Chissà Blu
lo scoprirete solo... leggendo
E a proposito, oggi è un mercoledì OLUS
Ecco a voi il primo capitolo "ufficiale", bello lunghetto ma vi deve bastare fino a lunedì
Capitolo 1- La Chiave
“Ma che diavolo...?”
Il Vivace della
Danza Ungherese N° 6 di Brahms era esploso nella stanza a un volume abbastanza basso da svegliare Hillary senza diffondersi dalla sua stanza nel resto di Croft Manor.
L'uomo ci mise un po' a capire perché anche dopo aver aperto gli occhi continuava a non vedere nulla. Con molta difficoltà cercò di ricomporre mentalmente i pezzi del puzzle: era buio perché, contrariamente agli altri giorni, il sole non era ancora sorto. Il suo orologio biologico era tarato per sentire l'allegro brano di musica classica circa due ore dopo.
Perché sono sveglio?
Un fulmine gli attraversò la mente e d'improvviso ricordò il motivo per il quale aveva anticipato il già mattiniero orario di risveglio.
Con un gemito d'impellenza balzò dal letto.
Da bravo maggiordomo inglese qual era, in capo a undici minuti uscì dalla stanza perfettamente pulito, pettinato e abbigliato. Croft Manor era ancora immersa in una penombra grigiastra che rendeva discernibili solo i profili degli antichi mobili, delle vetuste armature e delle altre preziose suppellettili disposte nei corridoi; qualcun altro avrebbe potuto inciamparvici, ma lui vi si muoveva con la grazia e la sicurezza di chi aveva lavorato in quell'antica dimora per decenni e la conosceva a menadito.
In genere, appena sveglio Hillary si dirigeva con calma nella cucina al pianterreno, dove mentre consumava una rapida colazione dava una scorsa alla lista delle cose da fare che aveva approntato il giorno prima, per poi iniziare i suoi lavori, che svolgeva con la consueta sistematicità in attesa che, l'una diverse ore prima dell'altro, gli altri due occupanti del Maniero lo raggiungessero.
Quel giorno, invece, una fretta che non gli era abituale gli metteva le ali ai piedi e lo dirigeva da tutt'altra parte, nell'ala ovest del primo piano. A ogni passo il buon uomo era più inquieto: deglutiva, sussultava al minimo rumore, tuttavia non rallentava e marciava tanto spedito quanto la sua livrea d'alta sartoria gli consentiva. Un velo di sudore gli imperlava la fronte: sapeva di avere un compito ben più importante di quelli cui era abituato, e stava facendo di tutto per portarlo a termine con successo.
Dal pianterreno, dove si trovava la sua dependance, salì lo scalone monumentale, in cima a esso svoltò a sinistra e aprì la porta a due battenti di legno; oltrepassò quella che un tempo era una sala d'armi, al cui centro campeggiava oggi un immenso telescopio, e imboccò il corridoio a destra e lo percorse fino ad arrivare a una porta che recava una targa dorata con su scritto
Trophy Room.
Posò la mano sulla maniglia e ristette per un attimo in ascolto: quando si fu accertato del perfetto silenzio che aleggiava sulla dimora tirò un sospiro di sollievo e le sue labbra si arricciarono in un sorriso soddisfatto.
Ce l'aveva fatta, era arrivato per primo.
Aprì la porta e si introdusse in un'immensa stanza ampia e lunga, munita di ben due soppalchi, nella quale erano allineate file e file di teche ricolme di artefatti preziosi di ogni sorta, che tappezzavano anche le pareti. L'uomo la conosceva benissimo: da decenni ogni lunedì e mercoledì ne spolverava e lavava tutti gli anfratti. L'unica nota stonata era un bel divano
chaise-longue foderato di chintz rosso che da qualche tempo vi era stato spostato dal salotto, posizionato in modo da dare le spalle all'ingresso.
Hillary ebbe appena il tempo di muovere un singolo passetto trionfale all'interno della Stanza dei Trofei, che da qualche parte al suo interno provenne una voce che lo fece sobbalzare.
