piovve addosso con prepotenza.
Thread era l'anagramma di Hatred.
“La Chiave!” gridò “Me l'hai mandata tu per... per attrarmi qui!”
“Esatto” rise l'uomo “Sapevo che eri in possesso di informazioni rare, ed ero certo che saresti corsa a indagare. Non ho dovuto far altro che mettermi comodo e godermi lo spettacolo... è stato un piacere vederti arrancare, muoverti alla cieca... hai perso il tocco, Lady Croft”
Lara digrignò i denti, osservando Hatred con ferocia; poi però il volto le si distese in un'espressione strafottente.
“Già, magari non sono più quella di una volta” ammise “ma sono comunque arrivata fin qui con le mie sole forze. Credevi che fossi invecchiata tanto da non poter ancora sostenere una corsa a tempo e qualche sparatoria? Continui a sottovalutarmi”
A quelle parole, Hatred esplose in una risata più sguaiata di tutte le altre, seguita da un fortissimo accesso di tosse.
“La tua ingenuità quasi mi commuove” esclamò dopo essersi domato “Davvero credi che questa sia la fine? Davvero credi che un oggetto noto per essere uno dei manufatti più misteriosi e potenti della Storia serva a tener chiusa una manciata di scaffali polverosi? No, Lady Croft... la Chiave delle Vie incrociate ha poteri molto più grandi... ma mi rendo conto che una mente limitata come la tua non può arrivare da sola a comprenderli, quindi ti darò un aiutino. Se ti parlo del Labirinto di Cnosso, tu a cosa pensi?”
Lara visualizzò mentalmente le rovine di un immenso palazzo sull'Isola di Creta, e si rese conto di una cosa: per quanto contorta potesse esserne la pianta, non era nulla di tanto temibile quanto il celebre Labirinto doveva essere secondo il mito. Il ragionamento, una volta partito, fu impossibile da arrestare e toccò autonomamente anche gli altri labirinti storici, quelli di Lemno, Meride e Porsenna: si trattava sempre di strutture complesse, ma non inestricabili al punto di non trovarne l'uscita... esattamente com'era successo per il Tabularium. Inoltre, pensò, se la Chiave fungeva da Filo d'Arianna, dominarli era praticamente un gioco.
Questo è un labirinto che una chiave non chiude... ma il labirinto e la chiave sono la stessa cosa...
“Esattamente” riprese Hatred come se avesse compreso le sue macchinazioni mentali “Quello che hai visto qui non è il vero labirinto, come non lo erano gli altri edifici. E la Chiave, che tu hai usato per aprirti l'accesso, è molto più che una semplice chiave. È lei che costruisce il labirinto... che incrocia le vie... ma non ti dirò altro, perché tra poco lo scoprirai da te. E dentro il labirinto, troverai l'unica arma in grado di annientarti”
“E se mi rifiutassi?” chiese Lara sprezzante. Hatred assunse un'espressione di sarcastico compatimento.
“Andiamo, Lady Croft...” disse soave “sappiamo entrambi che non andrà così, per tre ottime ragioni. La prima, molto semplice, è che tu vuoi uscire di qui, e ormai tornare indietro non si può... quindi devi andare fino in fondo. La seconda, che tu neghi a te stessa, è che in realtà una parte di te desidera ardentemente andare fino in fondo...”
Lara aprì la bocca per ribattere, ma la richiuse quasi subito. Per quanto odiasse ammetterlo, Hatred aveva per l'ennesima volta ragione: quando si era arrampicata sulla facciata del Tabularium, quando era riuscita ad abbattere i primi due droni, quando aveva scoperto il Filo d'Arianna aveva provato una sensazione di gioia che aveva quasi scordato....
“... e la terza?” chiese timidamente, cercando più che altro di non pensare a quell'idea.
Hatred fece un sorriso che era quasi un ringhio, mettendo in mostra denti guasti e storti.
“La terza” rispose “è questa qua” e, con orrore di Lara, tirò fuori da una tasca della sua palandrana la Chiave delle Vie incrociate.
“NO!” gridò Lara quando si accorse di non averla più con sé; senza pensarci due volte estrasse le pistole e si gettò a capofitto contro Hatred, sparando alla cieca.
Qualche colpo andò a segno, ma l'uomo non lo percepì nemmeno: prima che Lara potesse anche solo avvicinarglisi, si portò alla colonnina vicino all'ingresso dell'area e inserì la Chiave nel suo ricettacolo.
Immediatamente si sprigionò una potentissima ondata d'energia, che si propagò con violenza in tutto il luogo, investendo Lara; l'archeologa fu sollevata e sbalzata all'indietro, sbatté la testa contro qualcosa di molto duro e non vide più nulla.
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