“Ci siamo svegliati presto, eh, Hilly?” udì l'uomo, prima di accorgersi di una slanciata gamba femminile nuda che sporgeva dalla spalliera del divano.
“Buongiorno, Lara” rispose poi in un gemito sofferente: la presenza di Lara Croft in quella stanza significava il fallimento della sua missione, senza possibilità d'appello.
Lara si alzò lentamente dalla
chaise-longue e venne incontro al suo maggiordomo. L'amicizia pluridecennale che lo legava alla sua datrice di lavoro (nonché una segreta preferenza per gli esponenti del proprio sesso) impedivano a Hillary di provare per lei qualcosa di diverso da un sincero affetto, ma non poté impedirsi di pensare che fosse una visione davvero meravigliosa, alta com'era, le forme flessuose fasciate da una preziosa vestaglia di seta rosa.
“Allora” esclamò Lara Croft in tono pratico “a meno che tu non voglia servire la spremuta d'arancia nel Sacro Graal, direi che la tua presenza da queste parti a inizio giornata è un po' strana, no?”
“Ehm... io, veramente... perché, abbiamo anche il Sacro Graal, qui?”
La donna inarcò un sopracciglio.
“Hillary...” sussurrò minacciosa “non cambiare discorso...”
“Ecco... vedi, Lara, stamattina mi sono svegliato con una gran voglia di spolverare... sì, la teca quindici...”
“Quella con l'elmo di Beowulf?”
“Sì, proprio quella: giovedì scorso devo averla pulita male, sai...”
Lara storse la bocca in un espressione incredula; poi si portò una mano al mento e apparve pensierosa.
“Sì, penso che sia come dici tu...” convenne annuendo.
“Davvero?” si lasciò sfuggire Hilary; poi si morse la lingua e ripeté la stessa parola tentando di darle un tono esclamativo.
“Beh, è lodevole da parte tua, Hilly...” proseguì Lara, mentre l'amico si ringalluzziva per essere riuscito a celarle in maniera del tutto casuale il vero motivo della sua visita mattutina alla Sala dei Trofei “Però... penso che ci sia anche un'altra ragione che ti porta qui prima dell'alba”.
Il maggiordomo si sentì raggelare.
“E... sarebbe?” balbettò cercando di apparire casuale. Lara gli sorrise maligna.
“Penso che, una volta spolverata la teca quindici, tu volessi
involontariamente chiudere la porta della Sala dei Trofei a chiave... chiave che poi tu avresti perso, sempre involontariamente, s'intende... il tutto allo scopo di tenermene lontana”.
“Io? Ma che cosa dici, Lara? Ti sembra che...”
Lara gli si avvicinò, le mani sui fianchi e la testa piegata di lato, sul volto un'espressione talmente risoluta che l'uomo dovette capitolare: interruppe la sua arringa e annuì a testa bassa.
Lara emise un sospiro esasperato.
“Credevo che ne avessimo già parlato” lo rimbrottò, voltandogli le spalle.
“Oh, andiamo, Lara!” ribatté Hillary “lo faccio... lo
facciamo per il tuo bene!”
“Per il
mio bene? Ma cosa credete, tu e Bryce? Che io sia una malata terminale?”
“Ma no, certo che no... siamo solo preoccupati...”
Lara sedette sul divano, gambe e braccia serrate, e si fece scura in volto.
“Cosa credevate?” disse poi, evitando di guardarlo “Che sarebbe continuata in eterno, questa storia della 'Predatrice di Tombe'? Non sono più una ragazzina, Hillary”.
L'uomo si limitò a guardarla costernato, incapace di rispondere.
Fosse stata solo una questione d'età, probabilmente lui e Bryce avrebbero compreso; la realtà era però ben più grave di quanto la sua amica non volesse ammettere.
Erano passati diversi anni dall'ultima volta che Lara era tornata a casa pesta e malconcia ma soddisfatta e con un preziosissimo manufatto nello zaino.
In genere, non appena tornata a casa, l'archeologa correva dritta filata nel suo ufficio, dove la attendevano i fascicoli che lei avrebbe passato in rassegna per scegliere tra tutti la sua prossima impresa; non passavano mai troppi giorni, al massimo una manciata di settimane, e ripartiva per una nuova avventura.
Stavolta, però, qualcosa era cambiato.
Le settimane erano diventate mesi e i mesi anni, e Lara non aveva più lasciato Croft Manor per mettersi alla ricerca di una tomba inesplorata, di un artefatto magico o chissà cos'altro.
Riordinando il suo ufficio, il buon maggiordomo aveva trovato alcuni appunti da lei presi per qualche incarico, i quali non erano mai andati oltre le fasi basilari della pianificazione.
Ai timidi tentativi di Hillary e Bryce di capire cosa fosse successo, la donna aveva inizialmente risposto che si sentiva stanca e di aver bisogno di riposo; in seguito aveva cominciato ad affermare con decisione di non avere più l'età e il fisico per “certe cose”.
Né il maggiordomo né il tecnico le credevano: Lara non aveva mai cessato di sottoporsi a durissimi allenamenti nella palestra di casa, ed era ancora perfettamente in forma come anni prima; quattro volte a settimana, poi, si recava al poligono di tiro, e a giudicare dalle sforacchiature dei bersagli disponeva ancora di un'ottima mira.
Eppure i due amici avevano dovuto assistere increduli a questa trasformazione senza riuscire a spiegarsela, finché non avevano scoperto che Lara aveva preso a frequentare fin troppo assiduamente la Sala Trofei; le sue giornate passavano per gran parte in quella stanza, dove la donna restava perfettamente immobile a rimirare tutti i frutti delle sue imprese. Questo era ciò che li aveva preoccupati di più, soprattutto quando Hillary aveva iniziato a sospettare che lei vi trascorresse anche la notte.
La risposta che gli aveva appena dato lasciava intendere che avesse indovinato, e indirettamente spalancava la triste ipotesi che Lara stesse attraversando una grave crisi personale.
“La realtà” disse l'uomo “è che hai perso un po' d'entusiasmo... se solo provassi a leggere i tuoi fascicoli, forse troveresti...”
“Ah! Questa è bella” lo interruppe lei “Cosa pensi che ci troverei? Tombe e trappole, trappole e tombe, qualche magnifico reperto da recuperare e alla fine si torna a casa. E poi di nuovo, e di nuovo ancora all'infinito. Credimi, Hilly: là fuori non c'è davvero più niente per cui valga la pena lottar... lavorare”.
Hillary fece finta di non aver recepito il lapsus.
“Ma pensaci, Lara!” incalzò “ti stai facendo rubare la scena da giovinetti che valgono un milionesimo di te! Per esempio, quella faccia da schiaffi di... di... come si chiama? Nathan Brake, se non erro.. lo si sente sempre nominare, ma non vale nemmeno un decimo di...”
“E chi l'ha mai voluta, la scena? Io ho sempre fatto quello che mi divertiva. Sono stata dappertutto, ho visto tutto e vorrei non aver fatto molto di quello che ho fatto”.
“E questo ti porta a non divertirti più?”
“Il punto è che non ho più l'età per...”
“Non tirare fuori ancora questa storia, non ci credo!”
“Padronissimo, Hilly, ma è comunque come dico io!”
“Eppure, se solo provassi a...”
“Oh, ma insomma! Si può sapere perché ti sta tanto a cuore, 'sta faccenda?”
Hillary fece il giro del divano e le si parò davanti.
“Perché non voglio che tu ti dimentichi chi sei, va bene?”
Lara fissò per un po' il volto del suo amico; poi, incapace di sostenere lo sguardo lucido dei suoi occhi, si alzò e camminò verso il fondo della stanza.
“Io lo so benissimo chi sono” rispose rauca fermandosi di fronte a una scaffalatura “Io sono Lara Croft. Ecco, te l'ho detto. Contento, adesso?”
Hillary sospirò. Era la risposta giusta, ma col tono sbagliato; nondimeno ritenne saggio non proseguire oltre quella conversazione.
“Va bene, Lara, come vuoi tu” mormorò “Si è fatto tardi, scendo a preparare la colazione prima che arrivi Bryce. Sono le 7 meno un quarto, quindi avrò circa sei ore di tempo... meglio che mi sbrighi, vero? Lara... ehi, mi senti?”
Si girò preoccupato verso la sua amica e la vide immobile con un'espressione vacua di fronte alla scaffalatura dove poco prima si era fermata.
“Tutto bene?” chiese, raggiungendola a grandi falcate.
Con uno scatto repentino, la donna si girò verso di lui e gli sbatté un grosso oggetto sotto al naso.
“E questa che diavolo è?” gli chiese furiosa.
Il maggiordomo arretrò un po' e incrociò gli occhi per mettere a fuoco l'oggetto.
“Sembra... dovrebbe essere una... una
chiave?” biascicò.
Si trattava in effetti di una chiave di bronzo dall'aria antica, estremamente grossa, tanto che, mentre Lara la impugnava tenendola per l'asta, essa sporgeva ancora per diversi centimetri dalla sua mano; in basso se ne vedeva la parte fresata e in alto l'impugnatura, che era enorme e finemente cesellata a formare una fittissima spirale. Al centro era incastonata una piccola acquamarina perfettamente rotonda; vi era inoltre legato, con uno spago sottilissimo, un piccolo talloncino di carta simile a quelli utilizzati dagli archeologi per catalogare i reperti, il quale conteneva una semplice scritta in inchiostro azzurro.
Thread 2.
“Che è una chiave lo vedo anche da me!” gridò Lara “Voglio sapere che ci fa qui! Chi è che ce l'ha messa? Ne sai qualcosa?”
Hillary deglutì.
“No, Lara, ti giuro, io non... non l'ho mai vista prima...”
“Nemmeno io, quindi qualcuno deve averla portata qui mentre non c'ero! Cos'è, un tentativo di blandirmi?”
“Ma cosa dici? Non potrebbe essere... che so... un oggetto di tuo padre? Oppure qualcosa che hai recuperato in una delle tue...”
Lara lo afferrò per il colletto e lo avvicinò a sé, i nasi che si sfioravano.
“Hillary, io conosco a memoria ogni singolo oggetto che si trovi o si sia mai trovato a Croft Manor, d'accordo? E questo non c'è mai stato!”
“Va bene, ma perché ti scaldi tanto? È solo una chiave...”
Lara lo fissò ancora per un attimo, poi sentì la rabbia scemare. Conosceva troppo bene il suo maggiordomo per non capire dal suo tono che fosse sinceramente spaesato. Inoltre, se davvero non conosceva il valore di quell'oggetto (e anche questo era chiaro dal suo sbigottimento), era improbabile che lo avesse messo lì per tentare di svegliare il suo entusiasmo.
“Non è solo una chiave...” bisbigliò lasciandolo andare. Continuò a osservare il grosso oggetto nella sua mano, cercando di ricordare tutte le informazioni che poteva in merito a esso.
“Hillary!” gridò poi improvvisamente, così forte che il suo amico, ancora scosso dalla reazione di poco prima, caracollò all'indietro spaventato “butta giù dal letto Bryce, tra dieci minuti lo voglio nella tecnosala insieme alla colazione”
“S... sì, Lara...”
Lara lo superò andando verso la porta d'ingresso, visibilmente immersa nei suoi pensieri; quando fu sull'uscio, si voltò di nuovo verso l'uomo.
“Ah, e prima di qualsiasi cosa...” disse “vai a prendere il
De' Antiqui Secreti”.
Dieci minuti dopo Lara scendeva nel salone fresca di doccia e con indosso una comoda tuta; si diresse alla tecnosala, una cittadella di monitor, cavi e transistor separata dal resto del soggiorno per mezzo di una balaustra in plexiglass.
Se Hillary era rimasto scioccato dalla sua veemenza di poco prima, ciò non lo aveva fatto venir meno ai suoi doveri: giunta nella tecnosala l'archeologa trovò un vassoio di prelibatezze, un bauletto blindato di modeste dimensioni e Bryce che russava rumorosamente curvo su una tastiera, gli occhiali da sole inforcati.
“Tutto fatto, Lara” disse il maggiordomo con la voce appena più acuta del solito. Lara si sentì molto grata e al tempo stesso in colpa nei suoi confronti.
“Sei grande, Hilly. Ora siedi e facciamo colazione insieme” disse, e gli schioccò un bacio sulla guancia, consapevole che sarebbe valso più di mille scuse. L'uomo arrossì.
Prima di sedersi, Lara diede uno sguardo all'altro suo amico; sospirò, sollevò una sedia di ferro e subito la fece cadere di proposito.
“Oh, povera me, che mani di ricotta!” ridacchiò, mentre Bryce si svegliava di colpo e quasi cadeva dalla sua.
“Che... succede?” urlò il ragazzo con voce ancora impastata dal sonno.
“Succede che abbiamo del lavoro da fare” gli disse pratica Lara.
Bryce la fissò stupidamente per diversi istanti.
“Nah, è solo un sogno” disse poi, e si chinò nuovamente a russare sulla tastiera.
Svegliato definitivamente il tecnico, i tre amici fecero colazione in silenzio; i due uomini, incapaci di capire cosa stesse tramando la loro amica, evitarono per precauzione qualsiasi domanda.
“Bene” esclamò Lara quando Hillary ebbe portato via i vassoi “Adesso dobbiamo capire cosa ci faccia questa a Croft Manor” e da una tasca estrasse la grossa chiave che aveva trovato nella Sala dei Trofei.
“Forte!” disse Bryce osservandola “scommetto che apre la sauna segreta del tuo quadrisnonno!”
Lara lo ignorò e prese il bauletto, dal quale estrasse un enorme e antichissimo codice manoscritto rilegato in pelle borchiato, sul quale campeggiava la scritta a lettere dorate
De' Antiqui Secreti.
“Questa non è una semplice chiave” spiegò mentre lo scorreva velocemente “Tempo fa avevo letto proprio su questo libro la sua storia, ma... non credevo nemmeno che esistesse ancora... figurarsi trovarla per caso in casa mia...”
L'archeologa continuò a sfogliare il tomo fino a raggiungere una pagina sulla quale campeggiava il disegno in inchiostro bruno della chiave posata lì accanto.
“A-ha!” esultò “è proprio lei! State un po' a sentire” e si mise a leggere, traducendo all'impronta dal latino.
LADDOVE SI PARLA DEL MOLTO MISTERIOSO ARTEFATTO
UN TEMPO DENOMINATO “CHIAVE DELLE VIE INCROCIATE”
CHE A MOLTI LABIRINTI DAVA ACCESSO
CHE ASSAI GRANDI TESORI PROTEGGEVA
E CHE PERSO SI È NELLO SCORRERE DELLA STORIA
La Chiave delle Vie incrociate era un prezioso manufatto d'origine sconosciuta ben rinomato nel mondo classico, oggi disperso, altresì noto come 'Chiave dei Tesori Ignoti' o 'Filo d'Arianna'.
“Filo d'Arianna!” esclamò Hillary “Ecco spiegata la scritta sul talloncino, Lara! 'Thread' come 'Ariadne's Thread', il Filo d'Arianna... non pensi?”
“Uhm... probabile” rispose Lara, ma il tono vago tradiva il fatto che non ne fosse assolutamente convinta. Riprese a leggere.
Rarissime e molto vaghe sono le fonti che ne parlano; tutte però concordano che si trattasse di un artefatto dalla forma di una chiave, realizzato da Dedalo nell'VIII secolo a.C. con materiali sconosciuti donatigli direttamente dagli dei.
Pare che l'artefatto fungesse da chiave e mappa all'interno del celebre Labirinto di Cnosso: esso era al tempo stesso temuto e desiderato, poiché era dotato di oscuri poteri strettamente interconnessi con la struttura del Labirinto, difficilmente controllabili, ma era al tempo stesso l'unico modo per raggiungere il tesoro che si trovava al centro di esso.
“Tesoro?” disse Bryce sgranando gli occhi “Pensavo che nel labirinto ci fosse il Minotauro!”
“Una cosa non esclude l'altra” spiegò solenne Hillary.
“Esatto” convenne Lara “e ci sarà un motivo, se un altro nome della Chiave era 'dei Tesori Ignoti', no? Ecco, qui dice qualcos'altro” e riprese a leggere.
Non si conosce l'entità del Tesoro di Cnosso e nemmeno si sa quali fossero gli effettivi poteri della Chiave, ma si narra che una sola persona sia riuscita a utilizzarli correttamente per espugnare il Labirinto: Teseo. Con la dispersione del suo tesoro, esso fu distrutto e il manufatto passò dapprima a Lemno e successivamente a Meride.
Anche in queste località esistevano dei Labirinti e probabilmente i poteri della Chiave furono utilizzati con le stesse modalità di Cnosso per costruirli e proteggerne i segreti; tuttavia le notizie in merito sono molto vaghe e imprecise. La prima notizia certa si ha nel I secolo a.C., quando il lucumone etrusco Porsenna dichiarò di aver utilizzato uno “scettro divino” per allestire il suo mausoleo a Clevsi, universalmente noto come 'Labirinto di Porsenna'. Le poche raffigurazioni superstiti lo ritraggono con in mano un artefatto con le fattezze della Chiave. Restano oscure le modalità con cui egli ne sarebbe venuto in possesso.
Nel I secolo d.C. Plinio il Vecchio visitò le rovine del Labirinto di Porsenna e raccontò nei suoi diari di avervi recuperato una “clava innocua alla vista, ma terribile nell'essenza”, identificabile con la Chiave. Il naturalista la portò a Roma per studiarla, ma dopo la sua morte improvvisa durante un'eruzione del Vesuvio le tracce della Chiave si persero definitivamente.
Attualmente, la Chiave delle Vie incrociate risulta dispersa, così come l'ultimo tesoro sconosciuto che essa doveva proteggere.
“...Fino a oggi”concluse Lara, indicando l'oggetto posato sul tavolo accanto a lei.
“Sei sicura che non sia una riproduzione?” azzardò timidamente Hillary.
“No, è autentica” gli rispose l'archeologa scuotendo vigorosamente la testa.
“E come fai a...”
“L'ho esaminata io, va bene?” abbaiò Lara “E adesso dobbiamo capire come abbia fatto ad arrivare qui”.
“Ma Lara” sbadigliò Bryce “Ci sono circa venti secoli di storia da ricostruire, e non abbiamo la minima traccia, nemmeno un indizio da cui partire!”
“Uhm... sì e no” rispose meditabonda la donna “fammi un favore: connettiti dove sai e avvia una ricerca che abbia come chiavi 'Plinio il Vecchio' e 'Tabularium'”.
Bryce arricciò le labbra, e pur visibilmente controvoglia eseguì. Si diresse al computer più vicino e vi smanettò: in capo a qualche istante, era connesso con tutti i database di antichi manoscritti del mondo, comprensivo anche di centinaia di OPAC criptati, dei quali lui, naturalmente, era riuscito a crackare l'accesso. Non solo: il suo programma era in grado di incrociare fonti, svolgere ricerche autonome e mettere in collegamento date, nomi e luoghi, svolgendo in pochi attimi ricerche per le quali un pool di archeologi avrebbe impiegato diversi giorni.
Inserì le chiavi di ricerca dettategli da Lara, e pochi secondi dopo gli fu restituito un singolo risultato.
“Un minimo storico” commentò risentito il giovane.
“Ma essenziale” ribatté Lara; afferrò il mouse e vi cliccò sopra.
Apparve la riproduzione di un frammento pergamenaceo d'età tardoantica, ov'era riportata una singola frase in latino:
Tabularium regnum, arcanum et labyrinthum est mihi.
“Questa è una frase di Plinio il Vecchio” spiegò “è tratta da un codice dell'XI secolo che contiene spezzoni dell'unica sua biografia a noi pervenuta, redatta dal nipote Plinio il Giovane. Quando lessi per la prima volta della Chiave mi venne in mente di averla scorta da qualche parte quando ero giov... beh, diversi anni fa”
“... Da 'qualche parte'?” chiese Hillary sgomento.
“Ecco... diciamo che non ero autorizzata a compiere ricerche nel luogo dove...” Lara tossì pudicamente e cambiò discorso “Sapete, le notizie su Plinio tramandateci dal suo successore omonimo sono molto frammentarie e tutt'altro che certe; ma questa frase dimostrerebbe la teoria che lo vorrebbe, tra le altre mansioni,
praefectus al Tabularium”
“Va bene” convenne Bryce “Ma che caspita era, 'sto Tabularium?”
“L'Archivio di Stato romano in Età Imperiale” disse Lara “anche se la sua reale funzione è tuttora molto dibattuta. Perfino la sua collocazione, sul fianco del Campidoglio, e l'edificio con cui viene identificato non sono del tutto certi”.
“Dunque questa frase significherebbe... 'il Tabularium è per me regno, segreto e labirinto'...?” tradusse Hillary con incertezza.
“Ci hai preso quasi su tutto” annuì Lara “però il termine
arcanum può significare, oltre che 'segreto', anche diverse altre cose. Ad esempio, poteva indicare un luogo nascosto, occultato alla vista, dove in genere venivano conservati...”
“... Dei tesori!” esclamò Bryce.
“Ma allora... tutto torna! La Chiave, il labirinto, il tesoro...” esultò Hillary “Lara, è meraviglioso! Abbiamo una traccia!”
Per un attimo il volto di Lara si illuminò di un sorriso che i suoi amici conoscevano bene, dovuto all'emozione di trovarsi agli esordi di una nuova missione; i due uomini la guardarono raggianti. Ma tanto veloce quanto era arrivato, il sorriso si spense e Lara tornò a rabbuiarsi.
“So cosa state pensando, e non mi piace” disse tetra, mentre anche le loro espressioni giulive si deformavano in preda allo smarrimento “se credete che mi metterò a zompettare di qua e di là alla ricerca di questo fantomatico tesoro, vi state davvero sbagliando!”
“Ma Lara...” mormorò Bryce “è praticamente fatta! Questo è il primo collegamento dopo due millenni, e te lo vuoi lasciare scappare?”
“Inoltre” intervenne Hillary “hai per le mani la Chiave...”
Lara guardò l'oggetto posato sul tavolo: i suoi occhi indugiarono sul disegno a spirale dell'impugnatura, che sembrava in qualche modo attrarla, ipnotizzarla...
“D'accordo” disse poi “andrò a Roma e farò un giro sul Campidoglio... ma solo per cercare di capire che diavolo ci faccia 'sto coso in casa mia, ok? Vado e torno. Hilly, preparami lo zaino, l'attrezzatura e... e...”
“... Le pistole?” suggerì il maggiordomo.
“... Le pistole” sibilò Lara, rassegnata “Bryce, tu invece prenotami un volo per Roma e... ehi, che sono quei sorrisetti malefici?”
“Niente, niente” risposero i due uomini all'unisono, ma continuarono a sorridere.
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Quali segreti nasconde la Chiave delle Vie Incrociate? Cosa accadrà a Lara nel corso della sua nuova missione? Lo scopriremo insieme LUNEDI' col nuovo capitolo di OLUS.... solo su ASP.com!
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